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Il capo dell’esercito passa al contrattacco

Davanti alla stampa Nef ha parlato di avvelenamento del clima delle istituzioni e di attacchi alla sua sfera privata Keystone

Roland Nef porterà in tribunale chi ha pubblicato dettagli sulla denuncia per molestie – poi archiviata – mossagli dalla sua ex compagna. Tra politica e errori di comunicazione, il caso rischia di travolgere il ministro della difesa Schmid.

Samuel Schmid sembra aver scelto la strategia del silenzio. Non così Roland Nef, che di fronte alla campagna mediatica di cui si sente vittima, ha deciso di uscire allo scoperto.

Nel corso di una conferenza stampa tenuta giovedì a Berna – alla quale si è presentato in civile – il capo dell’esercito ha detto che no, non intende dimettersi. Ammette però di non aver agito sempre «in modo ragionevole»: la fase di distacco, dopo «una relazione d’amore intensa», gli ha creato qualche difficoltà.

Riconosce anche di aver concluso un accordo con la sua ex compagna e di averle versato – come previsto dalla legge – un’indennità che ha portato all’archiviazione dell’inchiesta.

Nef, però, non intende rivelare l’ammontare della somma, né altri dettagli. Ma soprattutto non è disposto ad accettare che i giornali, in particolare il Blick, continuino a infrangere la sua sfera privata come hanno fatto nei giorni scorsi. Nei confronti del quotidiano zurighese, il capo dell’esercito ha sporto denuncia per delitti contro l’onore. Secondo Nef, scrivere che avrebbe «pagato» per «mettere a tacere» la sua vittima non è altro che un tentativo di diffamazione.

È dello stesso avviso il giurista Peter Studer, che per anni è stato presidente del Consiglio svizzero della stampa. Per Studer, quello che è successo tra Nef e la sua ex compagna fa parte della sfera privata; per questo, la denuncia è giustificata. Ora spetterà alla giustizia stabilire se, in questo caso, l’interesse pubblico prevalesse su quello privato delle persone coinvolte.

Il ministro della difesa come bersaglio

Per Studer, il nocciolo della questione non è rappresentato tanto dal conflitto tra Nef e la sua ex compagna, quanto dalla decisione di Samuel Schmid di non informare i colleghi di governo in merito all’inchiesta in corso al momento della nomina di Roland Nef a capo dell’esercito.

Schmid non ha ancora spiegato il perché di questa sua scelta. È probabile che ritenesse la faccenda poco rilevante. E in definitiva, a questa conclusione, è giunta anche la procuratrice pubblica di Zurigo che ha approvato l’archiviazione dell’inchiesta. Ma quello che il ministro della difesa non ha considerato è che un giorno questa omissione avrebbe fornito ai suoi nemici un buon pretesto per attaccarlo.

Da dicembre, dopo la non rielezione di Christoph Blocher in governo, l’Unione democratica di centro (UDC) gli ha voltato definitivamente le spalle: il partito ha deciso di non considerare né lui, né Eveline Widmer-Schlumpf – eletta al posto di Blocher – come suoi ministri. La crisi è sfociata nella creazione di una nuova formazione politica, il Partito borghese democratico, alla quale hanno aderito sia Schmid, sia Widmer-Schlumpf.

Il caso Nef è scoppiato poco dopo questo sviluppo e poco dopo due incidenti che già avevano inferto duri colpi al Dipartimento federale della difesa: la tragedia sul fiume Kander, in cui hanno perso la vita cinque militari, e il soldato ferito da un colpo partito accidentalmente dalla sua arma mentre era di guardia.

Forse non si saprà mai chi ha dato le informazioni alla SonntagsZeitung, il primo giornale a sollevare il caso Nef, né con che intenzioni l’ha fatto. Di certo c’è che il democentrista Toni Bortoluzzi ha già chiesto le dimissioni di Schmid e che quest’ultimo dovrà dare delle spiegazioni ai suoi colleghi di governo e al parlamento.

Comunicazione carente

Per l’esperto di comunicazione Iwan Rickenbacher, intervistato dal Tages Anzeiger, «adesso tutte le informazioni devono essere messe sul tavolo». In caso contrario, non sarà possibile fermare sospetti e illazioni.

I dettagli dati col contagocce dalla stampa innescano una serie d’interrogativi – e di ipotesi – difficili da evitare. Non appena si è saputo che c’era stata un’inchiesta nei confronti di Nef, qualcuno si è domandato se in gioco non ci fosse della violenza domestica. Quando si è parlato di indennità, ci si è chiesti se il pagamento non fosse avvenuto per mettere a tacere la vittima e salvare una carriera.

Un errore – sottolinea Rickenbacher – non significa la fine di una carriera politica o, nel caso di Nef, professionale. «Basta pensare alla sindaca di Neuchâtel», Valérie Garbani, che ha avuto problemi di alcol e di violenza domestica subita e che in campagna elettorale ne ha parlato apertamente. «Tutti sapevano dei suoi problemi e l’hanno rieletta».

Per quanto riguarda la nomina di Nef, Schmid avrebbe sottovalutato i rischi. Per Rickenbacher, avrebbe dovuto aspettare fino al momento dell’archiviazione dell’inchiesta. A quel punto avrebbe potuto procedere alla nomina e contemporaneamente informare l’opinione pubblica di un procedimento ormai archiviato.

swissinfo, Doris Lucini

Su proposta del ministro della difesa Samuel Schmid, l’8 giugno 2007 il Consiglio federale ha nominato Roland Nef capo dell’esercito. La nomina è stata salutata con favore da più parti.

Non si sapeva però che in quel momento, nei confronti di Nef, era in corso un’inchiesta penale. Nel settembre del 2006, la sua ex compagna lo aveva denunciato per molestie. Stando alle indiscrezioni dei giornali, Nef l’avrebbe tormentata con telefonate, SMS e messaggi di posta elettronica.

Schmid era informato dei fatti, ma non ha messo al corrente il Consiglio federale. Il ministro della difesa aveva ricevuto da Nef l’assicurazione che l’inchiesta sarebbe stata archiviata prima della sua entrata in carica, prevista per il 1° gennaio 2008.

L’archiviazione è avvenuta nell’autunno del 2007, in seguito ad una «dichiarazione di disinteresse» della vittima e al pagamento di un indennizzo da parte di Nef, come previsto dall’articolo 53 del codice penale.

Il caso Nef – portato alla ribalta dalla SonntagsZeitung il 13 luglio – potrebbe avere conseguenze gravi per Samuel Schmid. I suoi nemici, primi fra tutti gli ex colleghi di partito dell’Unione democratica di centro, chiedono le sue dimissioni.

Gli altri partiti, che non hanno interesse a sostituire Schmid, si limitano a criticare Nef. Rappresentanti dei socialisti e dei verdi ne hanno chiesto le dimissioni.

Al ministro della difesa viene rimproverato di non aver informato il governo. Critiche anche per il suo attuale comportamento: Schmid è in vacanza, non rilascia dichiarazioni e parlerà ufficialmente con i suoi colleghi di governo soltanto il 20 agosto, nella prima riunione dopo la pausa estiva.

Il caso Nef è solo l’ultimo di una serie di problemi che hanno indebolito la posizione di Schmid. I più recenti sono l’incidente sul fiume Kander e i colpi partiti accidentalmente in due casi a posti di guardia. Come per Nef, anche in quest’ultimo caso, non è stato il Dipartimento della difesa a informare per primo l’opinione pubblica, ma un quotidiano.

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