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Malcantone, piccolo Klondike elvetico

Nel frantoio di Beredino, frazione di Sessa, si sbriciolavano le pietre contenenti dell'oro (foto: Paul Graeter) Miniera d'oro di Sessa

Fra il 1857 e il 1961, nella regione a sud del Ticino erano attive alcune miniere d'oro. Ad esse, il Museo svizzero dell'oro di Burgdorf dedica un'esposizione.

Ancora oggi, numerosi appassionati muniti di setaccio trascorrono il tempo libero nei fiumi del Paese, con la speranza di trovare qualche preziosa pepita.

«Piovono come manna dal cielo le scoperte di miniere aurifere ed argentifere e ben presto i Circoli di Sessa e Magliasina diverranno la nuova California del Ticino». Questa citazione, tratta da una lettera del 1858 scritta dal Commissario di Lugano al Consiglio di Stato del cantone a sud delle Alpi testimonia dell’entusiasmo suscitato dall’apertura delle prime miniere d’oro malcantonesi durante la seconda metà del XIX° secolo.

Da tempo si sapeva che la regione era ricca di minerali – oro, argento e piombo – ma si dovette aspettare il 1867 affinché l’ingegnere Vinasco Baglioni decidesse di dare avvio al vero e proprio sfruttamento industriale dei giacimenti del prezioso metallo.

Con intensità differenti, l’attività delle miniere d’oro ticinesi, soprattutto quelle di Sessa e di Astano, proseguì per circa un secolo. Le cave passarono fra le mani di più proprietari e permisero di dare lavoro contemporaneamente a più o meno 300 persone, fra minatori, fabbri, trasportatori, ecc.

Alle miniere d’oro malcantonesi, il Museo svizzero dell’oro, allestito all’interno del pittoresco castello di Burgdorf, nel canton Berna, dedica una piccola ma interessante mostra, aperta fino al mese di marzo del 2006.

Pochi ricordi

L’esposizione ritraccia la storia delle miniere ticinesi attraverso una serie di fotografie d’epoca.

Gli scatti di Eugenio Schmidhauser, allora sindaco di Astano, ritraggono la costruzione e il lavoro nelle cave all’inizio degli anni ’30. Altre immagini mostrano invece ciò che rimane oggi delle miniere: un mucchio di rovine, ormai dimenticate e nascoste dal bosco che regna indisturbato.

Werner Lüthi, direttore del museo, sottolinea che non è stato facile trovare gli oggetti per allestire la mostra. La storia delle miniere d’oro ticinesi infatti, è stata oggetto di ben poche ricerche scientifiche. «I documenti riguardanti questo tema sono rari. Gli strumenti da lavoro dell’epoca sono stati venduti al ferrovecchio e parte del materiale rimasto appartiene a piccole collezioni private, spesso relegate in cantina. Dal canto loro, i comuni non hanno conservato praticamente nulla».

A parte le fotografie e un frammento di piccone la mostra propone alcune vetrine contenenti il prezioso metallo, prima e dopo la sua lavorazione. Infine, alcuni documenti e ritagli di giornale provano che l’idea di riaprire le miniere rimase d’attualità fino agli anni ’80, quando la società canadese Narex effettuò nuovamente alcuni esami della roccia prima di abbandonare definitivamente il progetto.

Fascino senza tempo

In Malcantone come d’altronde in numerose altre regioni elvetiche, il prezioso metallo ancora oggi è presente nel terreno, soprattutto nella regione di Ginevra e in quella del Napf, nella Svizzera centrale. Nessuno però si sogna più di riaprire una miniera per estrarlo su larga scala. «I rischi finanziari sarebbero troppo elevati», spiega Werner Lüthi.

I cercatori d’oro non sono però scomparsi. Anche se solo a livello amatoriale, questa attività attira infatti un numero sempre maggiore di inguaribili romantici. Setaccio alla mano, essi trascorrono il tempo libero nei fiumi del Paese con la speranza di racimolare qualche minuscolo granello o pepita giallo fiammante. «Io sono fra questi» ammette il direttore del museo dell’oro «e come me si contano altri 500-1000 appassionati».

Esiste persino un’Associazione svizzera dei cercatori d’oro, che promuove questa attività attraverso pubblicazioni, escursioni e conferenze sul tema. Il ‘Campionato svizzero di ricerca dell’oro’, da essa organizzato ogni due anni, riscuote un buon successo di partecipanti e di pubblico. Segno che il metallo nobile per eccellenza continua a fare sognare.

swissinfo, Anna Passera, Burgdorf

Quelle malcantonesi sono rocce cristalline (paragneiss, micascisti, ortogneiss e anfiboliti) composte prevalentemente da quarzo, feldspato, miche e minerali scuri.

Si sono formate sull’arco di moltissimi anni (fra 2,5 miliardi e ca. 300 milioni di anni fa).

Grazie alla presenza di minerali interessanti (argento, oro, ferro) i filoni malcantonesi sono stati sfruttati a più riprese nelle numerose miniere aperte nella regione.

Esposizione temporanea «Cercatori d’oro in Malcantone», presso il museo svizzero dell’oro (Helvetischen Goldmuseum), Eymatt 19, Burgdorf.
Orari d’apertura fino al 31 ottobre 2005: dal lunedì al sabato (14:00-17:00), domenica (11:00-17:00).
Dal 1° novembre 2005 al 31 marzo 2006: domenica (11:00-17:00).

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