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Per un rapporto aperto e disteso

Michael Reiterer durante una visita alla redazione di swissinfo in febbraio 2008 swissinfo.ch

Da circa un anno l'ambasciatore Michael Reiterer rappresenta gli interessi dell'Unione europea a Berna. Il suo obiettivo: migliorare la comprensione reciproca e rendere più distese le relazioni tra Svizzera e UE.

A colloquio con swissinfo, Reiterer prende posizione sul contenzioso fiscale e sull’estensione della libera circolazione delle persone.

swissinfo: ambasciatore Reiterer, per una volta cerchi di non essere diplomatico. Cosa le dà sui nervi in Svizzera?

Michael Reiterer: Assumo il rischio che lei mi dia del diplomatico: non c’è nulla che dia davvero sui nervi.

Dal punto della mia professione, è però talvolta difficile far passare alcuni messaggi sull’Unione europea, perché non li si vuole ascoltare. Voglio dire: l’UE è percepita solo come entità economica. Nessuno sembra volersi rendere conto dei suoi tanti altri aspetti.

Inoltre la Svizzera tende talvolta ad applicare criteri di valutazione molto tradizionali. La Svizzera avrebbe inventato la democrazia diretta, che nell’UE non esisterebbe. Conclusione: l’UE non è democratica. Far passare le proprie opinioni su questi temi è molto difficile.

swissinfo: Lo scandalo fiscale che attualmente scuote la Germania e il Liechtenstein potrebbe spingere l’UE a mettere la Svizzera sotto osservazione?

M.R.: Bisogna vedere le cose in maniera differenziata. Svizzera e del Liechtenstein non possono davvero essere paragonati. L’UE sta negoziando con il principato un accordo sulla truffa fiscale, stiamo facendo degli ottimi progressi. Con la Svizzera abbiamo già un accordo del genere. La Svizzera ha già compiuto passi importanti in questo ambito.

E poi non si può mettere tutto sotto le rubrica «tasse». Con la Svizzera stiamo discutendo di aiuti statali, non di tasse in senso proprio. Non va dimenticato che all’interno dell’UE le questioni fiscali sono di competenza nazionale.

Non abbiamo un sistema fiscale europeo, ma 27 sistemi diversi. Anche all’interno dell’UE esiste una concorrenza fiscale. Il mandato che la commissione ha ricevuto riguarda questioni attinenti alla concorrenza, in relazione ad aiuti statali. È questo ciò di cui dobbiamo occuparci.

swissinfo: Presto affronteremo importanti discussioni sulla libera circolazione delle persone, in relazione all’estensione a Romania e Bulgaria dell’accordo tra Svizzera e UE e della sua prosecuzione dopo il 2008. Come valuta il rischio che la Svizzera dica no?

M.R.: Credo che la libera circolazione delle persone sia nell’interesse della Svizzera. Tutti quelli che ne sono convinti dovranno impegnarsi affinché del tema non si abusi in termini populistici. Grazie alla libera circolazione l’economia svizzera ha accesso alla manodopera di cui ha bisogno. Ciò ha permesso all’economia crescere rapidamente dopo il 2000.

Il tema della libera circolazione delle persone era talmente importante che durante i negoziati sui Bilaterali I ci siamo messi d’accordo che la sua interruzione avrebbe fatto decadere gli altri accordi.

Non è una minaccia, bensì il diritto vigente. Se nel 2009 si dovesse arrivare ad un voto sulla prosecuzione della libera circolazione, confido sulla saggezza del popolo svizzero.

Per quel che riguarda l’estensione a Romania e Bulgaria è importante tener conto del fatto che l’UE ha oggi 27 membri. Non si può trattare uno stato membro in maniera diversa dagli altri.

Naturalmente ci sono fasi di transizione e su questo punto abbiamo approvato la proposta della Svizzera, mattendo da parte la nostra proposta originaria. Però trascorsa questa fase la libera circolazione varrà per tutti e 27 gli stati dell’UE.

swissinfo: Una volta ha detto che le manca una discussione sul futuro delle relazioni tra Svizzera e UE. Qual è la sua visione?

M.R.: È la Svizzera che deve riflettere su questo punto. Io cerco sempre di stimolare la discussione sul ruolo che la Svizzera si immagina di avere al di fuori dall’UE ma in Europa. Si possono infatti cambiare molte cose, ma non la posizione geografica di un paese.

