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La neutralità: un mezzo o un fine?

La Svizzera che esce dal guscio, libera rilettura di un famoso manifesto del 1986 dell'artista Hans Erni swissinfo.ch

L'analisi di un concetto a geometria variabile con lo storico Marco Marcacci.

L’atteggiamento della Svizzera nei confronti dell’ONU e dell’organizzazione che l’aveva preceduta, la Società delle Nazioni, è storicamente determinato dalle esperienze che il paese ha vissuto durante i due conflitti mondiali del XX secolo e dal modo di concepire la neutralità elvetica.

La prima guerra mondiale aveva messo a dura prova la coesione interna del paese, diviso dalle opposte simpatie per i due campi in conflitto e da una spaccatura sociale culminata nel tentativo di sciopero generale del 1918. La neutralità fu un atteggiamento pragmatico, volto ad evitare coinvolgimenti in alleanze e conflitti. In questo contesto, era forte anche nel nostro paese l’aspirazione ad una sicurezza collettiva internazionale che prevenisse il rischio di guerre e propugnasse un ordine mondiale più giusto.

Il riconoscimento della neutralità “differenziata”

Le forze liberali e moderate auspicarono l’adesione alla Società delle Nazioni, nata nel 1919, e la cui sede fu fissata a Ginevra grazie al tenace impegno diplomatico del Consiglio federale. La nuova organizzazione mirava a risolvere le controversie internazionali con i metodi e gli strumenti della democrazia parlamentare. La Svizzera ottenne il riconoscimento della sua neutralità “differenziata”, che la esentava dal partecipare alle sanzioni militari.

Una campagna intensa ed appassionata sfociò il 16 maggio 1920 in un voto favorevole all’adesione, grazie al sì massiccio delle minoranze linguistiche e all’impegno delle forze liberali nella Svizzera tedesca. La maggioranza popolare fu abbastanza chiara (56,3% di sì), ma quella dei cantoni fu ottenuta di stretta misura.

I fautori dell’adesione presentarono la Svizzera come una società delle nazioni in miniatura, intenzionata a dare il proprio contributo alla pacifica collaborazione internazionale. Con ciò fu possibile sconfiggere un’opposizione disparata, fatta di simpatie filotedesche, nazionalismo retrogrado e velleitarismo rivoluzionario diretto contro “l’internazionale del capitalismo”.

Neutralità: valore supremo o scelta ipocrita?

Ben diverso il contesto della seconda guerra mondiale. La neutralità era osannata da quasi tutte le forze politiche come un valore supremo, un atteggiamento morale superiore che aveva consentito alla Svizzera di superare indenne il conflitto. Soltanto trasformando la neutralità in un valore supremo e intoccabile la Svizzera poteva giustificare di non aver partecipato attivamente alla lotta contro il nazismo.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite, nata dalla volontà degli alleati che combattevano il nazifascismo e l’imperialismo giapponese di ristabilire la pace e la sicurezza internazionali, non era disposta a fare eccezioni in favore della neutralità elvetica, considerata una scelta ipocrita ed opportunistica.

Dopo aver sondato il terreno, la Svizzera rinunciò a chiedere l’adesione all’ONU, ufficialmente costituita il 24 ottobre 1945 da 51 paesi fondatori. Il nostro paese decise però di collaborare a varie istituzioni e agenzie “tecniche” dell’ONU, impegnate sul piano economico, culturale, scientifico ed umanitario.

La chiusura del 1986…

Nei decenni successivi, anche i paesi neutrali aderirono all’ONU e una partecipazione della Svizzera sembrò compatibile con il mantenimento della neutralità. Il progetto di adesione, portato avanti dal responsabile degli affari esteri Pierre Aubert sin dal 1978, conobbe una gestazione lunga e tribolata: approvato dal parlamento nel 1984, naufragò in votazione popolare il 16 marzo 1986. La proposta fu respinta da tre quarti dei votanti (75,7%) e da tutti i cantoni.

I fautori dell’adesione condussero una campagna scialba, incentrata su disquisizioni diplomatiche e sulla ponderazione di vantaggi e inconvenienti di un’adesione, mentre gli avversari fecero leva su argomenti emotivi ed identitari fortemente radicati nella mentalità elvetica. Il mito della neutralità ebbe un ruolo determinante.

…confermata nel 1994 con il no ai caschi blu

Era altresì molto diffusa la convinzione di vivere in un paese prospero e tranquillo proprio perché si era tenuto alla larga da consessi politici internazionali. Inoltre, lo spettacolo desolante di una certa impotenza dell’ONU, paralizzata dai veti incrociati delle grandi potenze, poteva difficilmente suscitare entusiasmi popolari. Con argomenti quasi analoghi fu condotta e vinta nel 1994 anche la campagna contro i “caschi blu” svizzeri.

Ora che l’ONU è diventata un’organizzazione veramente universale chiamata a svolgere un ruolo crescente nelle situazioni di conflitto, si sono create le condizioni per rilanciare la proposta d’adesione della Svizzera, il cui isolamento sul piano internazionale sembra rivelare più inconvenienti che vantaggi.

Marco Marcacci, storico

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