Prospettive svizzere in 10 lingue

La crisi, il futuro e le due patate nell’orto

AFP

Per Sandro Lombardi, direttore dell'Associazione industrie ticinesi, la crisi è virulenta. Anche in Ticino. Che fare? Reagire migliorando la forza competitiva. Ma prima ci si deve liberare della finanza tossica.

Nel suo ufficio di Lugano è rincorso da continue telefonate. Stanco ma sereno, si appresta a lasciare la direzione dell’Associazione industrie ticinesi (AITI) a fine mese. Corteggiatissimo, per ora si limita a rifiutare le offerte di lavoro. Con un occhio attento alla crisi e con uno sguardo molto critico sulla finanza generatrice di un vero e proprio buco nero.

Il modo migliore per rispondere alla crisi è, secondo Lombardi, rafforzare quanto possibile la forza competitiva. Per essere in forma, e magari più degli altri, quando sarà il momento di ripartire. Senza complessi e senza temere la vicina Italia.

Intanto in Ticino la crisi si misura, quasi quotidianamente, in termini di licenzimenti e/o di riduzione del tempo di lavoro, mentre il governo ha allesitito un piano anti-crisi di 64 misure. Intervista.

swissinfo: Perché le relazioni tra Ticino e Italia sono così complicate?

Sandro Lombardi: Se dovessimo sovrapporre l’economia privata svizzera a quella italiana, ci renderemmo conto che l’intraprendenza italiana è spesso superiore; mi passi l’espressione: o sei uno spermatozoo che viaggia velocissimo o altrimenti non funziona. Se invece si sovrapponesse l’ente pubblico e la società che ci sta attorno, stravincerebbe la Svizzera.

La forza competitiva delle imprese italiane è esagerata, perché deve combattere aspetti burocratici di varia natura, superiori all’inimmaginabile. Questo è il motivo principale per cui la concorrenza vissuta da un’impresa svizzera in territorio italiano è sentita, secondo noi operatori industriali, in modo epidermicamente diverso a dipendenza del settore.

La grande distribuzione ha imparato a sopravvivere e i grandi distributori svizzeri stanno pensando, ormai da qualche anno, ad attaccare il mercato italiano. È un progetto che si rimanda di anno in anno, ma prima o poi diventerà realtà. Gli industriali già lo fanno, perché se così non fosse l’Italia non sarebbe diventata il secondo mercato dell’industria cantonale.

Hanno invece più difficoltà a misurarsi con la concorrenza coloro che hanno un radicamento molto forte nel nostro territorio, come l’artigianato e le professioni legate all’edilizia. Un radicamento che è quasi come un cordone ombelicale che impedisce il distacco e di guardare un po’ più lontano.

swissinfo: In occasione dell’ultima votazione sulla libera circolazione delle persone, il principio della reciprocità ha tenuto banco, eppure i ticinesi che desiderano lavorare in Italia non sembrano molti. Quale il peso effettivo della reciprocità?

S.L.: Se rimaniamo nel campo delle supposizioni, può valere tutto, compreso pensare che la reciprocità sia stata solo una scusa. Ma siccome a me piace confrontarmi con la realtà e con fatti concreti, se ci sono oggettivi problemi di reciprocità, anche gli industriali che non li vivono, desiderano risolvere questa questione.

Perché non riguarda solo una campagna per una votazione popolare, per cui quando passa si tira un sospiro di sollievo e si ringrazia – tanto per essere chiari – la Svizzera tedesca. Si tratta di poter lavorare tutti i giorni senza sentire le lamentele continue e ossessive. Se dunque c’è un problema va risolto, poiché il futuro della nostra economia è nell’apertura. Il Ticino si trova nella zona più favorevole di tutto il continente europeo. Chi non l’avesse ancora capito, non si è reso conto in che mondo stiamo vivendo.

swissinfo: La Svizzera tedesca si rende in parte conto della specificità ticinese, ma pensa che i ticinesi si lamentino comunque un po’ troppo. Dall’osservatorio dell’industria che cosa si vede?

S.L.: Provo a ribaltare la domanda: è con grande fastidio che viviamo questa condizione. È vero che il Ticino ha le sue specificità e spesso ha difficoltà ad essere capito. Ma proprio perché in funzione di questo ci si può mettere tutto, alla fine diventiamo eccessivamente lamentosi, per cui il messaggio non passa in nessun rivolo.

L’industria non è una casta diversa. L’industria ha dovuto capire prima di altri settori economici, che esportare merce era l’unica possibilità di sviluppo, dal momento che il mercato domestico, o nazionale, è di dimensioni ridicole. L’industria ticinese ha dunque dovuto aprirsi ai mercati esteri, a cui è diretta l’80% della produzione. Il primo mercato è la Germania, seguito da Italia e Francia.

