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All’ombra del muro in Cisgiordania

Israele e la Cisgiordania, in mezzo un muro Ali Dalal

Quando nel 1989 cadeva il muro di Berlino, molti pensavano che l’era delle barriere fosse ormai superata. Dal 2003, però, un nuovo muro è eretto attorno alla Cisgiordania. Stefan Ziegler documenta per l’ONU gli effetti di questa barriera sulla vita dei palestinesi.

Vedendo il muro che divide Israele dalla Cisgiordania, molti visitatori pensano subito a Berlino. Altri – come il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi – affermano invece di non notarlo nemmeno. Israele, dal canto suo, parla ufficialmente di «barriera di sicurezza».

Per chi vive a Betlemme, Gerusalemme e Ramallah i blocchi di cemento armato alti fino a otto metri sono un muro, che divide strade, campi, quartieri e soprattutto uomini.

Il governo israeliano ha preso la decisione di costruire la barriera nel 2002, per proteggersi dagli attacchi dei militanti palestinesi. La lunghezza complessiva è di 700 chilometri. Oltre la metà del tracciato è già stata completata.

«Da quando è iniziata la costruzione, la sensazione di sicurezza tra gli israeliani è sicuramente aumentata. Tuttavia per i palestinesi il prezzo da pagare è enorme», afferma Stefan Ziegler, responsabile del progetto Barrier Monitoring Unit (BMU), che abbiamo incontrato nel suo ufficio di Ramallah. «Riteniamo che il muro abbia un impatto sulla vita di circa mezzo milione di palestinesi».

Un muro illegale

Nel 2004 la Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha sentenziato che l’innalzamento della barriera viola le norme internazionali.

Ciò che è illegale non è tanto la costruzione del muro in sé, quanto il fatto che l’85% del tracciato della barriera si trovi all’interno della Cisgiordania. I palestinesi perdono in questo modo il 10% circa del loro territorio, tra cui preziosi terreni agricoli.

«Immaginatevi di essere un agricoltore che coltiva olive. Improvvisamente le forze di occupazione decidono che tra la vostra casa e i vostri campi verrà eretto un muro».

Un muro che per praticamente 12 mesi all’anno vi impedirà di accedere ai terreni per potare o irrigare le piante, prosegue il responsabile di progetto.

«Se avete fortuna e avete ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie, durante il periodo di raccolta potrete forse ammassare le olive, senza però utilizzare il trattore o il carro. Se vi va male, non potrete avvicinarvi ai vostri ulivi oppure non crescerà più nulla, poiché per gli altri 355 giorni non li avete potuti curare».

Tagliati fuori da Gerusalemme

Il sistema instaurato negli ultimi anni da Israele è complesso. Il tracciato del muro nella parte orientale di Gerusalemme ne è un buon esempio.

Per Israele, Gerusalemme è la capitale unica ed eterna dello Stato ebraico. Alcuni paesi però, tra cui gli Stati Uniti, hanno la loro sede diplomatica a Tel Aviv, poiché per l’ONU, l’Unione Europea e molti altri Stati, Gerusalemme appartiene sia a Israele che ai palestinesi. Fin qui la teoria.

In pratica Israele ha annesso Gerusalemme Est nel 1967 e il muro è costruito attorno alla città. In questo modo, i circa 200’000 palestinesi che vivono nella città santa vengono di fatto separati dal loro entroterra, la Cisgiordania. Inoltre gli abitanti della Cisgiordania sono tagliati fuori dal centro spirituale, culturale ed economico della Palestina.

«Il muro non attraversa solo uliveti e villaggi, ma taglia in due anche interi settori di Gerusalemme Est», osserva Stefan Ziegler.

Vita impossibile

«In questo modo migliaia di persone si trovano improvvisamente sul lato ‘sbagliato’ del muro e devono pazientare ore per poter andare in ospedale o semplicemente a scuola». Perdere il proprio lavoro perché si arriva in ritardo o non si arriva del tutto è all’ordine del giorno.

Non sempre è una questione di vita o di morte. Quasi sempre, però, si rende la vita impossibile alla gente.

Secondo Stefan Ziegler, dei villaggi che fino a pochi anni fa esportavano frutta e verdura fino in Arabia Saudita, oggi dipendono dalle razioni messe a disposizione dal Programma alimentare mondiale.

«È per questa ragione che siamo qui. Osserviamo, analizziamo e pubblichiamo i nostri dati, poiché ciò che non è documentato, non esiste. E ciò che non esiste non viene percepito».

Una sensazione che Ziegler ha vissuto quando era adolescente a Berlino. Nonostante sapesse che la metropoli era divisa da un muro, si è potuto rendere conto solo sul posto di cosa significasse vivere in una città separata in due.

Come a Berlino nel 1982, a Ramallah nel 2011 Stefan Ziegler può spostarsi da un lato all’altro del muro senza impedimenti. Un privilegio negato alla maggior parte dei palestinesi. Chi vive in Cisgiordania, può viaggiare a Gerusalemme solo se ha un permesso di lavoro. L’autorizzazione è però talmente difficile da ottenere che molte aziende israeliane, che in precedenza impiegavano palestinesi, oggi fanno capo a lavoratori thailandesi.

«Il mio lavoro è gratificante, ma nello stesso tempo molto deprimente», afferma Ziegler. «Vent’anni dopo la caduta del muro di Berlino, chi avrebbe mai pensato che ne sarebbe stato eretto un altro per dividere uomini da altri uomini».

La BMU è stata creata nel marzo 2010 ed è collegata all’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi.

Questa unità collabora con partner locali, come l’Università Bir Zeit di Ramallah e l’Ufficio centrale di statistica dell’Autorità palestinese.

Tra i finanziatori del progetto vi è anche la Direzione dello sviluppo e della cooperazione, che ha versato 1,5 milioni di dollari.

Il progetto ha una durata di tre anni. Una volta scaduto questo termine sarà portato avanti da partner locali e internazionali.

Stefan Ziegler, 45 anni, è responsabile del progetto Barrier Monitoring Unit dal 2010

In precedenza ha lavorato per l’UNRWA e il Comitato internazionale della Croce Rossa.

Per 10 anni ha gestito anche due ristoranti in Irlanda.

Stefan Ziegler è venuto a conoscenza del progetto di costruire un muro nel 2002, quando in Cisgiordania vide affisso su un ulivo un volantino che avvertiva che in quel luogo sarebbe presto sorta una recinzione. All’epoca, però, nessuno sapeva esattamente in cosa consistesse la recinzione.

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