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Riesce il referendum cantonale, una prima istituzionale

Gli sgravi votati a Berna toccano anche le entrate dei cantoni Keystone

Il popolo dovrà esprimersi sul pacchetto di sgravi fiscali votato dal Parlamento.

A chiederlo sono otto cantoni che per la prima volta nella storia fanno uso di questo loro diritto.

La votazione popolare contro il pacchetto di sgravi fiscali votato dalle Camere federali si farà. Con la decisione odierna del parlamento di Vaud è infatti riuscito il referendum cantonale.

Un «dispetto» al tesoriere della Confederazione Kaspar Villiger, proprio nel giorno dell’annuncio che a fine anno lascerà l’esecutivo federale. L’ottavo cantone è stato quello di Vaud i cui parlamentari, con 89 voti a 63, si sono uniti ai loro colleghi di Obvaldo, Basilea Città, Grigioni, San Gallo, Berna, Soletta e Vallese.

Sinistra e cantoni con ragioni diverse

Due settimane fa, nel timore che il numero di otto cantoni non venisse raggiunto, il Partito socialista aveva deciso di affiancare i Verdi e l’Associazione svizzera degli inquilini nella raccolta delle firme per il referendum popolare «convenzionale».

Benché sia una maggioranza qualificata dei governi cantonali, sia la sinistra combattano il pacchetto fiscale, le ragioni sono diverse. Da una parte si difende l’autonomia fiscale (il pacchetto intacca anche le entrate dei cantoni, cambiando il sistema d’imposizione sulla proprietà immobiliare).

Dall’altra ci si oppone a delle riduzioni dell’imposizione che favorisce soprattutto i redditi medio-alti. La raccolta delle firme continua comunque, malgrado la segreteria socialista abbia già inviato i suoi complimenti al voto dei parlamenti.

L’unità d’intenti è singolare: ovunque i parlamenti sono dominati da una maggioranza borghese, dunque vicini a chi ha votato gli sgravi a Berna. La battaglia in vista della votazione popolare sarà dunque particolarmente interessante, una «guerra a fronti multipli», commenta il politologo Jeremias Blaser, dell’Istituto del federalismo all’Università di Friburgo.

Una prima storica

Per la prima volta nella storia svizzera, il referendum cantonale è riuscito, grazie (o a colpa) alla crescente pressione finanziaria sui cantoni, i quali sono costretti a riversarla sui comuni, aggiunge Blaser. Lo strumento è fissato nella Costituzione dal 1874, ma non era mai stato impiegato.

In sostanza si rimprovera alla Confederazione una politica «contraddittoria», che concede agevolazioni e nel contempo – non avendone i mezzi – scarica i relativi oneri sulle spalle dei cantoni.

Le paure di cantoni e comuni

Prima ancora dei singoli parlamenti cantonali, anche la Conferenza dei governi cantonali si è schierata apertamente contro la Berna federale, raccomandando di promuovere il referendum. «Si tratta di intervenire contro misure fiscali dalle conseguenze terribili», aveva commentato la responsabile ginevrina delle finanze Martine Brunschwig.

La consigliera di Stato grigionese Evelyne Widmer-Schlumpf aveva avanzato cifre terribili semmai il pacchetto fosse entrato in vigore: 2,5 miliardi di minori entrate complessive per cantoni e comuni, pari ad un aumento della pressione fiscale del 7- 10% nei soli Grigioni.

Anche l’Unione delle città svizzere (122 agglomerati urbani) si è detta contraria al pacchetto fiscale. In questo momento risparmi sulle spalle dei comuni non sono sostenibili, aveva detto il presidente dell’Unione Heinz Christen.

Sgravi bloccati

Le carte in tavola adesso cambiano, anche se il popolo in votazione dovesse accettare gli sgravi che non piacciono ai cantoni e alla sinistra.

Una volta riuscito, il referendum sia popolare che cantonale, blocca infatti l’entrata in vigore della revisione legislativa. Dunque la riduzione delle tasse non sarà attiva già dal 1° gennaio 2004.

Questo evita alla Confederazione la perdita di 700 milioni di franchi. Il ministro delle finanze uscente, Kaspar Villiger, che ha sostenuto gli sgravi, ha già notato: «Questa situazione permette di migliorare la situazione delle finanze federali».

Le maggiori entrate dovrebbero rendere meno pressante un’ulteriore manovra di risparmio, già chiesta da alcuni esponenti borghesi per far fronte al disavanzo crescente delle casse pubbliche.

Villiger è però convinto che «anche nel caso di un no popolare, l’imposizione fiscale sulle famiglie dovrà essere ripensata».

swissinfo e agenzie

A giugno il Parlamento ha votato gli sgravi
Dopo la pubblicazione sul foglio ufficiale, entro 100 giorni può essere consegnato il referendum
Per il referendum ci vogliono 50’000 firme o la volontà di 8 cantoni
Il termine per il referendum sul pacchetto fiscale è il 9 ottobre 2003

Se otto cantoni sono contro gli sgravi fiscali, altri li sostengono.

I cantoni apertamente schierati per la riduzione delle tasse sono a tutt’oggi sette: Svitto, Turgovia, Basilea Campagna, Lucerna, Zugo, Argovia e Neuchâtel.

Questi cantoni godono di una situazione finanziaria relativamente buona e di un certo margine di manovra verso i propri comuni.

Sull’altro versante, fra i promotori, ci sono i cantoni con più problemi finanziari. Già giugno – cinque giorni prima della votazione finale alle Camere – il governo dal canton Berna, aveva invitato tutti i suoi rappresentanti a respingere la legge.

Il Cantone infatti si troverebbe a fare i conti dal 2010 con 250 milioni di franchi in meno. Anche ai comuni bernesi verrebbero a mancare 100 milioni annui. Una situazione difficile per il cantone con una pressione fiscale fra le più alte in Svizzera.

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