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No svizzero all’invio di osservatori militari in Sudan

Il delegato del governo sudanese Mutrif Sidig, a destra, e l'ambasciatore svizzero Josef Bucher, presidente della Commissione di mediazione sull'accordo di cessate il fuoco lo scorso 19 gennaio al Bürgenstock Keystone

La Svizzera non invierà osservatori militari in Sudan per sorvegliare l'applicazione del cessate-il-fuoco concluso il mese scorso.

Un tale impegno non è possible in assenza di un mandato dell’ONU o dell’OSCE, l’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione in Europa, ha reso noto il portavoce del Dipartimento della Difesa (DDPS) Oswald Sigg.

Le montagne del Nuba

Gli Stati Uniti e le parti sudanesi auspicavano che la Svizzera partecipasse alla commissione di sorveglianza della cessazione delle ostilità nella regione della montagne del Nuba, nel centro del Sudan, una delle zone più martoriate dalla guerra civile che ha causato almeno due milioni di morti.

L’accordo era stato firmato il 19 gennaio al Bürgenstock (nel canton Nidwaldo) fra esponenti del governo di Khartum ed i ribelli dell’Esercito di liberazione del popolo sudanese (SPLA).

Legge militare inoppugnabile

Il ministro svizzero della difesa Samuel Schmid ha rilevato che «la legge militare non permette» alla Svizzera di partecipare a questa commissione. Durante la revisione della legge le Camere hanno soppresso una clausola che prevedeva che bastasse l’accordo del Paese in causa per dare via libera a tali operazioni.

Il Sudan, ricco di giacimenti petroliferi, è martoriato dal 1983 da una guerra civile tra il governo militare e islamico e le popolazioni del sud, in maggioranza cristiane ed animiste, che puntano, se non all’indipendenza, almeno ad un’ampia autonomia. Si valuta che la guerra abbia finora causato almeno due milioni di morti, quasi tutti per privazioni più che per i combattimenti, ed un numero ancora maggiore di profughi.

swissinfo e agenzie

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