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MACS e compagni: il lato reale del campus virtuale

Il MACS indica la direzione da seguire nei mari dell'e-learning (foto: www.macs.supsi.ch) swissinfo.ch

I progetti nati nell'ambito del campus virtuale svizzero, una cinquantina, sono pronti a muovere i primi passi.

Migliorare l’università classica e non distruggerla: questo il loro scopo.

Si chiamano MACS, Swissling, Latinum electronicum o Antiquitas. Parlano di computer, linguistica, latino e archeologia. E lo fanno attraverso internet. Questi sono solo alcuni dei progetti patrocinati dal campus virtuale svizzero. Accanto a loro figurano corsi di legge, di economia, di medicina, geologia e quant’altro.

Il programma della Confederazione per un’università virtuale è parte integrante di una strategia globale per una società svizzera dell’informazione. L’introduzione nell’insegnamento universitario di tecniche d’apprendimento basate sulle nuove tecnologie permetterà alla Svizzera di stare al passo coi tempi e con i suoi vicini di casa.

Integrare non separare

Il progetto di campus virtuale non dovrebbe avere un effetto destabilizzante sulle università. Anche se in altre parti del mondo esistono dei percorsi di studio totalmente virtuali, allo stato attuale delle cose ci sono ancora troppi punti interrogativi sul valore didattico effettivo di una tale scelta.

Il campus virtuale svizzero vuole essere un opportunità per proporre a distanza i corsi che si prestano ad un tale trattamento. Per i momenti di discussione e per uno scambio di idee approfondito incontrarsi di persona con professori e colleghi di studio resta un momento importante della crescita intellettuale di una persona.

Ecco perché i progetti svizzeri sono pensati più come integrazione dei normali corsi universitari che come concorrenti degli stessi. A sparire dovrebbero essere le lezioni ex-cathedra in cui gli studenti sono totalmente passivi, ma non i corsi d’approfondimento o i seminari.

La Svizzera italiana e il superamento dei confini geografici e linguistici

Al campus virtuale svizzero partecipano anche l’Università (USI) e la Scuola universitaria professionale (SUPSI) della Svizzera italiana. Entrambe le scuole collaborano a più progetti e ne dirigono uno in particolare: swissling (corso di linguistica) per l’USI e MACS (master in advanced comuputer science) per la SUPSI.

Andrea Rocci, coordinatore di swissling, è soddisfatto dei risultati ottenuti fin qui. “I risultati sono ottimi, sia in merito alla quantità che alla qualità delle conoscenze acquisite dagli studenti. La collaborazione con le altre università funziona bene ed entro la fine dell’anno speriamo di raggiungere un prodotto stabilizzato”.

Anche alla SUPSI si è contenti dell’esperienza virtuale che è riuscita a varcare i confini geografici e linguistici del Ticino. Rispetto ai tradizionali corsi per corrispondenza, i moduli MACS hanno registrato un minor numero di abbandoni e risposto in modo adeguato alle esigenze degli utenti.

Fondi per non morire

Certo i problemi da risolvere restano ancora molti, sia da un punto di vista didattico e tecnologico che umano. Ma nessuno pensa che si tornerà indietro. Nel 2003 ci sarà una prima valutazione dei progetti del Campus virtuale svizzero in base alla quale il Parlamento deciderà se stanziare i finanziamenti necessari ad arrivare al 2007.

Il contributo finanziario della Confederazione copre il 50% dei costi, il restante 50% è assunto dalle università. Per il periodo 2000-2003 la Confederazione aveva stanziato 30 milioni di franchi. «Se la Confederazione non dovesse più sostenerci saremmo costretti a ridimensionare il progetto», afferma Andrea Rocci, «ma non vi rinunceremo: per l’USI l’e-learning è una priorità importante».

Gli sforzi dell’USI nel campo dell’e-learning si concretizzano anche nella scuola dottorele «New MinE» (New media in education) portata avanti dal professor Lorenzo Cantoni, che mira alla realizzazione di un vero e proprio centro di sviluppo ed assistenza e-learning.

I responsabili del Campus virtuale svizzero sanno bene che il mondo è pieno di stupendi progetti di e-learning che muoiono non appena termina il periodo di finanziamento. Per evitare che questa moria di progetti si verifichi anche in Svizzera, sperano di poter contare sul contributo della Confederazione almeno fino al 2007. Dopo di che le esperienze raccolte dovrebbero essere sufficienti a garantire l’autofinanziamento.

swissinfo, Doris Lucini

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