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Molto da fare per sconfiggere la discriminazione razziale

La lotta contro la discriminazione razziale passa anche attraverso l'integrazione scolastica swissinfo.ch

Allarmante quadro, in Svizzera, sulle carenze delle strutture per l'aiuto alle vittime della discriminazione razziale e xenofoba.

In Svizzera rimane ancora molto da fare nell’aiuto alle vittime della discriminazione razziale e xenofoba, nonostante la presenza di una rete di 132 servizi di assistenza e consulenza. Mancano le strutture specializzate, manca il coordinamento, e la qualità delle prestazioni offerte è piuttosto bassa. Lo afferma la Commissione federale contro il razzismo (CFR).

Agire contro le lacune

Da una pubblicazione della CFR distribuita giovedì alla stampa a Berna emerge la «concreta necessità di agire» per far fronte alle «considerevoli lacune». Si tratta di una panoramica, intitolata «Aiuti alle vittime di discriminazione razziale», stilata da specialisti del Forum svizzero per lo studio delle migrazioni e della popolazione, su incarico della CFR.

Il quadro che emerge è allarmante. «Mancano le strutture specializzate di facile accesso» alle quali una persona che ha subito una discriminazione razziale può rivolgersi per bisogni quotidiani (lavoro, ricerca di alloggio, scuola, rapporti con l’autorità).

Operatori impreparati

Le strutture esistenti sono lacunose, specialmente nella Svizzera centrale e nelle regioni periferiche. Il livello qualitativo della prestazioni «è relativamente basso e va sensibilmente migliorato». Come? Coinvolgendo coloro che hanno esperienza nelle questioni delle migrazioni, toccate in prima linea da soprusi razzisti. «Sorprendentemente basso» – dice lo studio – è poi il grado di professionalità degli operatori attivi nei centri di consulenza. Occorre una formazione mirata.

Oltre la metà delle strutture rilevate presenta una «carenza acuta» nell’offerta di misure di prevenzione e sensibilizzazione; come se non bastasse, esse operano in modo isolato e senza alcun coordinamento.

Svizzera interna più sensibile

Per far emergere questo quadro sono stati inviati 748 questionari ad enti ed associazioni in qualche modo in contatto con vittime di discriminazioni razziali. Poco meno della metà (317) hanno risposto. Tra di essi figurano 171 organizzazioni, 144 istituti statali o pubblici e due istituzioni private. Sono così state individuate 132 «antenne» di assistenza e consulenza che già si occupano, ai più diversi livelli, direttamente o indirettamente con casi di razzismo.

La metà dei centri interpellati svolge il proprio operato a livello cantonale; il 24 per cento si scala regionale e il 9,6 per cento sul piano nazionale; i rimanenti in ambito comunale. Salvo Appenzello Esterno, tutti i Cantoni dispongono di almeno un’antennna. Nella Svizzera tedesca si trova l’81 per cento di tutti i centri; il rimanente 19 per cento è in Romandia e Ticino. Nelle regioni fortemente urbanizzate e nelle aree cittadine la densità di servizi è alta, contrariamente alla Svizzera centrale e alle regioni periferiche.

Prestazioni statali marginali

Gli enti statali – rileva ancora lo studio – offrono prestazioni «piuttosto marginali», mentre le organizzazioni no-profit (enti umanitari, ONG ecc.) dispongono in media di un posto al 40 per cento e si affidano in larga misura al volontariato, dovendo fare i conti con scarsi contributi statali. «I problemi di organico e la mancanza di mezzi finanziari sono determinanti per la relativa debolezza di questo settore», conclude lo studio.

In sostanza, il quadro dipinto è identico a quello emerso nel marzo dello scorso anno alla Conferenza nazionale svoltasi a Zurigo, per iniziativa della CFR e del Forum contro il razzismo: la Svizzera ha preso diverse iniziative, «ma molto rimane ancora da fare».

swissinfo e agenzie

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