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Scienza in Svizzera: le donne che guidano il cambiamento

L’occhio della scienza sul mondo delle nanoplastiche

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Le nanoplastiche (qui particelle di polistirene) hanno un diametro di alcuni milionesimi di millimetro. Empa / ETHZ

La ricercatrice statunitense Denise Mitrano è stata premiata dal Fondo nazionale svizzero per il suo lavoro sulle micro e nanoplastiche nell'ambiente. Il suo nuovo metodo di tracciamento potrebbe contribuire indirettamente a ridurre l'inquinamento da plastica.

Quanta plastica c’è nell’acqua e nel cibo che consumiamo tutti i giorni? È la prima domanda che rivolgo a Denise Mitrano durante l’incontro nel suo ufficio al Politecnico federale di Zurigo (ETH). Mi aspetto una risposta del tipo “molta” o “troppa”. Ma la realtà è più complessa.

“Prima di dire quanta plastica c’è in un bicchiere o nel piatto, dobbiamo poterla misurare”, risponde la geochimica e professoressa assistente dell’ETH. “Le particelle di plastica possono avere dimensioni estremamente ridotte e sfuggire agli strumenti analitici attuali”.

La Svizzera possiede meno ricercatrici di altri Paesi europei. La percentuale di professoresse è del 23% ed è ancora più bassa nelle scienze naturali e tecniche.

La pandemia di Covid-19 sembra aver ulteriormente limitato il lavoro scientifico delle donne: un gruppo di ricerca svizzero ha recentemente analizzatoCollegamento esterno migliaia di studi pubblicati tra il primo gennaio 2018 e il 31 maggio 2021. Da questa analisi è emerso che, durante la prima ondata della pandemia, le donne erano elencate meno spesso come autrici principali rispetto agli anni precedenti. Secondo gli autori della ricerca, una possibile spiegazione è che le ricercatrici hanno faticato a conciliare lavoro e famiglia durante i periodi di lockdown e quindi hanno pubblicato meno articoli delle loro controparti maschili.

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Un metodo di tracciamento innovativo potrebbe ora aprire nuovi orizzonti. Il procedimento messo a punto da Mitrano consente di capire come le micro e le nanoplastiche – frammenti di qualche milionesimo di millimetro – si diffondono nell’acqua, nel suolo e negli organismi viventi.

“Ho sempre voluto trovare soluzioni ai problemi. Mi sono ispirata a metodi che ho sviluppato per misure le nanoparticelle metalliche”, afferma.

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Denise Mitrano, 35 anni, è professoressa assistente di chimica ambientale dei materiali antropogenici al Politecnico federale di Zurigo. ETH

Plastica nel grano

La soluzione di Mitrano consiste nell’aggiungere chimicamente dei metalli alle nanoparticelle di plastica. Si tratta di metalli preziosi e inerti, come il palladio o l’indio, che fungono da marcatori. “Il vantaggio è che possono essere misurati in modo molto più preciso e rapido della plastica”.

Il procedimento è stato applicato per studiare l’efficacia di un impianto di depurazione nella rimozione delle particelle microscopiche di plastica presenti nell’acqua. “La buona notizia è che viene eliminato oltre il 95% delle nanoplastiche e delle fibre di microplastica”, afferma Mitrano.

Tuttavia, puntualizza, questo non risolve il problema dell’inquinamento da plastica. “Le nanoplastiche si accumulano nei fanghi di depurazione. In Svizzera sono inceneriti, ma in altri Paesi sono usati per concimare i campi”.

Mitrano ha anche analizzato il funzionamento di una stazione di trattamento dell’acqua potabile per capire se fosse in grado di purificare l’acqua contaminata con nanoplastiche. Per questo ha ricreato alcuni stadi di depurazione presenti nell’impianto della città di Zurigo. “La filtrazione lenta tramite filtri a sabbia si è rivelata particolarmente efficace”, dice.

