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Nessun accordo alla conferenza sulle armi a frammentazione

Le bombe a grappolo restano pericolose per la popolazione civile anche dopo la fine dei conflitti Keystone

La conferenza svoltasi a Lima, in Perù, è terminata venerdì senza risultati concreti. I partecipanti non hanno trovato una definizione comune e nessun accordo in merito a quale tipo di armi andrebbero bandite.

Nel contempo, le organizzazioni non governative criticano il governo svizzero per non aver imposto alcun divieto di questo tipo di armi nemmeno all’interno del proprio paese.

La conferenza di Lima (dal 23 al 25 maggio) ha riunito le ONG che compongono la Coalizione mondiale contro le armi a frammentazione, come Handicap International, Human Rights Watch e Landmine Action, oltre a circa 70 paesi principalmente d’Africa e d’Asia per discutere della messa al bando di questo tipo di bombe.

Questi ordigni micidiali si dividono in un centinaio di piccole bombe prima di toccare il suolo. Secondo un recente rapporto di Handicap International, le loro vittime sono per il 98% civili, tra i quali il 27% bambini.

Nonostante le divergenze d’opinione emerse a Lima, il processo verso un divieto delle bombe a grappolo è ormai irreversibile, sostengono le ONG. Ma gli ostacoli sono ancora parecchi

Alcuni paesi europei, tra i quali la Francia, la Germania e la Polonia, vorrebbero che i negoziati si svolgessero a Ginevra nel quadro della Convenzione su determinate armi convenzionali dell’ONU (CCW) ed hanno considerato la riunione di Lima alla stregua di una “discussione informale”

Altri Stati, quali gli Stati Uniti, la Russia, l’India, il Pakistan, Israele o il Giappone, paesi produttori ed utilizzatori di questo tipo di armi, rifiutano invece ogni tipo di divieto.

Prima moratoria, poi divieto

L’obiettivo della Svizzera è un rinforzo del diritto internazionale umanitario e una migliore protezione della popolazione civile durante i conflitti, ha spiegato Daniel Klingele, responsabile della delegazione elvetica a Lima.

Ad inizio maggio, il Consiglio federale si era espresso per un divieto parziale delle bombe a frammentazione. In attesa dell’esatta definizione del tipo di armi da bandire, il governo svizzero ha proposto la soluzione di una moratoria.

L’organizzazione Handicap International (HI) ha constatato “movimenti incoraggianti” a Lima. L’ONG ha tuttavia criticato il governo elvetico, soprattutto per quel che riguarda la contraddizione tra la posizioni difese nelle discussioni internazionali e il piano d’azione interno.

Al proposito, HI chiede al parlamento elvetico di accettare un’iniziativa parlamentare che introduce il divieto totale di questo tipo di munizioni. In questo modo, prosegue HI, la Svizzera disporrà di una posizione chiara e sarà più credibile nei negoziati internazionali.

Negoziati lanciati

“Sappiamo ora che gli Stati europei negozieranno nel quadro del processo di Oslo e non faranno passi all’indietro”, spiega Jean-Marc Boivin, uno dei responsabili di Handicap International.

“Il fatto che, tre mesi dopo la conferenza di Oslo, circa 70 Stati siamo d’accordo sul principio di un trattato, mostra che potremo raggiungere un accordo in tempi brevi”, ha aggiunto Thomas Nash, coordinatore della Coalizione.

Le ONG sono riuscite a far accettare il principio dell’assistenza alle vittime così come quello dell’aiuto allo sviluppo nelle zone colpite.

Almeno 440 milioni di bombe a frammentazione sono sparse e continuano a mietere vittime in ampie regioni di numerosi paesi del mondo, raggruppanti complessivamente circa 400 milioni di abitanti. Secondo gli specialisti, tra il 5 e il 40% di questi ordigni rimangono inesplosi.

In dicembre a Vienna è prevista una terza conferenza internazionale dedicata alla questione.

swissinfo e agenzie

Nessun trattato internazionale, neppure le convenzioni di Ginevra, proibisce l’uso di bombe a frammentazione. Tuttavia le convenzioni di Ginevra fissano delle norme per proteggere i civili durante le guerre.

Poiché le bombe a frammentazione spesso mettono a rischio l’incolumità della popolazione civile anche vari anni dopo la fine di un conflitto – analogamente alle mine antiuomo – il loro uso è aspramente criticato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani.

In Svizzera, il parlamento discuterà di un loro divieto in giugno in seguito ad un’iniziativa parlamentare inoltrata dal deputato radicale John Dupraz.

L’esercito elvetico dispone di circa 200’000 munizioni di questo genere.

Sono costituite da un contenitore del peso di circa mezza tonnellata, che una volta sganciato da un aereo o lanciato da un cannone si apre ad un’altezza prestabilita facendo uscire decine di altre piccole bombe al suo interno.

Queste scendono rallentate da un piccolo paracadute. Il sensore di cui sono dotate permette loro di fissarsi su veicoli o altre masse metalliche che si spostano.

Spesso però, le piccole micidiali bombe restano sul terreno inesplose, rappresentando così un pericolo mortale per chiunque le urti inavvertitamente o le raccolga, come succede ai bambini per gioco.

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