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Gli aiuti umanitari svizzeri in Asia si coordinano

Alcuni bambini dello Sri Lanka si avvicinano a una delle cisterne d'acqua da mille litri fornita dalla DCS Keystone

Le organizzazioni umanitarie elvetiche e la Direzione allo sviluppo e alla cooperazione hanno deciso di coordinare i loro aiuti alle vittime dello tsunami.

Sono però emerse alcune divergenze sulle le modalità d’intervento da adottare.

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), la Catena della solidarietà (CdS) e alcune organizzazioni umanitarie intendono coordinare i loro sforzi in aiuto delle popolazioni colpite dal maremoto che ha devastato il sud-est asiatico.

«Questo primo incontro è servito in particolare allo scambio di informazioni utili per permettere di armonizzazione gli interventi di ogni organizzazione attiva sul posto», ha indicato il portavoce della DSC, Thomas Jenatsch.

Conoscenze messe in comune

Anche se ognuna delle organizzazioni umanitarie ha i propri compiti specifici, una coordinazione è fattibile.

«Intendiamo soprattutto sfruttare le sinergie tra le conoscenze tecniche e logistiche di ognuna delle parti, in modo da rendere l’intervento d’aiuto il più efficace possibile», ha affermato Jenatsch.

Gli incontri permettono inoltre alle differenti organizzazioni umanitarie che vi partecipano di sensibilizzare le altre sui problemi che le preoccupano particolarmente.

«Handicap International, ad esempio, ha ricordato che è necessario mantenere delle distanze minime fra i vari campi profughi, in modo da permettere lo spostamento di persone handicappate», ha ricordato M. Bollmann, direttore della Catena della Solidarietà (CdS).

Aiuti d’urgenza e ricostruzione

A sud dell’India, in Tailandia e nello Sri Lanka, si intende passare, dopo i primi aiuti d’urgenza, alla ricostruzione delle zone disastrate.

In questa seconda fase d’intervento, che durerà molto tempo, sarà particolarmente importante coordinare al meglio le attività dei differenti attori umanitari.

La DSC ed alcune organizzazioni umanitarie hanno già inviato alcuni esperti sul posto per valutare la situazione e organizzare i differenti compiti.

Modalità di intervento ancora da chiarire

Le organizzazioni che hanno preso parte al primo incontro di coordinazione non hanno ancora discusso delle modalità di lavoro comune e di armonizzazione degli aiuti.

Tuttavia, le esternazioni di Peter Niggli, direttore della Comunità di lavoro, lasciano già sin d’ora presagire alcune divergenze.

In un’intervista rilasciata al quotidiano svizzero-tedesco «Aargauer Zeitung», Niggli ha criticato il progetto della Confederazione di ricostruzione di un villaggio tailandese.

«Non sappiamo ancora cosa intenda esattamente la consigliera federale Micheline Calmy-Rey quando parla di ricostruzione di un villaggio. Non vorremmo ritrovare dei tipici villaggi svizzeri sul posto», ha affermato.

Pochi soldi alle piccole organizzazioni umanitarie

Niggli ha inoltre sollevato un problema legato alla distribuzione dei fondi-record raccolti dalla Catena solidarietà in favore delle vittime dello tsunami.

Le organizzazioni umanitarie che desiderano usufruire dei fondi distribuiti dalla CdS devono infatti essere in grado di finanziare almeno il 20% del loro intervento con fondi propri. Una somma che non tutte le associazioni umanitarie attive sul posto hanno a disposizione

«Se tutte le donazioni si concentrano unicamente sulla Catena della Solidarietà, le piccole organizzazioni umanitarie non riceveranno sufficienti versamenti per raggiungere questa quota di base», ha affermato Niggli.

Fino ad ora, sul conto della CdS sono stati versati 110 milioni di franchi in favore delle vittime del maremoto. Una somma consistente, destinata ad aumentare nei prossimi giorni. Sul conto di altre organizzazioni umanitarie attive in Asia sullo stesso fronte sono invece stati versati «soltanto» 4 milioni.

swissinfo e agenzie

Il sisma avvenuto il 26 dicembre scorso nei pressi dell’isola indonesiana di Sumatra ha raggiunto una magnitudo di 9 gradi sulla scala Richter.
Secondo un ultimo bilancio i morti sono più di 153’000, di cui oltre 101’000 in Indonesia.
Si teme però che le vittime possano essere più di 200’000.
Nel maremoto hanno perso la vita anche centinaia di cittadini elvetici, principalmente in Thailandia.
Mercoledì le autorità svizzere hanno parlato di circa 400 vittime.

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