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Il governo svizzero vuole… governare

La presidente della Confederazione Doris Leuthard presenta le linee della riforma governativa Keystone

Prolungare il mandato presidenziale di un anno e aumentare i segretari di stato: attorno a queste modifiche ruoterà il progetto di riforma governativa che l'esecutivo elvetico trasmetterà alle Camere entro l'estate. L'obiettivo è di rafforzare rappresentatività e conduzione politico-strategica.

Mentre il mondo è profondamente cambiato e i problemi da affrontare si sono moltiplicati e sono diventati sempre più complicati, le strutture del governo svizzero sono rimaste praticamente immutate dal 1848, quando è stato fondato lo Stato federale, ha ricordato giovedì la presidente della Confederazione Doris Leuthard illustrando ai giornalisti le linee della riforma decise mercoledì, in una seduta di clausura, dall’esecutivo.

Necessità di riforme erano già emerse sin dalla fine degli anni ’90, ma i tentativi di cambiamenti erano naufragati. Ora però “i tempi sono maturi”, ha proseguito la Leuthard, osservando che la mondializzazione e la crisi hanno evidenziato questo bisogno e che le esperienze degli ultimi tempi hanno anche consentito di trarre delle lezioni.

Le relazioni della Svizzera con l’estero hanno assunto un ruolo di primo piano. Così si è fatta sentire l’esigenza di rafforzare la rappresentatività del o della presidente della Confederazione. È molto importante “tessere e mantenere i contatti”, poiché essi sono fondamentali per trovare soluzioni nelle situazioni straordinarie, ha affermato la ministra di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf.

Più a lungo, ma non più poteri

Per questo il Consiglio federale è convinto che un anno di mandato per la presidenza della Confederazione non basti: ne occorrono due. Il governo esclude invece un mandato per tutti i quattro anni di legislatura, poiché “non sarebbe compatibile con il sistema della concordanza”, ha precisato Doris Leuthard.

Le modalità dettagliate di questa modifica non sono ancora state decise. Bisognerà per esempio stabilire se il presidente sarà eletto dal parlamento o dal governo. Occorrerà pure fare in modo che un partito o una regione linguistica non “monopolizzino” la presidenza. Comunque il mandato della vicepresidenza resterebbe annuale e sarebbe ancora ricoperto con il sistema di rotazione in ordine di anzianità dei membri del governo.

Al presidente non sarebbero conferiti poteri supplementari: resterebbe primus inter pares come finora. Non ci sarebbe dunque alcuna rivoluzione che trasformerebbe la Svizzera in una “Confederazione presidenziale”.

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Concordanza

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Sette resta il numero perfetto

Il Consiglio federale ha d’altra parte scartato l’idea di creare un dipartimento presidenziale o di vincolare la carica a un dipartimento, preferendo un rafforzamento dello stato maggiore della presidenza. Quel che conta è avere un sostegno amministrativo forte, ha indicato Eveline Widmer-Schlumpf. Una regola che vale per l’intero governo e che si traduce nella proposta di aumentare il numero dei segretari di stato.

A costoro sarebbero affidati compiti tecnici, sia nella gestione dei dipartimenti sia nei rapporti con il parlamento, in modo da sgravare il governo e permettergli di concentrarsi sulla conduzione politica. “Sarà sempre il capo del dipartimento che avrà la responsabilità politica”, ha puntualizzato la presidente della Confederazione, precisando che non è affatto negli intenti dell’esecutivo estraniarsi dal legislativo. Al contrario, il governo cerca “una fruttuosa collaborazione con il parlamento”.

Il numero dei segretari di stato non è ancora stato fissato. Potrebbero essere otto o anche dieci, ha ipotizzato Eveline Widmer-Schlumpf. Il governo discuterà più in dettaglio della questione dei segretari di stato parallelamente alla riforma dei dipartimenti.

Il Consiglio federale vuole invece che il numero dei ministri resti invariato. Sette è il numero ideale per il buon funzionamento di un governo collegiale, ha affermato Doris Leuthard. Se fossero aumentati a nove – come proposto da più parti, anche per garantire al Ticino di avere sempre un rappresentante nel governo svizzero -, “diventerebbe molto più complicato”, ha argomentato la ministra dell’economia.

