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Un referendum inedito

Gli emblemi della Confederazione e dei cantoni nella cupola di Palazzo federale swissinfo.ch

“Così perdiamo troppi soldi!”, hanno esclamato quasi all’unisono i cantoni dopo l’approvazione del pacchetto fiscale 2001 da parte del parlamento federale.

I più coraggiosi hanno brandito l’arma del referendum cantonale, uno strumento che esiste dal 1874, ma che non è mai stato utilizzato.

Almeno 2 miliardi di franchi: a tanto ammonterebbero, secondo le stime dei cantoni, le minori entrate per cantoni e comuni in seguito al pacchetto fiscale 2001, approvato il 20 giugno scorso dalle camere federali.

Di che far accapponare la pelle a molti direttori delle finanze cantonali, già provati dal difficile compito di far quadrare i bilanci cantonali in un periodo di recessione.

I cantoni insorgono

È il caso ad esempio del canton Berna: il parlamento cantonale aveva votato un piano di risparmi dell’ammontare di 200 milioni di franchi. Ora il piano sarà spazzato via dal pacchetto fiscale federale, che al cantone potrebbe costare tra i 250 e i 260 milioni di franchi (e altri 90 milioni ai comuni).

Ai cantoni non piacciono soprattutto gli sgravi per i proprietari di immobili. La versione del pacchetto fiscale approvata dalle camere prevede la soppressione dell’imposizione sul valore locativo, ma – al contrario di quanto proposto dal governo – mantiene le detrazioni per la manutenzione e le ipoteche, favorendo così doppiamente i proprietari di immobili.

Il giorno stesso della votazione finale in parlamento sul pacchetto fiscale, la Conferenza dei governi cantonali ha perciò alzato la voce, annunciando di voler valutare la possibilità di ricorrere al referendum cantonale.

Uno strumento inedito

L’annuncio ha suscitato una certa sensazione. Lo strumento del referendum cantonale, che prevede la possibilità di sottoporre a votazione popolare una legge su richiesta di almeno otto cantoni, è stato inserito nella Costituzione federale nel 1874. Da allora non è mai stato utilizzato.

“Il referendum cantonale è nato per proteggere i cantoni”, spiega Pascal Sciarini, politologo alle università di Ginevra e Losanna. “Ma si tratta di un corpo estraneo in un sistema di democrazia diretta. Non è un diritto popolare”.

Se in passato non si è fatto ricorso al referendum cantonale, nonostante ci siano stati dei tentativi di farlo, è certo perché la procedura è alquanto complicata. “Nella maggior parte dei cantoni, l’ultima parola sul referendum spetta al parlamento, in alcuni addirittura al popolo”, ricorda Sciarini.

Ma perché si fa ricorso proprio ora a questo strumento? “Vi è una serie di motivi di tensione tra cantoni e Confederazione, in questo momento. I cantoni hanno l’impressione di essere ignorati sul piano dei rapporti con l’Europa, sono stati costretti ad esprimersi in tempi molto brevi sul piano di risparmi della Confederazione. La decisione sul pacchetto fiscale è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.”

Il tempo stringe

Pascal Sciarini è piuttosto ottimista sul fatto che il referendum riesca. “Per noi politologi sarebbe un avvenimento molto interessante, perché crea un precedente”.

La strada è però ancora in salita. È vero che ben 16 governi cantonali sostengono la proposta referendaria, ma nella maggior parte dei cantoni l’ultima parola spetta ai parlamenti cantonali.

Per riuscire, il referendum deve raccogliere l’adesione di almeno otto cantoni entro il 9 ottobre prossimo. Un insuccesso sarebbe un duro colpo per l’immagine dei cantoni. Anzi, “un disastro”, come si è espresso all’inizio di agosto sul quotidiano “Der Bund” Kurt Stalder, segretario della Conferenza dei direttori cantonali delle finanze.

Dilemmi borghesi e scetticismo di sinistra

Oltretutto, i fautori del referendum devono fare i conti con il clima poco favorevole della campagna per le elezioni federali d’autunno.

È assai difficile in un anno elettorale convincere i deputati borghesi – maggioritari nei parlamenti cantonali – ad opporsi ad un pacchetto fiscale che comprende sgravi per le famiglie e per i proprietari di case.

A sinistra, c’è chi è molto scettico sulle possibilità del referendum cantonale di giungere in porto. Verdi e sinistra non socialista hanno deciso a inizio luglio di lanciare per conto loro un referendum “convenzionale”. Sul pacchetto fiscale si voterà perciò quasi di certo.

swissinfo, Andrea Tognina

Un referendum cantonale può essere lanciato da un minimo di 8 cantoni
Il termine per il referendum sul pacchetto fiscale è il 9 ottobre

In giugno le camere federali hanno approvato il pacchetto fiscale 2001. Gli sgravi riguardano le famiglie, i proprietari di immobili e la tassa di bollo.

Il gettito dell’imposta federale diretta dovrebbe diminuire di circa 2 miliardi di franchi (600 milioni di franchi nella quota destinata ai cantoni). I cantoni perderebbero inoltre tra gli 1,1 e gli 1,3 miliardi di gettiti delle imposte cantonali.

Particolarmente contestata è la scelta dei parlamentari federali di abolire l’imposizione sul valore locativo, mantenendo nel contempo – al contrario di quanto chiedeva il governo – le detrazioni per i lavori di manutenzione e per le ipoteche. Un regalo fatto ai proprietari di immobili che peserebbe in modo significativo sulle finanze cantonali.

La Conferenza dei governi cantonali ha perciò deciso di ricorrere al referendum cantonale, uno strumento creato con la revisione della Costituzione del 1874, ma mai utilizzato.

Otto cantoni possono chiedere che una legge federale sia sottoposta al voto popolare.

Cinque (Berna, Grigioni, San Gallo, Soletta e Vallese) hanno già deciso di farlo. Altri 11, dopo il sì dei rispettivi Consigli di Stato, attendono che pure i loro parlamenti prendano posizione.

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