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La ricerca di un nuovo ruolo a livello internazionale

Micheline Calmy-Rey con Colin Powell in gennaio a Davos Keystone Archive

Nell’anno appena trascorso, numerose iniziative hanno segnato un ritorno della Svizzera sulla scena internazionale.

Il nuovo ruolo attivo all’interno delle organizzazioni internazionali è legato alla figura della nuova ministra degli esteri: Micheline Calmy-Rey.

Da poco più di un anno la Svizzera è entrata a far parte delle Nazioni unite e a fine anno ha già ospitato il summit sulla società dell’informazione. Con la conferenza umanitaria sull’Iraq, organizzata all’alba del conflitto, e l’iniziativa di pace in Medio Oriente, si sono inoltre cumulate delle iniziative che hanno avuto una risonanza internazionale.

Gli osservatori sono ormai concordi: un nuovo spirito aleggia al Dipartimento degli affari esteri di Berna. E le nuove iniziative hanno anche un denominatore comune: la nuova ministra socialista Micheline Calmy-Rey.

Diplomazia aperta

La Svizzera è un paese neutrale e da sempre l’equidistanza dalle parti è una massima consolidata. La tradizione si è dunque scontrata con l’irruenza della nuova consigliera federale ginevrina, eletta nel dicembre 2002. Un esempio: il suo annuncio di una conferenza umanitaria che discutesse le conseguenze dell’annunciato attacco degli alleati USA all’Iraq era avvenuto senza consultare il Consiglio federale.

Il collegio l’aveva richiamata all’ordine e anche in fase di preparazione i problemi non sono mancati: gli Stati Uniti hanno voltato le spalle all’iniziativa e l’Iraq non è nemmeno stato invitato.

Eppure in febbraio l’incontro c’è stato e vi hanno partecipato 21 organizzazioni umanitarie e 29 paesi. E c’è stata anche una conclusione importante: chi prepara una guerra deve anche pianificare le conseguenze umanitarie e sociali.

Guerra

L’opinione pubblica elvetica si è schierata contro il conflitto in maniera compatta. I 40’000 dimostranti scesi in piazza a Berna lo hanno dimostrato con chiarezza. Anche la Svizzera ufficiale si è distanziata dall’azione, realizzata senza il consenso delle Nazioni unite.

Ma quando a marzo Washington ha avviato le ostilità, la Svizzera ha dichiarato la propria neutralità. Numerosi membri delle Nazioni unite hanno criticato il ritiro dal dibattito internazionale, auspicando una posizione più chiara verso il conflitto.

La ministra Calmy-Rey è stata però richiamata al silenzio e il Presidente della Confederazione, Pascal Couchepin, si è limitato ad esprimere il suo dispiacere, senza criticare apertamente gli Stati Uniti.

Il Consiglio federale ha poi però rifiutato di estradare alcuni diplomatici iracheni stazionati in Svizzera e ha organizzato un secondo incontro umanitario a inizio aprile per definire le necessità immediate in Iraq e nei paesi confinanti.

Corea

Durante il conflitto in Medio Oriente, si è aperta un’altra ferita internazionale: la Corea del Nord. Mentre il governo comunista si irrigidiva sotto le pressioni internazionali, Micheline Clamy-Rey ha raggiunto il paese per una visita ufficiale.

Con un atto simbolico, la ministra ha passato a piedi la linea di demarcazione fra sud e nord della penisola. Al centro c’era di nuovo la volontà elvetica di mediazione per risolvere la crisi creata dal programma atomico nord-coreano.

Ginevra

Ritornata in Svizzera, la consigliera federale si è cimentata con l’Europa. Da un anno il paese ha firmato i primi accordi bilaterali con l’Unione, in quattro dossier si sancisce una maggiore libertà di commercio e la libera circolazione delle persone. Una nuova tornata di trattative è già in corso, ma si dimostra più difficile del previsto.

Al contempo l’incontro con Gorge W. Bush al margine del G8 – avvenuto a due passi dal confine elvetico, a Evian – è stato delegato al presidente della Confederazione Couchepin. Il territorio svizzero è invece stato occupato da migliaia di dimostranti antiglobal che hanno causato ingenti danni a Ginevra e Losanna.

Tutt’altro scenario si è invece mostrato nella stessa città a dicembre. Dei rappresentanti palestinesi e israeliani hanno firmato un accordo per rilanciare il processo di pace. La Svizzera ha sostenuto logisticamente le trattative segrete, proponendosi ancora come mediatrice.

E ancora nella stessa città, si è poi svolto il summit delle Nazioni unite sulla società dell’informazione. Anche qui la svizzera ha avuto più che il ruolo di padrone di casa. Per mesi gli esperti si sono impegnati nella preparazione dei documenti che dovrebbero contribuire a colmare il divario tecnologico fra paesi ricchi e terzo mondo.

Un nuovo accento è stato posto, integrando attivamente non solo i governi, ma anche le organizzazioni non governative e i tecnici.

Un nuovo ruolo internazionale

Il 2003 è dunque l’anno in cui la Svizzera ha riaffermato la propria volontà di avere un ruolo attivo nella politica internazionale. L’attività di Micheline Calmy-Rey, inizialmente guardata con scetticismo dall’opinione pubblica e da vaste cerchie della destra nazionale, ha trovato un maggiore consenso.

Lo stile offensivo e la presenza costante è una novità nel panorama diplomatico elvetico, ma la paura di effetti controproducenti sembra ormai scongiurata. Micheline Calmy-Rey è stata rieletta dal Parlamento il 10 dicembre con notevoli 206 su 246.

swissinfo, Jonathan Summerton
(adattamento: Daniele Papacella)

Il 2003 è stato un anno particolarmente intenso per la politica estera svizzera. Con i nuovi accenti posti dalla consigliera federale Micheline Calmy-Rey, il paese è stato presente con un profilo più marcato su numerosi fronti.

Così, al margine del conflitto in Iraq, è stato promosso un dibattito umanitario. In Corea e in Medio Oriente è stato sperimentato con successo un ruolo di mediazione e anche nell’organizzare il summit dell’informazione, la Svizzera ha dimostrato di avere qualcosa da offrire alla comunità internazionale.

Il rapporto con l’Unione europea rimane invece ancora in sospeso, malgrado siano stati fatti alcuni passi avanti nella seconda tornata di dibattiti bilaterali.

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