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Mucca pazza: da Zurigo un test per identificare il sangue infetto

Un'illustrazione al computer dei prioni: a sinistra quelli umani, innocui e presenti in abbondanza nel nostro organismo ed a destra i prioni "difettosi", portatori della malattia. Keystone / AP Photo / Professors Stanley Prusiner / Fred Cohen

Ricercatori dell'Università di Zurigo hanno scoperto una proteina che riconosce i prioni portatori della malattia. È uno strumento prezioso per verificare la sicurezza del sangue destinato alle trasfusioni. La scoperta pubblicata da Nature.

I prioni, gli agenti infettivi del morbo della mucca pazza, sono invisibili con i normali strumenti diagnostici. Non sono virus né batteri, ma lunghe molecole ripiegate su se stesse. Esistono due tipi di prioni, che differiscono tra loro solo per il verso in cui sono piegati. Quelli che appartengono al primo tipo sono innocui e fanno parte della membrana delle cellule cerebrali di tutti i mammiferi. Sono presenti in abbondanza nel nostro organismo. I prioni “difettosi”, invece, sono portatori della malattia. Hanno la tendenza a legarsi tra loro e formare lunghe catene che soffocano e uccidono i neuroni.

Attualmente, non c’è modo di riconoscere i prioni patogeni da quelli normali in un campione di sangue. L’unico metodo valido per diagnosticare la malattia è prelevare ed esaminare un frammento di tessuto cerebrale del paziente. Il morbo, infatti, lascia una firma inconfondibile sul cervello delle sue vittime: una rete di placche e di grumi chiaramente visibili al microscopio. Ovviamente, è impossibile sottoporre a questo esame tutti i donatori di sangue.

Ora, un gruppo di ricercatori guidati da Adriano Aguzzi, dell’Istituto di Neuropatologia dell’Università di Zurigo, ha scoperto che una proteina del sangue, il plasminogeno, si lega solo ai prioni patogeni e ignora quelli normali. È la chiave per mettere a punto un test capace di identificare i campioni di sangue infetto, uno strumento prezioso per verificare la sicurezza del sangue destinato alle trasfusioni.

Aguzzi e i suoi colleghi hanno mescolato il plasminogeno con alcuni frammenti di tessuto cerebrale malato e alcuni frammenti di tessuto sano. Hanno osservato così che la proteina non reagisce quando entra in contatto con i prioni normali, ma aderisce a quelli anomali. La scoperta è annunciata con grande risalto sull’ultimo numero della rivista Nature.

Maria Cristina Valsecchi

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