Tutti i prigionieri politici del paese, in particolare la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi, vanno liberati in modo immediato e incondizionato. Lo chiede la Svizzera dopo il trasferimento in carcere del premio Nobel per la pace.
Questo contenuto è stato pubblicato al
1 minuto
Berna si dice «seriamente preoccupata» per il deterioramento dello stato di salute di Aung San Suu Kyi e per il suo trasferimento in carcere, indica una nota odierna del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).
Il Consiglio federale è inoltre seriamente costernato per il fatto che i civili continuino ad essere arrestati e imprigionati in Myanmar (ex Birmania) a causa del semplice esercizio pacifico dei diritti di libertà di espressione, si legge nel comunicato.
Il governo elvetico disapprova l’aumento dei prigionieri politici, il cui numero è salito ad oltre 2’000. «Questa prassi costituisce una grave violazione dei diritti umani e si ripercuote negativamente sulla pace e sulla riconciliazione nazionale» nell’ex Birmania.
Accusata di aver ospitato illegalmente un cittadino americano, Aung San Suu Kyi, Nobel per la pace nel 1991, rischia 5 anni di carcere per violazione del regime sugli arresti domiciliari. I suoi sostenitori accusano il governo birmano di aver cercato un pretesto per rimettere in carcere la leader dell’opposizione, il cui periodo agli arresti domiciliari si sarebbe dovuto concludere il 27 maggio.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.
Per saperne di più
Altri sviluppi
Birmania: niente compromessi sui diritti umani
Questo contenuto è stato pubblicato al
L’8 agosto 1988 il mondo (ri)scopriva l’esistenza di un paese rimasto isolato per decenni. Lo faceva nel modo più terribile, captando le notizie frammentarie che parlavano di un massacro nelle strade di Rangoon (oggi Yangon). La giunta militare era intervenuta con forza per reprimere le dimostrazioni degli studenti e dei monaci, scesi in strada in…
Questo contenuto è stato pubblicato al
Il generale Than Shwe, comandante della giunta militare birmana, ha deciso – stando a quanto comunicato dopo l’incontro di venerdì dal segretario generale dell’Onu Ban ki-moon – di consentire agli operatori umanitari stranieri di recarsi nel paese. La Croce rossa svizzera ha affermato che si tratta di certamente di una buona notizia, pur mantenendo una…
Questo contenuto è stato pubblicato al
A undici giorni dal devastante ciclone che ha spazzato la capitale Yangon e il delta dell’Irrawaddy, il numero delle vittime in Birmania non cessa di crescere. Secondo l’ultimo bilancio ufficiale, i morti e i dispersi sono oltre 60’000. Molti di più per gli osservatori internazionali, che avanzano la stima di 100’000 persone. Tuttavia, nonostante la…
Questo contenuto è stato pubblicato al
La Birmania si ritrova nel caos dopo il passaggio del terribile ciclone, che ha ha provocato la morte di almeno 25’000 persone e ha lasciato ai limiti della sopravvivenza oltre un milione e mezzo di abitanti. La politica di chiusura verso il mondo adottata dalla giunta al potere ostacola gli aiuti proposti dalla comunità internazionale.
Non è stato possibile registrare l'abbonamento. Si prega di riprovare.
Hai quasi finito… Dobbiamo verificare il tuo indirizzo e-mail. Per completare la sottoscrizione, apri il link indicato nell'e-mail che ti è appena stata inviata.
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.