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Morto Tito, simbolo della lotta per la reintroduzione della lince in Svizzera

Poca fortuna per "Tito", nonostante i controversi sforzi per reintrodurre in Svizzera la lince. Pro Natura

Tito non c'è più. La lince di due anni, maschio, balzata agli onori della cronaca nell'ultimo anno e mezzo, dividendo l'opinione pubblica, è morta nella notte tra mercoledì e giovedì, forse travolta da un'auto mentre cercava di attraversare la strada.

A dare la notizia è stata l’associazione Pro Natura, il cui portavoce Rico Kessler non ha nascosto il proprio dispiacere. «La sua morte ci tocca personalmente – ha detto – poichè con questo individuo c’era una relazione particolare».

Pro Natura infatti ha seguito le vicissitudini del felino sul proprio sito internet, assai frequentato nei momenti in cui su Tito si sono addensate le neri nubi della condanna a morte, reo di aver lasciato dietro di sé i cadaveri di troppe pecore. Ora si trova nel policlinico veterinario di Berna, per l’autopsia.

L’esistenza pubblica di Tito comincia a metà giugno ’99 (è nato nella primavera dell’anno prima) allorché gli allevatori della regione di Charmey, nel canton Friburgo, denunciano l’inerzia delle autorità cantonali e federali di fronte alle attività della giovane lince. Si dice che abbia ucciso almeno 17 pecore in due settimane.
Sono adirati gli allevatori, che nei due anni precedenti avevano perso numerosi capi di ovini, ma non per colpa di Tito. Non avendo più sufficiente selvaggina, le linci avevano finito col rivolgere le loro attenzioni alle pecore. Per calmare le acque si scomodano il direttore dell’Ufficio federale dell’ambiente, delle foreste e del paesaggio (UFAFP), Philippe Roch, e il consigliere di Stato friburghese Pascal Corminboeuf.

L’UFAFP decide che Tito dev’essere abbattuto. Sull’alpe non sorvegliato di Perilloudaz, nella regine di Charmey, è certo che abbia azzannato solo tre pecore: troppo poche per meritare la morte (di regola bisogna averne uccise 15), ma tutti si dicono persuasi che il felino, se lasciato in vita, non tarderà a compiere la sua opera.

E’ il 23 giugno ’99 quando Tito, forse fiutando l’aria funerea del suo alpe, migra verso nuovi pascoli. Pochi giorni prima è rimasto orfano, avendo perso la madre «Tana», precipitata in un dirupo nella regione di Jaun.

Due giorni dopo il direttore dell’UFAFP presenta un progetto nazionale per l’introduzione della lince nei boschi di Ticino, Grigioni, Zurigo, San Gallo, Appenzello Interno ed Esterno, Glarona, Svitto, Uri e Zugo nonché nel Principato del Liechtenstein. Si cercano nuovi spazi per questo felino protetto.
Il 7 luglio le circa 150 linci che si contano sul territorio elvetico trovano un avvocato di grido: l’attrice Brigitte Bardot, animalista di fama mondiale, già protettrice di foche, cani randagi, muli, asini e altre bestie su cui – dice – s’accanisce la cattiveria umana. Prende ufficialmente le difese di Tito, con una lettera aperta al quotidiano «Le Matin».

Philippe Roch non nasconde una certa preoccupazione: se le tensioni tra animalisti e ambienti agricoli si fanno troppo accese, si corre il rischio di rompere il dialogo e di mettere a repentaglio la strategia di protezione della lince sul lungo periodo. Secondo un sondaggio promosso dal quotidiano friburghese «La Gruyère», l’80 per cento della popolazione è contraria alla reintroduzione del felino protetto, come intende fare Berna. Per il 62 per cento degli interpellati la caccia alla lince dovrebbe essere autorizzata se l’animale dovesse diffondersi troppo rapidamente nelle Prealpi.

Il 29 luglio ’99 Tito tira un sospiro di sollievo. Mancano solo 48 ore alla scadenza del permesso di uccidere che le autorità hanno concesso al guardacaccia della regione. Non potranno più prenderlo, poiché s’è spostato nella regione della Lenk, nell’Oberland bernese. E qui ricomincia una nuova vita. In base alle prescrizioni dell’Ufficio federale dell’ambiente, il guardacaccia può sparare soltanto mentre la lince aggredisce una pecora nel pascolo sul quale ha già infierito.

Nel gennaio 2000 Pro Natura decide che la lince è l’animale dell’anno ed elegge proprio «Tito» a simbolo di tutta la specie. Un’esposizione itinerante allestita su un treno e dedicata a linci, orsi e lupi sosterà in varie stazioni della Svizzera.
L’organizzazione crea inoltre un sito Internet nella speranza di meglio fare conoscere – e apprezzare – il felino alla popolazione.

La notte scorsa il tragico epilogo di una storia movimentata. Ma su Internet resta scritta la sua odissea.

swissinfo e agenzie

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