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La Svizzera in prima linea al vertice della FAO

I bambini sono le prime vittime della fame nel mondo. WFP/F. Mattioli

Ancora un vertice sull'alimentazione. Perché nutrirsi è un diritto - ma vuoto. Con Jean Ziegler la Svizzera vuole far avanzare l'idea.

A Roma è iniziato il Vertice della FAO sull’alimentazione. L’Assemblea dei lavori ha approvato per acclamazione la “Dichiarazione del vertice mondiale sull’alimentazione cinque anni dopo”. Il voto è stato annunciato dal capo del governo italiano, Silvio Berlusconi nella sua veste di presidente della conferenza.

La dichiarazione, ha rilevato Berlusconi, riconferma gli impegni presi dal vertice del 1996, cioè ridurre della metà il numero di coloro che soffrono la fame nel mondo, cioè 800 milioni di persone, entro il 2015.

Berlusconi ha rilevato che il documento è frutto di “anni di negoziati” ed ha ringraziato per il lavoro svolto il segretario generale della FAO, Jacques Diouf e tutti coloro che hanno contribuito alla sua stesura.

Il documento, ha osservato ancora il premier, ha però “il torto di essere troppo lungo e con troppi punti, ma questa è una battaglia che continuiamo a perdere” nelle sedi internazionali.

Un massacro silenzioso

Quattro giorni intensi di tavole rotonde, discussioni, plenarie, conferenze stampa ed anche numerosissimi incontri bilaterali a margine del summit.Una possibilità unica per riflettere, analizzare e dialogare sulla più offensiva delle ingiustizie del terzo millennio: la mancanza di cibo per milioni di persone nel mondo, molte delle quali bambini.

Per lo svizzero Jean Ziegler, relatore speciale della Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU, la fame nel mondo è “un massacro silenzioso”. E tanto più scandaloso, si legge nel suo ultimo rapporto, in quanto si verifica “in un mondo più ricco che mai, che produce già più alimenti di quanto ne serva per nutrire la popolazione mondiale”.

Lentamente si sta facendo strada l’idea che i diritti economici valgono tanto quanto quelli politici. E la delegazione svizzera, che partecipa al vertice mondiale di Roma sull’alimentazione, si dice ufficialmente disposta a partecipare all’elaborazione di un codice in materia.

L’insistenza della Svizzera

Nel 1996, la Svizzera aveva una chiara posizione: bisogna migliorare la capacità di gestione dei paesi colpiti dalla fame, interessarsi maggiormente allo sviluppo delle regioni rurali, impiegare le risorse in modo ecologico e dare la parola alle popolazioni direttamente coinvolte.

Sei anni dopo, l’analisi non è affatto diversa. La Svizzera insisterà più che mai sulla persistenza dello sviluppo agricolo, specialmente nelle regioni di montagna, e sull’equità commerciale, tra l’altro con l’abolizione delle restrizioni alle importazioni dai Paesi più poveri.

L’idea di un codice di condotta sembra pure fare l’unanimità in seno alla delegazione svizzera. “Sarebbe una buona maniera”, dice a swissinfo Jacques Chavaz, vice-direttore dell’Ufficio federale dell’agricoltura, “di concretizzare e accelerare la protezione effettiva delle popolazioni più minacciate”. E di responsabilizzare maggiormente i poteri politici ed economici.

Per Jean Ziegler, un codice del genere non rappresenterebbe che una misura intermedia. Tuttavia sarebbe utile, almeno provvisoriamente, passare da lì. Pur sapendo che certi paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, che puntano unicamente sulle leggi del mercato, non riconosceranno mai questo genere di diritto economico.

Lo scetticismo prevale

Sarà dunque il vertice della svolta, dei fatti concreti o l’ennesima vetrina delle parole? L’interrogativo già aleggiava alla vigilia dell’inizio dei lavori tra diplomatici, funzionari ed esperti che, coperti dall’anonimato, fanno notare l’esistenza di due contraddizioni che peseranno sull’atmosfera del summit.

La riunione della FAO non ha poteri decisionali e quindi non ci sarà l’approvazione di un documento finale che possa impegnare i governi attraverso una firma; non saranno a Roma i capi di Stato o di Governo dei Paesi occidentali, cioè dei Paesi ricchi che dovrebbe onorare la richiesta di uno stanziamento straordinario di 24 miliardi di dollari l’anno per raggiungere l’obiettivo di dimezzare gli affamati del mondo entro il 2015.

“Quanti capi di Stato e di Governo dei Paesi aderenti all’OCSE sono venuti a partecipare a questo Vertice per i poveri? Due su 29. Se si escludono determinate eccezioni legate a circostanze particolari, questo dato è un buon indicatore della priorità politica che viene data alla tragedia della fame”, ha constato con amara ironia il segretario generale della FAO, Jacques Diouf, intervendo ad un contro-vertice delle Organizzazioni non Governative (ONG).

Manca la volontà politica

In effetti solo pochi governi si sono impegnati nella lotta contro la fame, le istituzioni internazionali non ne hanno ancora fatto una priorità e le risorse attribuite allo sviluppo dell’agricoltura non sono aumentate.

Mentre i funzionari dell’Agenzia dell’Onu si dannano per ricordare che la penuria di cibo uccide una persona ogni quattro minuti e che l’Occidente è entrato nell’era dell’ “emergenza obesità” a causa dell’eccesso di alimentazione, il Vertice della FAO rischia in partenza di essere ricordato come il ‘Vertice delle parole’.

Si parlerà, e tanto, delle crisi nei Paesi in Via di Sviluppo, della nuova emergenza idrica che presto surclasserà quella alimentare per drammaticità e rischi di conflitti regionali, dei cibi geneticamente modificati sui quali si riproporrà l’annoso scontro tra Stati Uniti ed Europa, si ripeteranno i consueti suggerimenti per le Cooperazioni allo sviluppo dei Paesi ricchi e l’occidente ribadirà la propria volontà di aumentare la percentuale rispetto al PIL da destinare alla lotta contro la fame nel mondo.

Ma resterà l’interrogativo: perché i Paesi ricchi hanno inviato solo ‘junior delegation’, come si dice in gergo diplomatico per indicare delegazioni di livello inferiore.

Africa e Asia ben rappresentate

Al di là delle presenze istituzionali di Kofi Annan (segretario generale dell’Onu), di Josè Maria Aznar (presidente di turno della Ue), di Romano Prodi (presidente della Commissione Ue) e del presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi, padrone di casa dell’evento, sono giunti a Roma capi di Stato o di Governo di moltissimi Paesi africani, diversi del Centro e sud America e dell’Asia.

Paradossalmente è proprio la presenza a Roma di un presidente africano a ravvivare l’attenzione dei media internazionali: si tratta di Rober Mugabe, discusso capo di Stato dello Zimbabwe, Paese nei confronti del quale Europa e Stati Uniti hanno varato una serie di misure restrittive dopo che lo stesso Mugabe, nel febbraio scorso, aveva cacciato gli osservatori inviati da Bruxelles per vigilare sul regolare svolgimento della consultazione elettorale.

In quella occasione era stata decisa anche una norma che vietava l’ingresso di Mugabe nei Paesi della UE. Ma con una eccezione: avrebbe
potuto ottenere il visto di entrata in caso di riunioni di organismi internazionali. Come, appunto, il Vertice della FAO.

swissinfo e agenzie

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