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Le vendite di sci in discesa libera

Si vendono meno sci, ma non per questo il mercato degli sport invernali è in crisi swissinfo.ch

Rispetto all'inizio degli anni '90, le vendite di sci sono fortemente diminuite. L'avvento di snowboard e carving ha solo in parte smorzato questo declino.

Tuttavia, il mercato degli sport invernali ha ancora dei bei giorni davanti a sé, grazie in particolare ai nuovi modi di avvicinarsi alla montagna.

Nell’inverno 2005/2006 in Svizzera il fatturato delle vendite di sci e di attacchi è aumentato del 3% a oltre 200 milioni di franchi rispetto all’inverno precedente, stando a un primo bilancio dell’ASMAS, l’associazione dei commercianti di articoli sportivi.

I negozi hanno potuto approfittare dell’arrivo precoce dell’inverno e delle buone condizioni di innevamento.

Questo dato non deve però trarre in inganno: se si analizzano le cifre su un periodo più lungo, la realtà è meno esaltante.

Dalla stagione 1991/1992 a quella 2004/2005, le vendite di sci sono calate del 30%. Da 437’000 paia si è infatti scesi a 305’000. Le vendite di snowboard, fissatesi a quota 67’000 nella stagione 2004/2005, sono riuscite solo in parte a compensare questa erosione.

La rivoluzione dei carving all’inizio degli anni ’90 ha fatto sperare per un attimo i responsabili del settore (da 305’000 paia di sci venduti nella stagione 1997/1998 si è passati a 355’000 in quella 1999/2000), ma l’inversione di tendenza si è velocemente affievolita.

Gli svizzeri continuano ad apprezzare i pendii innevati: quasi una persona su due dice infatti di praticare lo sci o lo snowboard, una percentuale simile a quella dell’inizio degli anni ’90. Ciò che è cambiato è la frequenza con la quale vengono praticati questi sport.

Claude Benoit, direttore della ASMAS, l’associazione mantello dei commercianti di articoli sportivi svizzeri, non vuole però parlare di crisi.

Terza attività preferita dagli svizzeri

«Lo sci rimane pur sempre la terza attività sportiva preferita dagli svizzeri, dopo l’escursionismo e il nuoto», afferma.

Inoltre, la cifra d’affari relativa al solo mercato dello sci è relativamente stabile, attorno ai 150 milioni di franchi annui. In altre parole, le vendite sono diminuite, ma il prezzo medio per un paio di sci è aumentato.

A questi 150 milioni va poi aggiunto il fatturato degli snowboard, degli attacchi, degli scarponi, dei vestiti… per un totale di circa 550 milioni di franchi annui, una somma più o meno stabile nel corso dell’ultimo decennio.

Insomma, più che di crisi bisognerebbe parlare di stagnazione.

Su un dato tutti gli esperti però concordano: la pratica dello sci (e dello snowboard) è cambiata. Oggi le stazioni invernali sono ancora prese d’assalto, ma le abitudini dei turisti si sono profondamente modificate. Ad esempio a Grindelwald, famosa località montana nell’Oberland bernese, i non sciatori rappresentano circa il 50% della clientela.

Altri mercati

Slitte, racchette da neve, bagni termali, passeggiate… la montagna non è più il regno incontestato dello sci.

«Nel suo insieme, il mercato degli sport invernali è in continua progressione», afferma Claude Benoit.

Appannaggio di pochi alcuni anni fa, le racchette da neve oggi sono onnipresenti. Nelle ultime stagioni se ne sono vendute da 30 a 40’000 paia all’anno.

Un altro mercato in piena espansione è quello del noleggio di sci e snowboard. Se negli anni ’90 solo un paio di sci su cinque era noleggiato, oggi questa percentuale si avvicina al 30%.

E in piena espansione è pure il mercato legato agli accessori per la sicurezza. «La scorsa stagione sono stati venduti circa 300’000 caschi, questo inverno ci si dovrebbe avvicinare alle 350-400’000 unità», sostiene Claude Benoit.

Malgrado le vendite di sci e snowboard siano in calo, «i negozi di sport non guadagnano certamente meno», spiega il direttore della ASMAS.

Settimane bianche

Un aspetto preoccupa però il settore. Secondo alcuni recenti sondaggi, in certe zone urbane fino ai tre quarti dei giovani di meno di 14 anni non ha mai praticato uno sport invernale.

Da un lato, i budget famigliari sono spesso troppo esigui per passare delle vacanze in montagna. Dall’altro, le settimane bianche che in un recente passato erano organizzate dalla maggior parte delle scuole svizzere sono diventate merce rara.

Per motivi di risparmio, molti cantoni hanno ridotto le sovvenzioni per questi corsi. A livello federale, inoltre, dal 2003 l’Ufficio dello sport ha dimezzato i suoi sussidi. Molti istituti scolastici si sono così visti costretti a rinunciare alle settimane bianche.

«Certo, ci piacerebbe poter riportare indietro le lancette dell’orologio», afferma Claude Benoit. «È anche grazie ai ricordi di queste settimane che molti giovani sono poi diventati degli amatori di sport invernali».

Da più parti ci si sta però muovendo per cercare di convincere le autorità a fare dietrofront. «In diverse regioni si è constatata un’inversione di tendenza», osserva il direttore della ASMAS.

Dai campioni quali influenza?

Gli attori del settore confidano inoltre nell’influenza che gli ottimi risultati della delegazione svizzera a Torino potrebbero avere sulla pratica dello sci e dello snowboard.

«Anche se non possiamo quantificarle, dei grandi appuntamenti come i Giochi olimpici hanno sicuramente delle ricadute concrete», afferma Claude Benoit.

Silvan Niederöst, responsabile della comunicazione della Stöckli, l’unico fabbricante svizzero di sci, è dal canto suo convinto dell’influenza di questi grandi avvenimenti.

«Dopo il bronzo conquistato da Ambrosi Hoffman (ndr: che scia con degli Stöckli) nel super gigante molte persone ci hanno telefonato per congratularci. Simili exploit hanno un grosso impatto, soprattutto per quanto concerne le esportazioni».

Di un fattore l’industria dello sci non può comunque fare a meno: «Constatiamo che le vendite variano molto a dipendenza del tempo», spiega Silvan Niederöst. Insomma, tutte le medaglie del mondo non potrebbero sopperire alla mancanza di neve.

swissinfo, Daniele Mariani

2,5 milioni di persone in Svizzera praticano lo sci o lo snowboard
549’000 lo fanno in maniera intensiva (studio di mercato 2003)
Due anni prima erano 594’000
Paia di sci vendute nella stagione 1991/1992: 437’000
Nella stagione 2004/2005: 305’000
Snowboard venduti nella stagione 1991/1992: 18’000
Nella stagione 2004/2005: 67’000
Sci di fondo venduti nella stagione 1991/1992: 70’000
Nella stagione 2003/2004: 22’000

Per cercare di riportare i giovani sulle piste di sci, i responsabili del settore hanno lanciato nel 2004 anni fa la campagna “Go on Snow!”, che durerà quattro anni.

Questa campagna consiste in particolare nell’installare temporaneamente in diverse città delle rampe innevate. I giovani possono così sperimentare – sotto l’occhio vigile di monitori – i piaceri della neve.

Diverse stazioni sciistiche cercano dal canto loro con delle azioni mirate di attirare il pubblico più giovane. Le ferrovie della Jungfrau, ad esempio, offrono una carta giornaliera gratuita il sabato ai giovani di meno di 16 anni accompagnati da un genitore.

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