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La Svizzera deve fare di più contro la tortura

In Svizzera, i difensori dei diritti dell'uomo protestano regolarmente contro gli abusi Keystone Archive

Le Organizzazioni non governative chiedono alla Svizzera un migliore rispetto del divieto di tortura, soprattutto in materia d'asilo.

L’appello è stato lanciato domenica durante la Giornata internazionale delle Nazioni Unite dedicata alle vittime della tortura.

«Il divieto di tortura è assoluto» e nessun compromesso è ammissibile in questo ambito. È quanto ha affermato venerdì il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, in vista della giornata di domenica dedicata alle vittime della tortura.

Ciò significa che nessuno Stato che ha ratificato la Convenzione dell’ONU contro la tortura può pronunciare un’espulsione, né tantomeno respingere o estradare una persona verso un’altra nazione dove vi sono seri motivi di credere che rischierà di subire un trattamento inumano.

«La tortura è inaccettabile in tutte le sue forme e indipendentemente dal contesto in cui è praticata. Non può quindi essere tollerata», ha aggiunto Annan.

Appello alle autorità elvetiche

Numerose organizzazioni non governative (ONG) hanno chiesto alla Svizzera di assicurare il totale rispetto degli impegni presi in questo ambito. Esse hanno ricordato in particolare le recenti critiche mosse dal Commissario ai diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa, Alvaro Gil-Roblès, in merito ai trattamenti praticati ai richiedenti d’asilo. Citate dalle organizzazioni anche le conclusioni del comitato dell’ONU contro la tortura (CAT).

Le ONG hanno sottolineato il fatto che la Svizzera è uno degli Stati europei più restrittivi in ambito di accoglienza dei rifugiati. Lo comprovano talune regole elvetiche in questo ambito, dall’accesso limitato alla procedura e al diritto di impugnare una decisione presso la Commissione svizzera di ricorso in materia d’asilo, alla riduzione dei diritti alle prestazioni sociali di base dei rifugiati, fino alla criminalizzazione dei richiedenti d’asilo.

Lacune in materia d’asilo

Il rapporto del Consiglio d’Europa sul rispetto dei diritti dell’uomo da parte della Svizzera – presentato lo scorso 8 giugno dal commissario europeo Gil-Roblès – sottolinea alcune pecche in materia di asilo, razzismo e gestione delle carceri.

Della politica d’asilo elvetica, il commissario ha condannato soprattutto il rinvio immediato di alcuni richiedenti non appena scesi dall’aereo. Questo modo di procedere, detto «principio di non entrata in materia», è contrario al diritto internazionale. Dal 1997 è stato applicato ad un numero di domande d’asilo che varia dalle 5000 alle 8000.

Nel suo rapporto, Gil-Roblès ha quindi chiesto che un testimone verifichi di volta in volta se il presunto rifugiato ha la possibilità di inoltrare una domanda d’asilo al suo arrivo prima di essere considerato «irricevibile».

Degradazione pericolosa

L’inasprimento della legislazione elvetica in materia d’asilo è sottolineato con preoccupazione anche da Laurent Subilia, medico responsabile del «Servizio ambulatorio di consultazione per le vittime della tortura e della guerra» di Ginevra, di cui esiste una struttura anche a Berna.

In dieci anni di pratica presso il centro romando, Subilia ha visto degradarsi «pericolosamente» le condizioni di accoglienza e di soggiorno dei richiedenti d’asilo.

«Considero indegni questi trattamenti da parte di uno Stato che ha firmato sia la Convenzione dell’ONU contro la tortura che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo», ha detto a swissinfo.

Convenzione contro la tortura

Anche il Comitato dell’ONU contro la tortura ha criticato la politica d’asilo della Svizzera ed ha espresso il proprio timore riguardo al possibile uso di pistole che emettono scosse elettriche per neutralizzare coloro che oppongono resistenza.

Un progetto di legge destinato a regolare l’uso della forza nel corso delle procedure di espulsione di cittadini stranieri, attualmente in esame delle camere, prevede infatti questi trattamenti che violano i diritti dell’uomo.

Concretamente, l’ONU chiede alle autorità elvetiche di assicurarsi che le decisioni d’espulsione, di deportazione o di estradizione di una persona verso un altro Stato siano conformi all’articolo 3 della Convenzione contro la tortura, che prevede in particolare l’obbligo di accertarsi che non sussistano prove del rischio di subire una tortura nello Stato in questione.

swissinfo e agenzie

Numerose ONG chiedono alla Svizzera di rispettare gli impegni presi in ambito di protezione contro la tortura.
Fra queste: l’Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura (ACAT-Svizzera), la sezione svizzera di Amnesty International, l’Associazione per la prevenzione della tortura (APT), l’Organizzazione mondiale contro la tortura (OMCT) e il Servizio ambulatorio per le vittime della tortura e della guerra (Croce rossa svizzera).

La Convenzione dell’ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti è stata ratificata da 139 Stati.

La Svizzera l’ha adottata nel dicembre del 1986.

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è invece in vigore in Svizzera dal 1974.

La CEDU prevede una serie di diritti e di libertà fondamentali, fra cui il divieto della tortura, della schiavitù e dei lavori forzati, nonché il diritto a un tribunale indipendente e imparziale.

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