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La forza politica della Quinta Svizzera

Keystone

Il Consiglio degli Svizzeri all'estero si è riunito sabato a Berna per la sua sessione primaverile. L'occasione di mostrare ai partiti il peso politico degli espatriati.

Con più di 100’000 iscritti ai registri elettorali, gli Svizzeri all’estero vogliono ora raggiungere l’obiettivo di fare sentire la loro voce sulla scena politica nazionale.

«Siamo 105’212» ha esordito Georg Stucki presidente del Consiglio degli Svizzeri all’estero (CSE), salutando i delegati e gli ospiti raccolti nell’emiciclo della camera bassa del parlamento. «Siamo dunque capaci d’iniziativa. Lo dico in termini legali, perché per il resto abbiamo dato prova d’iniziativa più di una volta».

L’iniziativa alla quale fa riferimento è quella popolare, uno dei cardini della democrazia elvetica; con 100’000 firme i cittadini possono proporre delle modifiche alla Costituzione federale.

Da 10 anni a questa parte, il numero di svizzeri residenti all’estero ed iscritti agli elenchi elettorali è aumentato costantemente, fino a superare la simbolica barra delle 100’000 unità.

Nel 1992, quando è stata data ai cittadini residenti all’estero la possibilità di votare per corrispondenza, il Consiglio federale riteneva che agli elenchi elettorali non si sarebbero iscritte più di 25’000 persone. Ma espatriare non significa disinteressarsi a quanto avviene in patria. Il CSE l’ha ribadito sabato, scegliendo come tema del giorno la «Partecipazione politica degli Svizzera all’estero».

Politici all’ascolto

«Non avevo idea di cosa significasse essere Svizzeri all’estero», ha ammesso il presidente del Partito socialista Hans-Jürg Fehr, invitato alla riunione. «Non li ho mai visti come forza politica, ma 100’000 elettori sono 25’000 in più di quanti risiedano nel mio cantone, Sciaffusa».

Oltre a Fehr, sono intervenuti i rappresentanti degli altri tre partiti di governo: il presidente Ueli Maurer per l’Unione democratica di centro, la deputata Thérèse Meyer per i popolari democratici e la deputata Marianne Kleiner per i liberali radicali.

Per gli Svizzeri all’estero, la presenza dei rappresentanti dei partiti è il segno tangibile che finalmente il mondo politico si sta interessando a loro. «Ciò che mi ha colpito», ha detto a swissinfo Rudolf Wyder, presidente dell’Organizzazione degli Svizzeri all’estero (OSE), «è stato il messaggio forte e chiaro dei capi di partito. Vogliono conoscere l’opinione degli svizzeri all’estero, vogliono vederli partecipare, valutare i loro argomenti, tenere in considerazione le loro esperienze».

Tre caratteristiche comuni

Malgrado siano tutti uniti da una storia di emigrazione, gli Svizzeri all’estero non rappresentano un blocco omogeneo. «Non esiste un partito politico che li rappresenti tutti», ha notato il politologo Claude Longchamp, direttore dell’Istituto gfs.bern.

Hanno però alcune caratteristiche comuni. «Sono più aperti all’Unione europea, hanno meno paura delle riforme che vanno nella direzione di un’economia più competitiva e si mostrano più solidali». Rispetto allo svizzero medio, gli espatriati hanno una formazione migliore e occupano posizioni più alte nell’economia privata.

Claude Longchamp ha poi relativizzato l’impatto del voto degli Svizzeri all’estero che «solo in casi eccezionali può far pendere l’ago della bilancia». È successo con l’iniziativa volta a irrigidire la politica d’asilo, respinta proprio grazie al voto degli espatriati.

Voto elettronico

Per l’OSE, il peso politico dei cittadini all’estero va rafforzato. È quindi necessario aumentare il numero d’iscritti sui registri elettorali. Il modo? L’introduzione del voto elettronico a livello federale.

Le nuove tecnologie dovrebbero permettere una maggiore informazione e coinvolgimento dei cittadini espatriati. Il voto è solo un aspetto, bisogna integrare l’esperienza di chi sta all’estero nei processi decisionali. La piattaforma d’informazione multimediale swissinfo – alla quale diversi membri del CSE hanno espresso il loro attaccamento – darà un ulteriore contributo al raggiungimento di questo obiettivo aprendo un forum su internet in vista delle elezioni federali del 2007.

Per gli espatriati sarà comunque difficile farsi eleggere. I posti nelle liste cantonali sono venduti a caro prezzo e spesso i candidati che abitano all’estero sono poco conosciuti. Per il momento non si pensa nemmeno ad una soluzione sul modello italiano con posti in parlamento riservati ai candidati di circoscrizioni estere.

Per Rudolf Wyder questa non è però la cosa più importante. «Un seggio sarebbe relativamente isolato. È meglio avere degli amici in parlamento. E in questo senso abbiamo fatto dei notevoli progressi con la creazione di un intergruppo parlamentare che s’interessa dei problemi specifici degli Svizzeri all’estero». Nato nel 2004, il gruppo conta più di 80 membri, un terzo degli eletti in parlamento.

swissinfo, Doris Lucini

A fine 2005 erano 634’216 gli svizzeri residenti all’estero, 11’159 in più rispetto a fine 2004.
In Europa vivevano 395’397 cittadini elvetici.
In Africa 18’017.
In America 163’122.
In Asia 30’451.
In Oceania 27’229.

Il Consiglio degli svizzeri dell’estero (CSE) è l’organo supremo dell’Organizzazione degli svizzeri dell’estero.

Il suo principale compito è di difendere gli interessi di tutti i cittadini elvetici espatriati di fronte alle autorità e all’opinione pubblica svizzera.

Il CSE si riunisce due volte l’anno per esaminare questioni politiche che riguardano la Quinta Svizzera.

Questo organo è composto attualmente da 148 delegati, parte dei quali risiedono in Svizzera.

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