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La Libia alza il tiro contro la Svizzera

Keystone

Stop alle forniture di petrolio e ritiro dei beni dalle banche: sono le nuove misure di ritorsione della Libia contro la Svizzera, in quella che l'esperto di sicurezza Kurt Spillmann chiama una «guerra di prestigio».

L’annuncio è stato dato dall’agenzia ufficiale libica Jana nella sua edizione online: Tripoli intende ritirare i propri beni dalle banche elvetiche. Inoltre, vuole sospendere le forniture di petrolio e la collaborazione economica con la Confederazione. Le informazioni verrebbero da una non meglio precisata «fonte autorevole» del ministero degli affari esteri libico.

Gli averi libici in Svizzera ammonterebbero a «sette miliardi di dollari americani» (circa otto miliardi di franchi). La decisione di ritirarli dalle banche elvetiche è avvenuta – sempre secondo la Jana – per protestare contro «i maltrattamenti a diplomatici e uomini d’affari libici» da parte della «polizia del canton Ginevra». Le misure resteranno in vigore «fino a quando non saranno noti cause e motivi di tali azioni».

Già mercoledì, un portavoce della compagnia petrolifera libica Tamoil aveva laconicamente comunicato l’intenzione di sospendere le forniture alla Confederazione. Secondo il direttore dell’Unione petrolifera svizzera, Rolf Hartl, l’approvvigionamento di petrolio non è comunque minacciato da questa misura e i prezzi della benzina non aumenteranno.

Un’opinione condivisa anche dal presidente della Confederazione Pascal Couchepin che alla televisione svizzero-tedesca ha assicurato che l’embargo petrolifero annunciato dalla Libia rimarrà praticamente senza conseguenze. Il consigliere federale ha comunque auspicato che le minacce di Tripoli non vengano messe in atto. Per il momento, nessuna conferma ufficiale è giunta al Dipartimento federale degli affari esteri.

I rapporti tra i due paesi sono piuttosto tesi dallo scorso luglio, quando a Ginevra Hannibal Gheddafi, figlio del leader libico, è stato arrestato insieme alla moglie con l’accusa di maltrattamenti ai domestici.

Una guerra di prestigio

L’ex direttore del Centro di studi strategici presso il Politecnico federale di Zurigo Kurt Spillmann ritiene che le misure di ritorsione annunciate da Tripoli siano «un’ulteriore mossa nella guerra di prestigio tra Muammar Gheddafi e la Svizzera».

Nonostante il ritiro della denuncia e l’archiviazione del caso da parte della procura ginevrina, l’arresto del figlio continua ad essere «fonte di umiliazione per il presidente libico», che pretende delle scuse ufficiali.

Resta ancora da capire cosa ha spinto Tripoli a compiere un simile passo a tre mesi dal fermo di Hannibal Gheddafi e della moglie in un lussuoso albergo ginevrino. La Libia aveva già preso misure di ritorsione contro la Svizzera, richiamando parte del suo personale diplomatico e minacciando per l’appunto un blocco delle forniture di petrolio.

Due cittadini svizzeri erano inoltre stati arrestati con l’accusa d’infrazione alle leggi sull’immigrazione e il soggiorno. Dopo intense trattative e il pagamento di una cauzione di 18’000 franchi, i due erano stati liberati, ma ancora oggi non hanno ottenuto il permesso di lasciare il paese.

Scontro tra culture

Kurt Spillmann è convinto che alla base delle tensioni tra i due paesi vi sia un conflitto culturale e che la Svizzera debba prendere maggiormente in considerazione la questione dell’orgoglio personale in un contesto come quello islamico.

Ciò non significa tuttavia rinnegare i propri principi. Scusandosi ufficialmente con la Libia, il Governo elvetico rischia infatti di delegittimare l’azione delle autorità ginevrine e di conseguenza le normative in vigore nel nostro paese, puntualizza Spillmann.

Anche se sarebbe più saggio per la Svizzera optare semplicemente per un mea culpa, spiega Spillmann, bisogna trovare una strategia che sia accettabile per Gheddafi, ma anche conforme ai valori fondamentali iscritti nella Costituzione.

Un aspetto sollevato anche dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) che, in un comunicato, ha ricordato che la Svizzera è uno stato di diritto e deve dunque rispettare i dettami della sua Costituzione e attenersi alle regole del diritto.

Il DFAE ha poi ribadito che continuerà ad impegnarsi per «risolvere i problemi» tra i due paesi. I colloqui continueranno dunque fino a quando sarà ripristinata una situazione diplomatica analoga a quella antecedente il 15 luglio 2008.


swissinfo

Nel 2007, la Libia era il primo partner commerciale della Svizzera in Africa – davanti a Sudafrica e Nigeria – per un importo di 1’937,5 milioni di franchi.

Oltre la metà (56% nel 2007) delle importazioni elvetiche di greggio provengono da Tripoli.

La bilancia commerciale elvetica con la Libia è ampiamente deficitaria. Nel 2007 presentava un saldo negativo di oltre 1,3 miliardi di franchi, dovuto soprattutto alle importazioni di petrolio (1,7 miliardi di franchi).

Le esportazioni elvetiche (280 milioni nel 2007) sono costituite essenzialmente da macchinari, prodotti farmaceutici e agricoli.

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