Ciò dimostra che quando devi vivere la concorrenza in un certo modo, se ti attrezzi la puoi anche vincere. E se lo fa l’industria, possono farlo anche le imprese di altri settori.

swissinfo: L’economia ticinese è sufficientemente attrezzata per affrontare questa crisi?

S.L.: Rispetto a vent’ anni fa, in Ticino le qualità delle aziende sono costantemente migliorate, ma il tessuto economico rimane prevalentemente costituito da un’industria di sotto fornitura. Sono poche le aziende che hanno un prodotto finito. La maggior parte di esse producono componenti di altissimo livello tecnologico per una clientela molto ridotta al mondo, composta spesso da sole quattro o cinque società.

Di fronte ad una crisi come questa, ti crolla però il mondo addosso. Perché il tuo cliente, che è presente sul mercato e che è confrontato con un calo di ordinazioni, non ti chiede più niente e quindi la crisi la subisci direttamente anche tu. E non puoi fare niente, perché al mondo non esiste una sesta società che ha bisogno di te.

I piani anti-crisi possono servire a tamponare qua è là. Ma la crisi è molto virulenta e siamo nel mezzo di un enorme pasticcio. Occorre al più presto liberarsi di tutto il tossico finanziario in circolazione, dopo di che si potranno immaginare piani di ristrutturazione più coraggiosi e intelligenti. Sono severo, lo so. Ma la realtà è davvero durissima.

swissinfo: Ci attendono tempi bui?

S.L.: Una cosa è certa: la finanza non può pensare di produrre utili mirabolanti se non facendo parallelamente anche scemenze. Le banche devono liberarsi di tutto il tossico che hanno in pancia. Ma nessuno sa esattamente a quanto ammonta la massa tossica. Si parla di mille miliardi di dollari, ma potrebbero essere anche 20 mila miliardi di dollari. Se così fosse, allora il mondo intero sarebbe in bancarotta.

Il contadino che abita dietro casa mia, che mi vede uscire ogni mattina per andare al lavoro, quando fuori è ancora buio, mi dice: “Sandro, due patate nell’orto le ho messe anche per te”. Parole semplici, è vero, ma che fanno riflettere sul senso delle cose.

Intervista swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

Applicazione degli accordi bilaterali con l’Italia e mancanza di reciprocità per le aziende ticinesi: il Consiglio federale vuole vederci chiaro, dopo la votazione dello scorso febbraio sulla libera circolazione delle persone.

Lunedì l’ambasciatrice Monika Rühl Burzi sarà a Bellinzona per compren­dere e documentare i problemi. Incontrerà le autorità ticinesi e i rap­presentanti del mondo economico e sindacale.

A capo del settore “relazioni economiche bilaterali” della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), Monika Rühl Burzi è anche delega­ta del Consiglio federale agli accordi commerciali.

Il mese prossimo l’ambasciatrice si recherà in Lombardia con una delegazione di esperti, composta da funzionari del Dipartimento fe­derale dell’economia e del Dipartimento federale degli Affari esteri e da rappresentanti del Ticino.

Lottare contro la recessione e sostenere l’occupazione. Il governo ticinese ha presentato mercoledì 5 marzo un piano anticrisi di 158 milioni di franchi, il più importante di sempre a livello cantonale.

In proporzione il Ticino si dimostra quasi quattro volte più generoso della Confederazione, che ha stanziato recentemente 700 milioni a sostegno dell’economia.

Finora solo i cantoni di Neuchâtel e dei Grigioni hanno reagito alla crisi con pacchetti di rilancio di rispettivamente 35 e 3 milioni. Il piano ticinese di 64 misure farà “sprofondare” il cantone nelle cifre rosse: si prevede infatti un deficit budgetario annuo di circa 230 milioni.

Il pacchetto anticrisi è stato elaborato per farne approfittare numerosi attori. Comprende sgravi fiscali per le imprese, un sostegno finanziario per le famiglie monoparentali, incentivi per l’utilizzo di energie rinnovabili nonché un accesso facilitato ai prestiti. È pure previsto un sostegno mirato agli apprendisti.

Sandro Lombardi è nato nel 1951, è sposato e padre di due figlie. Diploma di ragioneria e perito commerciale. Laurea in diritto presso l’Università degli studi di Milano (tesi in diritto penale e tesina in diritto industriale).

Dopo anni importanti trascorsi al servizio di un primario gruppo finanziario internazionale con sede a Lugano e Milano (si è occupato di questioni legali e amministrative legate all’attività di fondi immobiliari orientati al finanziamento di grandi imprese industriali), nel 1985 è giunto all’Associazione industrie ticinesi (AITI), di cui dal 1989 gli è stata affidata la direzione.

È stato anche deputato in Gran Consiglio dal 1995 al 2007 per il Partito liberale radicale.

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR