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Il dissidio fra Svizzera e Libia si acuisce

Sostenitori del presidente Gheddafi durante una protesta di fronte all'ambasciata svizzera a Tripoli AFP

Le relazioni tra Berna e Tripoli si sono ulteriormente incrinate giovedì, in seguito all'arresto a Ginevra del figlio del colonnello Gheddafi. Come ritorsione, le autorità libiche hanno incarcerato due espatriati elvetici e annunciato un blocco delle forniture di petrolio alla Svizzera.

L’arresto del figlio del leader libico Muammar Gheddafi, avvenuto la scorsa settimana a Ginevra, non è andato giù alle autorità libiche, le quali hanno annunciato una serie di rappresaglie contro la Svizzera.

Il 15 luglio, Hannibal Motassim Bilal Gheddafi e la moglie sono stati incriminati dalla giustizia ginevrina per lesioni semplici, minacce e coazione nei confronti di due loro domestici.

La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) si è detta «preoccupata» dalle misure di ritorsione annunciate dalla Libia, che prevedono il blocco delle forniture di petrolio verso la Svizzera, la sospensione del rilascio di visti per cittadini elvetici, la riduzione dei collegamenti aerei, il richiamo a Tripoli dei diplomatici libici in Svizzera e, soprattutto, l’arresto di due imprenditori svizzeri attivi nel paese nordafricano.

«In questo momento sono in corso scambi diplomatici», ha indicato la SECO. Una delegazione elvetica è giunta a Tripoli mercoledì; al suo ritorno in Svizzera farà rapporto alla responsabile del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) Micheline Calmy-Rey, la quale ha interrotto le sue vacanze per occuparsi della vicenda.

La situazione appare ad ogni modo critica. Per il portavoce del DFAE, Jean-Philippe Jeannerat, si è «sulla via di una crisi».

Svizzeri incriminati

Il DFAE ha reso noto che i due svizzeri posti in stato di fermo in Libia sono stati incriminati e trasferiti in prigione. Jean-Philippe Jeannerat ha definito le condizioni della detenzione preventiva «molto dure».

Le autorità libiche accusano i due cittadini elvetici di infrazioni alle disposizioni sull’immigrazione e il soggiorno. «Sono considerati come immigrati illegali», ha reso noto Jeannerat, precisando che la loro detenzione è stata prolungata fino a 20 giorni. La rappresentanza svizzera a Tripoli non ha ancora ottenuto il diritto di visitarli nell’ambito della protezione consolare.

«La nostra priorità è di trovare il modo di migliorare la loro situazione il più rapidamente possibile e di giungere al più presto alla loro liberazione». «Siamo ad ogni modo in contatto costante con tutti gli altri svizzeri presenti in Libia», ha precisato a swissinfo il portavoce del DFAE.

L’ex direttore del centro di ricerca per la politica di sicurezza del Politecnico federale di Zurigo, Kurt R. Spilmann, stima che l’arresto dei due svizzeri in Libia sia una sorta di «presa d’ostaggi». Secondo l’esperto, Tripoli aspetta una «compensazione» dalle autorità elvetiche.

Il petrolio non è un problema

Meno grave appare l’annuncio della compagnia nazionale libica di trasporto marittimo di bloccare le forniture di petrolio alla Svizzera.

Secondo l’Unione petrolifera (UP), trovare un’alternativa al greggio fornito dal paese del colonnello Gheddafi non è un problema, viste le diverse fonti di approvvigionamento a disposizione. Il petrolio libico rappresenta il 16-17% del totale delle importazioni di oro nero in Svizzera, ha precisato Philippe Cordonier, portavoce dell’UP.

Occorre inoltre distinguere il greggio dai prodotti raffinati: il greggio rappresenta solo un terzo delle importazioni elvetiche. Ed è proprio in questo ambito che la Libia gioca un ruolo importante, con una quota di circa il 50%.

Benzina per cinque mesi

Le raffinerie svizzere – ad esempio quella di Collombey in Vallese, alimentata dal greggio libico – vengono ripetutamente chiuse per periodi abbastanza lunghi, durante i quali bisogna trovare già oggi altre fonti di petrolio raffinato. Finora, ha spiegato Cordonier, ciò non ha mai posto alcun problema.

Due terzi (11,5 milioni di tonnellate all’anno) del fabbisogno svizzero consiste invece in prodotti raffinati, provenienti soprattutto dai Paesi Bassi e dalla Germania.

Secondo l’Ufficio federale per l’approvvigionamento economico del paese, la copertura di prodotti petroliferi è assicurata da riserve obbligatorie. Per quanto riguarda la benzina per le automobili, le riserve permettono di coprire il fabbisogno elvetico per circa cinque mesi.

Per il diesel e l’olio da riscaldamento, la copertura è rispettivamente di tre e cinque mesi. Anche per il carburante degli aerei le riserve basterebbero per quasi tre mesi.

swissinfo e agenzie

Tripoli è il principale fornitore di greggio della Svizzera: quasi la metà (48,8%) delle importazioni elvetiche di oro nero proviene dalla Libia.

Il paese del colonnello Muammar Gheddafi è il secondo partner commerciale della Confederazione in Africa.

La bilancia commerciale elvetica con la Libia è ampiamente deficitaria. Nel 2006 presentava un saldo negativo di oltre 1,4 miliardi di franchi. Un risultato su cui pesavano quasi 1,7 miliardi di franchi di importazioni di petrolio. Le esportazioni elvetiche (240 milioni nel 2006) sono costituite essenzialmente da macchinari, prodotti farmaceutici e agricoli.

Secondo le statistiche della Banca nazionale svizzera, i fondi libici depositati in banche elvetiche alla fine del 2007 ammontavano a 5,784 miliardi di franchi. A questo importo si aggiungono 812 milioni di averi fiduciari.

Non è la prima volta che Berna si trova in difficoltà con Tripoli a causa di un figlio di Muammar Gheddafi.

Il 12 novembre 1997 la Libia aveva chiuso le frontiere ai cittadini svizzeri in segno di protesta contro il rifiuto delle autorità elvetiche di concedere un visto di due anni per studi al figlio secondogenito del colonnello, Saif al-Islam. La Svizzera aveva giustificato la decisione dicendo di non poter garantire la sua sicurezza.

Come reazione alla misura unilaterale della Libia, Berna aveva deciso di limitare la concessione dei visti ai cittadini del paese nordafricano. Le disposizioni erano rimaste in vigore per quasi cinque mesi, fino all’8 aprile 1998, quando le relazioni tra i due paesi tornarono alla normalità.

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