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Nel corso di un altro esperimento, ha studiato il modo in cui le piante di grano in colture idroponiche (fuori suolo) assorbono la plastica. Le nanoplastiche hanno raggiunto le foglie e le piante hanno reagito aumentando la quantità di carboidrati nelle radici. “È un meccanismo di difesa. Non abbiamo però osservato una diminuzione della produzione di clorofilla o effetti tossici sulle cellule, nemmeno a dosi elevate di plastica”, indica Mitrano.

Una carta di credito a settimana

L’80% circa delle microplastiche proviene dalla degradazione di pezzi di plastica più grandi già presenti nell’ambiente. Ad esempio sacchetti, bottiglie, reti da pesca e pellicole plastiche usate in agricoltura e nell’edilizia. Il restante 20% viene rilasciato direttamente nella natura, ad esempio tramite l’abrasione degli pneumatici, il lavaggio di indumenti o l’utilizzo di cosmetici.

Il Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (Empa) ritiene che ogni anno in Svizzera circa 615 tonnellate di microplastica finiscano nel suolo e nelle acque. Tracce di residui di plastica sono state rilevate nei grandi laghi e fiumi di pianura, come pure nelle acque di disgelo dei ghiacciai e nei corsi d’acqua alpini.

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barattolo di plastica contenente un campione di acqua

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Dall’ambiente la plastica ci arriva sul tavolo. Ogni settimana ingeriamo in media cinque grammi di plastica, l’equivalente del peso di una carta di credito, secondo le stime di uno studioCollegamento esterno del 2019 dell’Università australiana di Newcastle commissionato dal WWF. La maggior quantità di particelle di plastica viene assunta tramite il consumo di acqua in bottiglia, molluschi, birra e sale.

Sebbene non ci siano ancora evidenze scientifiche, le microplastiche potrebbero potenzialmente nuocere alla salute umana. “Sappiamo che la plastica è un materiale persistente e che è disseminata in numerosi ecosistemi. Per il resto, ci sono ancora molte incognite”, afferma Denise Mitrano.

Esistono infatti vari tipi di plastica, ognuno con le proprie caratteristiche. Inoltre, i produttori aggiungono additivi, stabilizzanti e altre sostanze chimiche alla plastica. Mitrano sottolinea che è necessario stabilire quali aspetti dell’inquinamento da plastica sono tossici per l’essere umano e per gli habitat naturali e quali possono essere le altre conseguenze per l’ambiente.

Un premio alla ricerca “eccezionale”

Il nuovo metodo sviluppato da Mitrano contribuirà a ridurre l’inquinamento da plastica, almeno indirettamente. “È sempre una questione di costi e benefici, ma se possiamo mostrare all’agricoltore che il film di plastica che usa nei campi ha un forte impatto negativo, opterà forse per materiali biodegradabili”, afferma.

La scienza, aggiunge, può anche fornire indicazioni all’industria su quali sono i materiali più problematici, affinché possa trovare delle alternative.

Per il suo lavoro sulle microplastiche, Mitrano ha ottenuto il Premio Marie Heim-VögtlinCollegamento esterno 2021. Il riconoscimento del Fondo nazionale svizzero, dotato di 25’000 franchi, viene attribuito ogni anno a giovani ricercatrici “che hanno fornito prestazioni di ricerca eccezionali”.

“Non me lo aspettavo. È un grande onore”, dice Mitrano. “Il premio dimostra l’importanza di queste ricerche ed è un’occasione per promuovere la posizione delle donne nelle scienze”.

Denise Mitrano

Nasce il 28 gennaio 1986 a Salisbury, nel New Hampshire (Stati Uniti). Consegue il dottorato in geochimica alla Colorado School of Mines e nel 2013 si trasferisce in Svizzera.

Lavora dapprima al Laboratorio federale svizzero di prova dei materiali e di ricerca (Empa) e poi all’Istituto federale svizzero di scienza e tecnologia dell’acqua (Eawag), dove inizia a lavorare sulle micro e nanoplastiche.

Dal 2020, Denise MitranoCollegamento esterno è professoressa assistente di chimica ambientale dei materiali antropogenici al Politecnico federale di Zurigo.

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