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Ore di attesa per le decisioni dei taleban

Mentre il Consiglio degli ulema si riunisce a Kabul, molti profughi abbandonano l'Afghanistan Keystone

È iniziato mercoledì mattina il Consiglio degli ulema, le massime autorità religiose del regime dei taleban afghani. Dovranno pronunciarsi in modo definitivo sulla richiesta, avanzata anche dal Pakistan, di consegnare Osama bin Laden, 'ospite' in Afghanistan. Sul miliardario saudita si concentrano i sospetti per gli attentati di martedì 11 settembre contro New York e Washington.

Hanno il sapore della disperata ricerca di tempo per pensare o per prepararsi coscientemente al peggio le dichiarazioni che giungono dall’Afghanistan. Il ministro dell’informazione del regime afgano, Qudrutullah Jamal, ha affermato che “chiunque sia il responsabile, Osama o un altro, non lo aiuteremo”.

Le condizioni già poste dai miliziani integralisti rimangono sul tappeto: i Talebani consegneranno Osama, se sarà dimostrato che è colpevole, ad un paese «neutrale»; le sanzioni imposte loro dall’Onu proprio perché si erano rifiutati di espellere l’estremista arabo, devono essere ritirate; le forniture di armi e denaro ai loro oppositori dell’Alleanza del Nord devono finire; l’Afghanistan deve essere aiutato. Potrebbero sembrare richieste ragionevoli, se si parlasse di una trattativa di lungo periodo e senza lo spettro di oltre cinquemila innocenti assassinati a freddo negli Stati Uniti.

La macchina bellica

Isolato dal resto del mondo, l’Afghanistan sembra essere una prigione per milioni di persone che già erano minacciate dalla carestia e ora sono in attesa anche di una guerra.

I comandi delle forze armate degli Stati Uniti continuano a mettere a punto piani d’azione diversificati per le ritorsioni contro l’attacco terroristico di una settimana fa contro New York e Washington. I commandos delle truppe d’elite d’assalto e aerotrasportate potrebbero probabilmente essere i primi a entrare in azione. I comandanti di queste unità hanno infatti ricordato ai loro uomini di tenere pronto l’equipaggiamento.

Non vi sono, però, segnali esterni di anormale attività militare, al Pentagono, dove fervono ancora le operazioni di recupero delle vittime dell’attacco. Il Dipartimento della difesa sta attuando il richiamo di 35mila riservisti (potrebbero poi diventare 50mila), cui saranno essenzialmente affidati compiti di difesa del territorio nazionale e di sorveglianza anti-terrorismo.

Il punto alle indagini

Più le indagini vanno avanti e meno dubbi rimangono sul fatto che gli attentati dell’11 settembre siano stati opera della composita galassia dell’estremismo islamico della quale Bin Laden è l’ispiratore ed il leader carismatico.

Sono circa 200 le persone che l’Fbi ha inserito in una lista di individui che vengono cercati per verificare se abbiano contatti con i 19 terroristi autori degli attacchi. La lista è cresciuta col passare dei giorni, ma non è chiaro quante delle 200 persone siano già state individuate.

Tre o quattro mandati di cattura sono stati invece emessi contro “testimoni materiali” nell’ambito dell’inchiesta principale, ma non sono note le loro identità.

L’Fbi sospetta che un quinto atto di pirateria aerea sia stato evitato martedì scorso solo perchè il volo numero 43 dell’American Airlines è rimasto bloccato all’aeroporto di Boston per un un banale quanto provvidenziale guasto meccanico.

Fonti ufficiali americane hanno fatto inoltre emergere per la prima volta la possibilità di un coinvolgimento dell’Iraq negli attacchi. L’ipotesi si basa sulle notizie di un incontro in Europa, all’inizio dell’anno, tra Mohamed Atta -il presunto terrorista che pilotava il primo aereo finito contro le torri gemelle – e uomini dell’intelligence di Saddam Hussein.

Non vi sono indicazioni di presunte operazioni finanziarie condotte in Svizzera con capitali riconducibili al terrorista Osama bin Laden e non vi sono nemmeno prove che in tali affari sia coinvolta la società luganese Al Taqwa (ora Nada Management Organization).

Il direttore della Commissione federale delle banche (CFB) Daniel Zuberbühler ha indicato martedì che contro la «Al Taqwa» era stato avviato lo scorso anno un procedimento per presunte attività bancarie illecite, nulla a che vedere – si è risolto allora – con bin Laden. Ma non è chiaro se ora contro la società luganese siano state aperte nuove indagini in relazione agli attentati: la Procura federale non si esprime sulle indagini in corso.

Una settimana dopo

Più passano le ore più si teme che il numero dei dispersi – ora circa 5500 – diventi l’allucinante bilancio degli attacchi terroristici di una settimana fa contro New York e Washington. Le vittime provengono da 62 Paesi diversi: lo ha detto martedì il segretario di Stato americano Colin Powell. Fino al giorno prima, si parlava di vittime di 40 Paesi, fra cui la Svizzera.

Berna comunica nel frattempo di avere ricevuto notizie di due svizzere che si pensava fossero nel World Trade Center al momento degli attacchi kamikaze. Resta però invariato – perché si sono aggiunti in queste ore nuovi nominativi – il numero dei cittadini elvetici negli Stati Uniti ancora irreperibili: sono sempre un centinaio. Non si può quindi parlare di un miglioramento della situazione. La hotline del DFAE rimane in ogni caso aperta.

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