Uno stato come la Svizzera, giustamente orgoglioso delle sue tradizioni democratiche – e democrazia vuol dire partecipazione – può e deve porsi di tanto in tanto la domanda se non sedere al tavolo delle trattative sia davvero un vantaggio. La situazione dovrebbe essere valutata a scadenze regolari, senza paraocchi.

swissinfo: Come si potrebbe dare l’impulso ad una simile discussione?

M.R.: L’importante è che si tratti di una discussione ampia. Non bisognerebbe lasciare un tema politico, indipendentemente da quale tema si tratti, nelle mani di un solo partito o gruppo. E bisognerebbe poter discutere senza porsi continuamente la domanda: «Vogliamo aderire all’UE nei prossimi anni?».

Dal punto di vista puramente economico, la Svizzera non ha bisogno di aderire all’UE, a differenza di altri paesi. Basti pensare ai paesi dell’Europa centrale e orientale. Loro hanno riformato completamente il loro sistema in 15 anni pur di essere accolti nell’UE. Nessuna vecchia democrazia avrebbe potuto farlo.

swissinfo: Quali obiettivi vorrebbe aver raggiunto come ambasciatore dell’UE se arriverà il giorno in cui lascerà di nuovo la Svizzera?

M.R: Intanto posso rassicurare la Svizzera: prima o poi me ne andrò sicuramente… Mi farebbe piacere ottenere che il dibattito sulle relazioni tra Svizzera e UE diventi più aperto e sia meno dominato dalle emozioni.

Credo che siano necessarie relazioni distese e aperte. E dovremo imparare a tenere conto di tutta l’ampiezza dei nostri rapporti. Vale a dire che, quando c’è un piccolo problema in ambito economico, non dovremmo trarre la conclusione che tutta la casa è in fiamme.

Se si giungerà ad un clima più disteso e ad una valutazione più corretta dei ruoli e dei valori reciproci, allora mi sentirò di aver dato il mio piccolo contributo.

swissinfo, Christian Schmid
(traduzione dal tedesco: Andrea Tognina)

Il 53enne «ambasciatore dell’Europa» a Berna è originario di Innsbruck, in Austria. Ha compiuto parte degli studi di diritto in Svizzera. Nel 1985 ha ottenuto un diploma in relazioni internazionali a Ginevra. È sposato e padre di una figlia 18enne.

Prima di guidare la nuova rappresentanza della Commissione europea in Svizzera (inaugurata il 3 aprile del 2007), Reiterer è stato per quattro anni direttore supplente della delegazione dell’Ue a Tokyo.

Gli Accordi bilaterali I, conclusi nel 1999, vertono principalmente sulla reciproca apertura dei mercati in sette settori specifici: la libera circolazione delle persone, gli ostacoli tecnici al commercio, l’agricoltura, i trasporti aerei, i trasporti terrestri, gli appalti pubblici e la partecipazione della Svizzera ai programmi di ricerca dell’UE.

Gli Accordi bilaterali II (2004) contemplano nuovi interessi economici ed ampliano la cooperazione ad altri settori: la sicurezza interna (Schengen/Dublino), l’ambiente, l’educazione e la formazione, i prodotti agricoli trasformati, la fiscalità del risparmio, le pensioni, la lotta contro la frode, la statistica e la cinematografia.

La libera circolazione delle persone fa parte del primo pacchetto di accordi bilaterali conclusi tra la Svizzera e l’UE, approvato in votazione popolare. L’accordo è entrato in vigore il 1° giugno 2002 con i quindici «primi» stati dell’Unione europea.

Nel settembre del 2005 il popolo svizzero ha accettato di estendere l’accordo ai nuovi dieci membri dell’UE (Estonia, Lituania, Lettonia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Repubblica ceca, Malta e Cipro), entrati nell’Unione il 1° maggio 2004.

L’estensione dell’accordo alla Romania e alla Bulgaria, che sono entrate nell’UE il 1° gennaio 2007, è ancora in fase di discussione.

L’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE scade il 1° gennaio 2009. L’Unione europea lo prorogherà tacitamente. In Svizzera, il prolungamento sarà sancito da un decreto federale, contro il quale sarà possibile lanciare un referendum.

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