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Referendum contro la revisione della legge disoccupazione

Per i propmotori del referendum la riduzione delle indennità giornaliere da 520 a 400 spinge il 12 per cento dei disoccupati prematuramente verso l’assistenza sociale Keystone Archive

Le grandi organizzazioni sindacali, il Partito socialista svizzero ed i Verdi hanno tempo fino al 18 luglio per raccolgiere le 50 mila firme necessarie.

Come promesso, i sindacati, i partiti di sinistra e le associazioni di disoccupati hanno quindi lanciato il referendum contro la terza revisione della legge federale contro la disoccupazione, che sarebbe un passo verso l’abbattimento dello Stato sociale.

La revisione è stata votata dal Parlamento nella sessione primaverile di marzo. I principali punti controversi erano: il raddoppio del periodo di contribuzione da 6 a 12 mesi occorrente per maturare il diritto alle prestazioni; la riduzione delle indennità giornaliere da 520 a 400, eccetto che per chi ha più di 55 anni d’età e nei cantoni che, con un tasso di disoccupazione superiore al 5 per cento, si accollino il 20 per cento dei maggiori costi; la soppressione del prelievo supplementare dell’1 per cento sugli alti salari annui compresi tra 106.800 e 267.000 franchi, a meno che i debiti dell’assicurazione superino i 5 miliardi di franchi.

Crisi Swissair docet

Nella conferenza stampa tenuta martedì a Berna, i promotori del referendum hanno criticato questi ed altri aspetti della nuova legge. In particolare, il presidente dell’Unione sindacale svizzera, Paul Rechsteiner, ha detto che la riduzione delle indennità giornaliere «colpisce in primo luogo i disoccupati di lungo periodo, coloro cioè che nonostante la ripresa non trovano un nuovo lavoro. La crisi Swissair e anche molte chiusure d’aziende minori, dimostrano che in questo sistema economico nessuno è protetto contro il licenziamento ed una disoccupazione di lunga durata».

Totalmente inaccettabile – secondo il presidente della Federazione svizzera dei sindacati cristiani, Ugo Fasel – è anche il raddoppio del periodo di contribuzione richiesto. Questa misura, unita alla riduzione delle indennità giornaliere, spinge «il 12 per cento dei disoccupati prematuramente verso l’assistenza sociale. Particolarmente colpiti ne risultano i lavoratori anziani, le donne, le persone con obblighi familiari, i meno qualificati, le persone con funzioni ausiliarie, i lavoratori stranieri».

Logica perversa

Contro questa «logica perversa» – come l’ha definita Rechsteiner – che danneggia chi è già economicamente debole e privilegia i ricchi, viene quindi lanciato il referendum, che trova il sostegno anche del Partito socialista e dei Verdi. Per il Ps, la vice presidente e consigliera nazionale Christine Goll ha affermato che «l’assicurazione contro la disoccupazione non è un’istituzione caritativa. Essa adempie un diritto sociale: i lavoratori versano i loro contributi ed hanno perciò diritto alle prestazioni assicurative».

E invece – secondo la signora Goll – la disoccupazione viene fatta pesare come una colpa individuale. «Ce l’ha mostrato chiaramente la crisi degli Anni Novanta, quando anche in Svizzera centinaia di migliaia di persone sono state messe sul lastrico. La solidarietà con coloro che hanno perso il lavoro e vedono con ciò messa in pericolo la propria base esistenziale, è un dovere per uno Stato sociale».

Petizione dei lavoratori stranieri

Poiché una parte importante delle persone colpite, cioè gli stranieri, non ha il diritto di voto, il comitato referendario ha deciso di dare anche a costoro la possibilità di esprimere il proprio consenso con una raccolta di firme per una petizione, redatta in otto lingue, a sostegno del referendum medesimo.

La mobilitazione che ne scaturisce dovrebbe motivare l’opinione pubblica contro questa revisione «antisociale» della legge sulla disoccupazione. Rechsteiner si dice fiducioso: precedenti votazioni hanno dimostrato «che la solidarietà con i più deboli è maggioritaria in Svizzera».

Silvano De Pietro

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