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La guerra dei salari tra le ONG

Le ONG fanno a gara per accaparrarsi personale locale specializzato Keystone Archive

Terre des Hommes denuncia il caos umanitario in Afghanistan, la concorrenza delle ONG internazionali e i suoi effetti nefasti.

Nelle ultime settimane Kabul, città aperta dalla caduta dei Talebani, ha assistito allo sbarco di un centinaio di ONG internazionali: una forte presenza umanitaria che si aggiunge alle circa 200 organizzazioni locali già attive nell’aiuto d’urgenza.

Questo fiume di buona volontà si sta spandendo senza dighe, afferma Ignacio Packer, capo del dipartimento dei programmi di Terre des Hommes. Un’assenza di coordinamento carica di conseguenze nefaste sia per gli Afgani che per le ONG.

Come effetto immediato, Ignacio Packer cita la caccia agli impiegati locali con formazione professionale, specie alquanto rara in un paese distrutto da 20 anni di guerra e da un regime come quello talibano, che non metteva certo l’educazione tra le sue priorità. “Uno dei nostri capi progetto è passato ad un’altra ONG che gli offriva il doppio del salario”, si lamenta Ignacio Packer.

Gli effetti perversi dell’aumento dei prezzi

Presente in Afghanistan dal 1994, Terre des Hommes impiega attualmente circa 200 collaboratori afgani. Persone che hanno ricevuto una formazione da parte dell’organizzazione e che ora rischiano di prendere il volo verso cieli più lucrativi. Ignacio Packer non rifiuta di principio la concorrenza, ma ne sottolinea gli effetti perversi.

Ad esempio denuncia il crescente divario tra salariati locali delle ONG e delle varie organizzazioni internazionali e il resto della popolazione afgana. Uno squilibrio che non mancherà di alimentare tensioni già vive.

Il rischio “Cambogia”

Ma questa pressione sul mercato locale del lavoro rischia addirittura di perturbare la ricostruzione stessa del paese. “Proprio come accadde dieci anni fa in Cambogia, gli insegnanti e i medici afgani rischiano di abbandonare il proprio lavoro per diventare traduttori presso un’organizzazione internazionale o un’ambasciata, che stanno aprendo una dopo l’altra a Kabul”, afferma con preoccupazione Ignacio Packer.

E ciò non è che la prima conseguenza dell’arrivo massiccio e disordinato degli umanitari e degli ingenti fondi per la ricostruzione promessi dalla comunità internazionale (4,5 miliardi di dollari in cinque anni). Questo arrivo brutale di mezzi rischia ugualmente di far salire alle stelle i prezzi al consumo, dei terreni e degli appartamenti.

Fissare limiti ai salari

Per correggere il tiro, Terre des Hommes propone d’adottare un codice di comportamento per l’insieme delle organizzazioni attive in loco. Un codice di cui Ignacio Packer riassume la filosofia:” Bisogna combinare l’aiuto d’urgenza con un’azione a lungo respiro”.

Concretamente Terre des Hommes propone che le ONG consacrino dei fondi alla formazione professionale dei team locali e che fissino insieme un limite minimo e massimo degli stipendi.

Il coordinamento delle organizzazioni svizzere

Ignacio Packer cita ugualmente il modus operandi della decina di ONG svizzere attive in Afghanistan: “il coordinamento stimolato dalla Catena della solidarietà e della direzione dello sviluppo e della cooperazione funziona bene e tutti ragionano sul lungo termine”.

Gli svizzeri non sono certamente i soli a lavorare in questo modo. “La maggior parte delle ONG europee divide le nostre preoccupazioni”, sottolinea Ignacio Packer. Ma il governo afgano – tra le mille urgenze cui è confrontato – non è ancora in grado di prendere le redini di questa massa di aiuti. E nemmeno l’ONU non ha per il momento un meccanismo di coordinamento da proporre.

Fréderic Burnand, Ginevra

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