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La struttura segreta ticinese di Saddam

Elio Borradori, l'ex "banchiere" di Saddam Keystone Archive

Le tangenti di Saddam passavano da Lugano. Per quasi un ventennio il deposto dittatore iracheno ha usufruito della complicità di intermediari ticinesi.

Tra i gestori patrimoniali del rais di Bagdad l’avvocato Elio Borradori, condannato l’anno scorso per truffa.

Il domenicale britannico Sunday Times rilancia la pista ticinese dei soldi di Saddam Hussein, già svelata nel novembre dello scorso anno dalla rivista svizzera L’Inchiesta.

Dalle rivelazioni risulta che la cassaforte di Saddam Hussein è stata amministrata tra il 1969 ed il 1987 a Lugano da tre intermediari ticinesi, un avvocato e due fiduciari.

L’avvocato, o meglio l’ex legale, è Elio Borradori, 75 anni, uno dei commercialisti maggiormente quotati sulla piazza finanziaria ticinese negli Anni Settanta, Ottanta ed inizio Novanta.

Una prestigiosa carriera che si è conclusa con una condanna, lo scorso anno, a diciotto mesi di detenzione (sospesi condizionalmente per l’attenuante della scemata responsabilità), per aver truffato ed essersi indebitamente appropriato negli Anni Novanta di 8 milioni di franchi, che aveva in gestione.

La struttura segreta

La galassia finanziaria, che consentiva a Saddam Hussein di gestire i soldi delle commissioni versate dalle multinazionali, è stata progettata verso la fine degli Anni Sessanta da Barzan Tikriti, cugino del rais ed ex ambasciatore iracheno presso l’Onu di Ginevra.

“La struttura ticinese è stata creata prima ancora che Saddam Hussein salisse al potere dal partito Baas”, dichiara a swissinfo Paolo Fusi, il giornalista che ha rivelato la vicenda nel novembre scorso e che l’ha rilanciata domenica sul Sunday Times.

Il progetto si concretizza a partire dal 1968 quando Saad Al Mahdi, cugino di secondo grado di Saddam, viene presentato all’avvocato Elio Borradori ed all’intermediario del Liechtenstein Engelbert Schreiber senior.

A far conoscere i tre, secondo le rivelazioni de L’Inchiesta, Ben Moustafa Nada, il banchiere egiziano alla testa del gruppo finanziario islamico Al Taqwa, finito sulla lista nera delle autorità statunitensi dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001.

La galassia finanziaria del rais

“La struttura è stata costruita poco a poco per le necessità che il partito Baat ha avuto una volta salito al potere, cioè praticamente importare armi e materiale strategico che non poteva essere importato altrimenti”, precisa Paolo Fusi.

La cassaforte di Saddam, che serviva anche alla colletta delle tangenti delle multinazionali, veniva gestita attraverso la finanziaria di Lugano MEDP, Mediterranean Enterprises Development Projects.

Dalla centrale operativa di Lugano si diramava poi una ragnatela di società bucalettere ed offshore in Liechtenstein, a Panama, Stati Uniti, Giappone, Francia, Cina, Italia, Austria, Gran Bretagna, Corea del Sud e Brasile.

“Il trucco – come ha spiegato in un memoriale il banchiere iracheno Jawad Hashim, ex capo contabile di Saddam – è che i soldi non sono in Svizzera, ma in conti esteri nominalmente gestiti da società svizzere”.

La MEDP di Lugano si è occupata anche di organizzare i trasporti e di sottoscrivere le relative polizze assicurative per invii di armi, pezzi di ricambio e tecnologia militare al regime di Saddam.

Sulle forniture di armi in violazione all’embargo internazionale, la Procura di Parigi ha aperto un’inchiesta. Ed anche le autorità giudiziarie italiane si stanno interessando ad alcune intermediazioni d’affari che vedono coinvolta la società di Lugano.

Una storia di soldi e sangue

Quante mazzette sono passate dalla cassaforte luganese di Saddam? Paolo Fusi ha dei dati indicativi: “La somma che abbiamo trovato noi, cioè quella che possiamo documentare, è attorno ai 175 miliardi di dollari”.

Un mare di soldi che ha risvegliato molti appetiti e che è costato la vita ai tre referenti iracheni: Al Mahdi, cugino di secondo grado del rais; suo cugino Husem Al Ferzan e suo suocero Talaat Sudki El Naboulsi, decapitati a Bagdad nel 1986.

“C’è da dire – aggiunge Paolo Fusi – che a Ginevra esisteva ed esiste tuttora la più grossa struttura di intelligence irachena e che erano loro ad avere il controllo “politico” della struttura ticinese. Nel momento in cui da Ginevra è arrivato l’ordine di non fidarsi più dei referenti in Svizzera, i tre sono stati arrestati al loro rientro a Bagdad e giustiziati sulla pubblica piazza, dopo quindici mesi di carcere durissimo”.

Il precedente del 1992

Le prime rivelazioni sulla cassaforte luganese di Saddam Hussein risalgono ad oltre una decina d’anni fa.

Nel 1992 il quotidiano statunitense Washington Post aveva reso noto le conclusioni di un’inchiesta effettuata dal Dipartimento americano del Tesoro che ripercorreva i flussi finanziari dei capitali del rais.

Gli investigatori stabilirono che i soldi venivano ripuliti dalle banche americane, poi traferiti via Lussemburgo su conti aperti presso il Credito Svizzero e l’UBS.

In quell’occasione, e sulla base delle risoluzioni 661 e 670 delle Nazioni Unite, la Confederazione fece bloccare circa un miliardo di franchi di partecipazioni e depositi bancari del governo iracheno.

swissinfo, Sergio Regazzoni

Per quasi un ventennio, tra la fine degli Anni Sessanta ed Ottanta, Saddam Hussein si è appoggiato ad una struttura finanziaria con sede a Lugano.

Gestita da tre fiduciari ticinesi, che fungevano da uomini di paglia, dalla centrale operativa sono passati decine di miliardi di dollari.

Nella Confederazione congelati fin dalla prima guerra del Golfo gli averi del governo iracheno.

1969-1987, il periodo in cui i soldi di Saddam sono stati gestiti dalla MEDP di Lugano
175, i miliardi di dollari del rais transitati dalla società ticinese
1 miliardo, i franchi congelati dalla Svizzera al governo di Bagdad

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