Portando il numero dei consiglieri federali a nove non si sgraverebbe il governo da tutta la mole di compiti tecnici, ha aggiunto Eveline Widmer-Schlumpf.

“La volontà del collegio governativo è di ottimizzare il proprio lavoro, di essere più efficiente e di avere più influsso” sulle sorti della Svizzera, ha sintetizzato Doris Leuthard.

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Consiglio federale

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Reazioni tiepide

Le proposte governative non hanno tuttavia scatenato molto entusiasmo fra i più grandi partiti. Secondo l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), “i problemi strategici non vengono affatto risolti”. Al contrario, si accentuerebbero “gli squilibri, l’orientamento verso l’estero e il ruolo della burocrazia”. Per avere personalità forti in governo è necessaria un’elezione popolare, scrive in un comunicato il più grande partito della Svizzera, che ha lanciato un’iniziativa popolare proprio per fare eleggere direttamente dal popolo il Consiglio federale.

Sul fronte socialista, il deputato nazionale Andreas Gross giudica la riforma un “grande progresso” in confronto all’immobilismo del passato. Tuttavia resta una riforma minimalista e senza coraggio, ha indicato all’agenzia di stampa ATS, auspicando che anche in futuro il presidente della Confederazione sia eletto dal parlamento.

Anche per il presidente dei Verdi Ueli Leuenberger, “il progetto è poco coraggioso”. Ben più importante sarebbe aumentare a nove i ministri: in tal modo si potrebbero integrare meglio le regioni linguistiche, osserva.

Al centro, “piuttosto soddisfatto” il Partito liberale radicale: secondo il portavoce Philippe Miauton, con tale riforma il governo diventerebbe più lungimirante. Per il Partito popolare democratico, il rafforzamento della presidenza è positiva, ma non ancora sufficiente. I segretari di stato dovrebbero inoltre essere confermati dal parlamento, ha osservato la portavoce Marianne Binder.

Sonia Fenazzi, swissinfo.ch

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Iniziativa popolare

Questo contenuto è stato pubblicato al L’iniziativa popolare permette ai cittadini di proporre una modifica della Costituzione. Per essere valida, deve essere sottoscritta da almeno 100’000 aventi diritto di voto nello spazio di 18 mesi. Il Parlamento può decidere di accettare direttamente l’iniziativa. Può pure rifiutarla o preparare un controprogetto. In ogni caso viene comunque organizzato un voto popolare. Per essere…

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È dagli anni 1990 che in Svizzera si cerca di realizzare una riforma governativa.

1990: Il governo incarica un gruppo di lavoro di elaborare delle proposte. Si pensa tra l’altro ad un aumento del numero di consiglieri federali o alla creazione di un gabinetto ministeriale con segretari di stato.

1993: l’esecutivo propone al parlamento di istituire sino a 21 posti di segretario di stato per alleviare il lavoro governativo.

1995: il parlamento adotta un progetto che prevede al massimo 10 segretari di stato.

1996: questo primo progetto di riforma è respinto in votazione popolare con una maggioranza del 61%.

1998: il governo rilancia la discussione. Sul tavolo due modelli: un governo da sette a nove membri con un dipartimento presidenziale o un governo a due cerchi.

2001: il Consiglio federale trasmette al parlamento il progetto di “governo a due cerchi”. Si tratta di fiancheggiare ogni consigliere federale di un ministro delegato competente per settori specifici.

2003: la Camera dei Cantoni preferisce un aumento del numero dei consiglieri federali da sette a nove.

2004: il parlamento rinvia il tutto al Consiglio federale invitandolo a fare nuove proposte, in particolare per aumentare l’efficacia dell’amministrazione.

2008: il Consiglio federale rinuncia a riorganizzare i dipartimenti. Fine dei progetti di “super dipartimento” della sicurezza o del raggruppamento della formazione in un solo dicastero.

2009: su pressione del parlamento, il Consiglio federale rilancia la riforma del governo. Auspica di prolungare la durata della funzione di presidente della Confederazione.

Febbraio 2010: l’UDC lancia un’iniziativa popolare che chiede l’elezione del Consiglio federale tramite una votazione popolare.

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