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Le scelte di UBS penalizzano gli svizzeri d’America

Molti svizzeri all'estero dovranno rinunciare a parte dei servizi di UBS Keystone

I cittadini elvetici residenti negli Stati Uniti dovranno rinunciare ai loro conti svizzeri presso UBS, in seguito alla decisione dell'istituto di cessare le proprie attività offshore destinate alla clientela locale.

Nel corso degli ultimi anni, le autorità statunitensi hanno emanato regole più severe nel quadro di una campagna volta a impedire l’evasione fiscale mediante conti offshore, situati cioé in paesi che applicano legislazioni in campo fiscale e creditizio particolarmente convenienti, garantendo il segreto bancario.

Tra questi ultimi, figura anche la Svizzera. L’inasprimento legislativo voluto da Washington ha avuto importanti ripercussioni per la più grande banca svizzera e per i suoi clienti americani.

Già nel novembre del 2007, UBS aveva interrotto alcune pratiche bancarie tra Svizzera e Stati Uniti. Nel corso del mese di luglio, l’istituto ha poi deciso di cessare completamente le proprie attività offshore destinate alla clientela residente negli Stati Uniti dopo essere stata coinvolta in un’inchiesta per evasione fiscale. La banca mantiene tuttavia attivi i servizi di gestione patrimoniale per i clienti più facoltosi.

Chiusura dei conti

La decisione di UBS ha conseguenze per i cittadini rossocrociati che abitano negli Stati Uniti, i quali hanno 45 giorni di tempo per trasferire altrove i propri conti elvetici. Per esempio, un cliente di nazionalità svizzera residente a Washington – che preferisce essere citato unicamente con le proprie iniziali (JPS) – ha ricevuto una lettera in cui gli viene comunicata la chiusura del conto svizzero aperto 44 anni fa.

«La banca ha deciso di effettuare questa operazione unicamente perché abito negli Stati Uniti, senza tenere minimamente in considerazione il fatto che sono un cittadino elvetico», afferma a swissinfo JPS.

«Cercando di valutare la questione lucidamente, mi rendo conto del fatto che probabilmente vi sono alcuni cittadini svizzeri stabiliti negli Stati Uniti che hanno utilizzato in maniera disonesta i loro conti nella Confederazione per riciclare denaro. Ciononostante, non vanno dimenticati i numerosi espatriati elvetici rispettosi delle leggi, i quali avranno difficoltà a trovare una soluzione alternativa in 45 giorni», commenta JPS.

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Possibili disagi

JPS teme in particolare disagi per parte degli oltre 74’000 svizzeri residenti negli Stati Uniti, segnatamente quelli che utilizzano un conto presso UBS per gestire i versamenti pensionistici o i contributi sociali dalla Confederazione.

Il denaro depositato sul conto di JPS gli è stato lasciato in eredità dai genitori; l’impiegato statale in pensione lo utilizza durante i suoi viaggi in Svizzera. JPS ha contattato l’ambasciata elvetica nella capitale americana, la quale gli ha risposto di non poter intervenire nel suo caso. Interpellata in proposito da swissinfo, la rappresentanza non ha voluto esprimersi.

«Qualsiasi cliente domiciliato negli Stati Uniti, anche se di nazionalità svizzera, è tenuto a svolgere la propria attività di “retail banking” [operazioni di gestione bancaria per il grande pubblico] presso una banca locale», ha affermato il portavoce di UBS Serge Steiner.

Non solo svizzeri

Le nuove disposizioni fiscali decise da Washington non interessano soltanto per i cittadini elvetici, ma anche gli americani che vivono all’estero. Numerosi cittadini statunitensi espatriati si sono infatti lamentati per gli inconvenienti causati dalle normative contro la frode fiscale.

Andy Sundberg, dell’«American Citizens Abroad group» (Associazione dei cittadini statunitensi) di Ginevra spiega infatti che i membri dell’associazione sono confrontati a serie difficoltà per effettuare operazioni diverse dall’apertura di un semplice conto deposito presso una normale banca svizzera.

«Le banche sono spaventate poiché devono rispettare obblighi onerosi a livello di informazioni da fornire; tali obblighi non sono del tutto chiari e il mancato rispetto può comportare sanzioni considerevoli», rileva Sundberg.

Il santo non vale la candela

L’Associazione svizzera dei banchieri, interpellata da swissinfo, afferma di non avere ricevuto lamentale da parte di cittadini statunitensi stabiliti nella Confederazione. Ciononostante, il portavoce James Nason concorda in merito al fatto che alcune banche potrebbero essere state scoraggiate dall’onore burocratico costituito dalle nuove disposizioni.

«Durante gli ultimi anni, per le banche di tutto il mondo le spese legate alla vigilanza sono aumentate esponenzialmente, in seguito al tentativo di farle diventare esattori fiscali, poliziotti e spie per conto dello Stato».

«Non faccio fatica a immaginare che – a un certo punto – per una banca il fatto di avere clienti provenienti da un determinato paese, come per esempio gli Stati Uniti, costituisca un onere troppo elevato rispetto ai benefici».

swissinfo, Matthew Allen, Zurigo
(traduzione e adattamento: Andrea Clementi)

Le relazioni bancarie tra gli Stati Uniti e gli altri paesi sono diventate più complesse dal 1° gennaio 2001, quando le autorità americane hanno introdotto il «Qualified Intermediary program» (QI).

Tale dispositivo impone alle banche, comprese quelle situate in Svizzera, di identificare i clienti statunitensi, trattenere le tasse sugli investimenti effettuati negli Usa, inviare gli importi all’«Internal Revenue Service» (autorità fiscale americana) e notificare al fisco l’ammontare del patrimonio, se il cliente ha omesso di farlo.

La mancata osservanza della normativa può comportare l’espulsione dell’istituto dal sistema bancario statunitense.

I guai con l’erario americano per l’UBS sono cominciati lo scorso maggio, quando un suo ex amministratore patrimoniale statunitense è stato accusato di complicità in frode fiscale.

Il 2 luglio 2007, un giudice di Miami ha autorizzato il fisco a citare in giudizio l’UBS per ottenere informazioni sui clienti che sarebbero stati aiutati a raggirare l’erario.

La principale banca elvetica si è poi scusata di fronte al Senato americano per la sua implicazione in questioni di frode fiscale. L’istituto ha promesso di ritirarsi dalle pratiche offshore e di collaborare con le autorità per identificare i truffatori.

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