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Le polveri solari del Politecnico sono intatte

Nonostante lo schianto, non tutte le particelle di vento solare sono perdute. USAF 388th Range Sqd

I chimici del Politecnico federale di Zurigo sono sollevati. I loro campioni di vento solare raccolti da Genesis non sono stati distrutti nell'impatto al suolo della sonda.

Sarà dunque possibile effettuare le analisi previste.

Mercoledì 10 settembre, 10 del mattino. Dopo un periplo di tre anni e 32 milioni di chilometri, la sonda Genesis – una capsula di metallo di mezza tonnellata – si schianta al suolo nel deserto dello Utah, negli Stati Uniti occidentali.

Il paracadute non si è aperto. I piloti d’elicottero, che da mesi si stavano allenando per intercettare la sonda in volo, non hanno potuto far altro che assistere al disastroso impatto.

Colpendo il suolo a 300 km/h, la capsula è penetrata nel terreno fino alla metà del suo diametro. All’interno, una parte dei collettori carichi di preziose particelle solari sono andati in pezzi.

Collettori sopravvissuti

I collettori – 200 in tutto – sono piccole piastre di forma esagonale, di 8-10 centimetri di diametro, costruite con pietre preziose o con leghe complesse di vetro e metallo (a seconda del vento solare o del tipo d’analisi a cui erano destinate).

Inizialmente, solo uno di questi collettori era destinato alle analisi presso l’Istituto per la geologia degli isotopi e le materie prime minerali del Politecnico federale di Zurigo. Ma Rainer Wieler, chimico del cosmo presso l’Istituto, spera di ottenerne uno o due in più.

«Abbiamo ricevuto le foto del nostro collettore. Sembra intatto. Siamo quindi molto ottimisti», spiega Wieler. «Invece i collettori costruiti con il germanium sono ridotti in polvere. I frammenti non sono più grandi di un millimetro. Abbiamo fatto bene a non puntare solo su questo metallo».

Metodo unico al mondo

Rainer Wieler e la sua équipe sono impazienti di recarsi negli Stati Uniti per recuperare il loro collettore, cosa che dovrebbero fare nelle prossime settimane. Per analizzarlo adotteranno un metodo unico al mondo.

Gli zurighesi si concentrano sulla ricerca di gas nobili, come l’elio, il neon, l’argon, il crypton e lo xenon, particolarmente abbondanti nella materia espulsa dal sole.

«In genere, si fa fondere il collettore, a temperature molto alte, e si analizzano i vapori che si sprigionano», spiega Wieler. «Ma le varie forme di uno stesso gas non escono tutte alla stessa velocità. Ciò che si raccoglie non è perciò la stessa cosa di ciò che è contenuto nel collettore».

È per rimediare a questo inconveniente che gli scienziati del Politecnico hanno messo a punto una tecnica per «sbucciare» i collettori con l’acido.

Il metodo è già servito vent’anni fa per analizzare gli atomi di vento solare raccolti sulla Luna dagli astronauti del programma Apollo. In seguito è stato impiegato per determinare la composizione di frammenti di meteorite.

Lavoro da orefici

La tecnica consiste nel fondere il collettore strato per strato, con un acido molto corrosivo. «Si tratta di strati molto sottili, non più di qualche milionesimo di millimetro. Questo ci permette di raccogliere tutti i gas nobili imprigionati nella materia», precisa Wieler.

Basato su un’idea piuttosto semplice, il metodo ha però richiesto delle vere prodezze tecniche per diventare operativo.

La «sbucciatura» dev’essere fatta in totale assenza d’aria. La quantità di gas raccolti in ogni strato è talmente piccola che la minima particella estranea falserebbe il risultato.

Inoltre l’acido utilizzato non deve fondere il contenitore in cui si svolge l’operazione. Il solo materiale in grado di resistere è una lega di oro e platino.

«I nostri tecnici hanno dovuto imparare il mestiere di orefici», osserva Rainer Wieler. «Senza dimenticare che bisogna ancora sbarazzarsi dell’acido, cosa per niente facile».

L’origine dei mondi

«Apparentemente la nostra tecnica è buona. È per questo che i responsabili scientifici del progetto Genesis ci hanno affidato le analisi», si inorgoglisce lo scienziato.

I primi risultati delle analisi dovrebbero essere presentati nel marzo 2005 alla «Lunar and Planetary Conference» di Houston, Texas. «Non saranno certo risultati definitivi, ma è anche una questione di relazioni pubbliche», precisa Wieler.

Dopo il crash della sonda, il pubblico vuole infatti ricevere rapidamente una conferma dell’utilità della spedizione, senza attendere anni.

Perché lo scopo è estremamente ambizioso. Genesis vuole fare maggiore chiarezza sulle origini del mondo.

swissinfo, Marc-André Miserez
(traduzione: Andrea Tognina)

Il vento solare è composto da un flusso di atomi che il sole proietta nello spazio. Gli astrofisica ritengono che questa materia somigli molto a quella della nuvola di gas da cui si sarebbe formato il nostro sistema solare 4,5 miliardi di anni fa.

Il vento solare non raggiunge la Terra, perché è deviato dal suo campo magnetico. Per raccoglierlo bisogna allontanarsi sufficientemente dal pianeta.

In tre anni la missione statunitense Genesis ha raccolto alcune decine di microgrammi di «granelli» del vento solare.

Nonostante il crash della sonda, che ha causato la distruzione di una parte dei collettori, il materiale raccolto dovrebbe poter essere analizzato. Almeno uno dei collettori superstiti sarà affidato ai ricercatori del Politecnico federale di Zurigo.

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