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Per un passaporto rosso più trasparente

Chi riceverà il passaporto rossocrociato? La scelta prima della votazione Keystone Archive

Il passaporto rosso a croce bianca è spesso fuori portata per i cittadini dell'ex Jugoslavia, discriminati rispetto ad altri stranieri. Per i deputati è urgente introdurre un diritto di ricorso.

Un tema come quello della naturalizzazione scatena tradizionalmente le emozioni. Si ritiene comunemente che un candidato alla cittadinanza svizzera debba corrispondere a certi criteri. Questi criteri sono legati all’immagine della Svizzera che ogni cittadino può avere, alla quale è profondamente attaccato, me che non è naturalmente valida per tutti: le immagini sono infatti numerose e diverse quanto i cittadini. Di qui l’emotività dell’argomento.

Un percorso in salita per il futuro cittadino svizzero

Oggi, una persona che vuole diventare svizzera tramite la procedura ordinaria deve dapprima ottenere un’autorizzazione della Confederazione. Si tratta di un primo passo obbligatorio che precede la naturalizzazione nel cantone e nel comune dove questa persona risiede. In caso di rifiuto di questo primo permesso, la persona può inoltrare ricorso al Ministero di giustizia e polizia. Se questo conferma il rifiuto non esistono istanze di ricorso.

Se però l’autorizzazione federale è concessa – ricordiamo che sono necessari, tra l’altro, 12 anni di residenza in Svizzera – la procedura prosegue a livello del Cantone. Il diritto cantonale stabilisce le condizioni e la procedura da rispettare. In generale, la decisione del comune precede quella del cantone. Quasi tutti i cantoni non prevedono vie di ricorso né contro le decisioni comunali né contro quelle cantonali. Si tratta di una situazione in contrasto con la Costituzione.

Il percorso ad ostacoli del futuro cittadino svizzero, che prevede anche un esame di conoscenze civiche, può dunque arenarsi definitivamente contro lo scoglio di un’autorità cantonale o di un’assemblea comunale, dove l’arbitrario è in agguato.

Ex jugoslavi discriminati

Alcuni comuni della Svizzera centrale come Emmen o Svitto hanno suscitato indignazione e un acceso dibattito politico per le loro decisioni in questo campo. In questi comuni le naturalizzazioni vengono deciso con una votazione popolare. I candidati provenienti dall’ex Jugoslavia sono stati sistematicamente bocciati, mentre il passaporto svizzero è stato concesso facilmente a cittadini di origine italiana.

Casi simili si registrano regolarmente anche nella Svizzera romanda e in Ticino. Il margine di manovra dei comuni è enorme, sia per quanto riguarda la soggettività, sia per quanto riguarda l’interpretazione della legge.

Autonomia comunale e diritti fondamentali

I deputati hanno dunque voluto mettere fine a una situazione che può condurre alla violazione dei diritti della persona e sconfinare in una zona dove regna l’arbitrario. L’iniziativa parlamentare proposta e discussa mercoledì prevede l’introduzione di un diritto di ricorso presso un tribunale in caso di decisioni di naturalizzazione arbitrarie o discriminanti.

Durante il dibattito alla Camera bassa, si è evidenziato il dilemma di parecchi parlamentari, combattuti tra la determinazione ad evitare l’arbitrio delle procedure e la volontà di non intaccare l’autonomia comunale, un concetto fondatore della democrazia svizzera. Per gli uni, il popolo – in questo caso le assemblee comunali – ha il diritto di manifestare liberamente la propria volontà e dunque ha il diritto di bocciare un candidato al passaporto rossocrociato. Per gli altri, i diritti fondamentali hanno la priorità sui diritti dei cittadini.

“L’origine etnica di una persona non può essere determinante per accordare o rifiutare il passaporto svizzero”, ha ricordato la ministra di giustizia e polizia Ruth Metzler. Le votazioni nei comuni per la naturalizzazione sono certo democratiche, ha ricordato la signora Metzler, che ha però rilevato come esista una tensione tra la democrazia, lo Stato di diritto e le prerogative ancorate nella Costituzione.

Nell’ambito della revisione della legge sulla nazionalità il Consiglio federale prevede l’istituzione di un diritto di ricorso. Sul fondo il governo è dunque d’accordo con l’iniziativa parlamentare discussa dai deputati e finalmente approvata con 96 voti contro 52. La camera dei deputati ha così preferito accelerare i tempi, perché la revisione della legge potrebbe richiedere ancora qualche anno. Contrari i nazionalisti dell’Unione democratica di centro, che intendono attaccare la legge con il referendum. Il dossier passa ora all’esame della Camera alta.

Mariano Masserini

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