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“La Svizzera deve ragionare su un politica migratoria meno incentrata sui suoi vicini”

La popolazione svizzera aumenta molto più rapidamente di altre in Europa a causa di una forte crescita migratoria. Si tratta di un'immigrazione di cui la Confederazione ha bisogno per conservare la sua attrattiva economica, affermano la specialista di migrazione Elodie Gerber e il demografo Philippe Wanner nel nostro dibattito Let's Talk.

La Confederazione supererà quest’anno la cifra simbolica di 9 milioni di abitanti. Nell”ultimo rilevamento ufficiale, risalente a fine marzo, ne contava 8’865’270. La crescita demografica della Confederazione è superiore a quella dei suoi vicini europei. È due volte più rapida che in Francia, e addirittura 20 volte di più rispetto alla Germania.

La tendenza si spiega con la forte crescita migratoria. La Svizzera ha infatti un saldo migratorio positivo di 80’000 persone all’anno, pari alla popolazione di una città delle dimensioni di Lucerna. Questo non sorprende Philippe Wanner, demografo dell’Università di Ginevra: “La Svizzera è un piccolo Paese al centro dell’Europa, che gode di un’economia fiorente edi un alto livello di benessere. È quindi normale che le evoluzioni demografiche siano più pronunciate che in Paesi più vasti”. Dal canto suo, Elodie Gerber, co-responsabile del programma migrazione del think tank Foraus, ritiene che l’evoluzione demografica rifletta il dinamismo e la buona salute economica del Paese.

Storica carenza di manodopera

Malgrado l’eccezionale crescita della popolazione, la Svizzera non sfugge alla epocale penuria di personale che colpisce la maggior parte delle economie sviluppate. Più di 120’000 impieghi erano vacanti nel Paese alla fine del 2022, secondo l’Ufficio federale di statistica (UST)Collegamento esterno. Una carenza che si spiega con l’invecchiamento demografico. Il tasso di fecondità è da tempo inferiore alla soglia di rinnovamento generazionale (2,1 figli per donna). “Parallelamente, l’arrivo all’età della pensione della generazione del baby-boom (l’esplosione della natalità tra il 1945 e l’inizio degli anni Sessanta) lascia un vuoto da colmare”, indica Gerber.

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Wanner sostiene che l’immigrazione è indispensabile per lottare contro la penuria di forza lavoro. “A corto termine, se vogliamo un’economia fiorente, non c’è alternativaa “, dice. Aumentare la natalità sembra illusorio nelle nostre società moderne. “Le economie domestiche svizzere non sono pronte ad avere da 2,5 a 4 figli”, precisa il demografo. Il miglioramento dei servizi di custodia extrafamiliare dei bambini potrebbe permettere di migliorare le possibilità di impiego delle madri, ma non risolverebbe il problema della carenza di manodopera, indica ancora Wanner.

Tentativi di limitare l’immigrazione

Da parte sua, la destra conservatrice desidera mettere un freno alla crescita demografica. L’Unione democratica di centro (UDC) ha recentemente lanciato un’iniziativa che esige che la Svizzera non superi i 10 milioni di abitanti prima del 2050. Per raggiungere l’obiettivo, il testo prevede misure volte a limitare l’immigrazione.

Wanner ritiene tuttavia che l’iniziativa abbia poche possibilità di riuscita, poiché il popolo elvetico è cosciente dell’importanza dell’immigrazione. “Senza le persone che immigrano in Svizzera, sarebbe impossibile viverci, poiché questa fetta della popolazione assicura una parte importante delle attività, in particolare quelle a bassa qualifica. Contenere l’immigrazione equivarrebbe a una limitazione del nostro benessere economico e sociale, che nessuno desidera”, afferma.

La Svizzera non è sovrappopolata

L’economia ha bisogno di braccia, ma l’aumento della popolazione porta con sé anche sfide logistiche: le infrastrutture, l’alloggio e il sistema sanitario sono già sotto pressione. “Delle misure dovranno essere adottate per accompagnare l’evoluzione demografica, e  mantenere il nostro benessere socioeconomico”, riconosce Wanner.

L’esperto sottolinea che il Paese non è in una situazione di sovrapopolazione. “Il benessere della popolazione è un criterio utile per determinare se un Paese è sovrapopolato. Attualmente, la Svizzera figura tra le nazioni più felici e quindi non è il caso”, sottolinea il demografo.

Il dibattito politico sulla migrazione si concentra spesso sull’asilo. Tuttavia, le persone richiedenti l’asilo non rappresentano neanche il 10% dell’immigrazione in Svizzera. “Questo si spiega con il fatto che la destra conservatrice strumentalizza il tema dell’asilo a fini elettorali”, afferma Gerber. La specialista ricorda inoltre che la Confederazione stessa recluta manodopera all’estero per i bisogni dell’economia. “È più difficile criticare lavoratrici e lavoratori, rispetto alle persone che arrivano nel nostro Paese per chiedere protezione”, precisa.

Puntare su una migrazione più lontana

Gerber è dell’opinione che i rifugiati possano essere meglio integrati nel mercato del lavoro svizzero. Sottolinea che tutte le persone titolari di un permesso come rifugiati acquisiscono rapidamente il diritto di lavorare. “Tuttavia, hanno bisogno di tempo per adattarsi. Spesso devono imparare la lingua e a volte le loro qualifiche non sono riconosciute in Svizzera. Molte di loro hanno subito shock emotivi durante l’esilio, quindi hanno bisogno di cure prima di essere in grado di svolgere un’attività professionale”, sottolinea.

Per il momento, la Confederazione ha regole molto severe sull’immigrazione extraeuropea. “Ma la Svizzera deve pensare a una politica migratoria meno incentrata sui Paesi vicini. Abbiamo bisogno di competenze che lì non si trovano”, afferma Philippe Wanner.

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La Confederazione si sta già rivolgendo a Paesi extraeuropei per reclutare personale altamente qualificato, ma probabilmente dovrà fare lo stesso per le persone con qualifiche inferiori, secondo il demografo. “Permettere l’immigrazione dai Paesi in via di sviluppo è anche un modo per contribuire al loro processo di crescita, perché la migrazione è spesso temporanea. Le persone arrivano, acquisiscono conoscenze e tornano a casa per farne buon uso”, conclude.

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