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Reti di montagna

Le montagne, laboratorio per lo sviluppo sostenibile in Europa? Keystone

La cooperazione fra regioni montane europee non è un fenomeno nuovo, ma globalizzazione e integrazione continentale ne accelerano lo sviluppo.

A Chambéry, in Francia, due giorni di convegno sulle aree montane protette in Europa.

“È importante che esistano reti di cooperazione tra regioni di montagna, in grado di reagire più in fretta della politica ai problemi comuni”, osserva lo svizzero Andreas Götz, direttore della Commissione internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra).

La Cipra, un’organizzazione non governativa fondata 50 anni fa, che raggruppa un centinaio di associazioni dell’arco alpino, è stata la promotrice della Convenzione delle Alpi, l’accordo quadro fra i paesi alpini per uno sviluppo sostenibile, firmato nel 1991.

I protocolli d’applicazione della Convenzione attendono ancora di essere ratificati. In Svizzera, saranno argomento di discussione nella sessione invernale del Consiglio degli Stati (cfr. Altri sviluppi: “Convenzione alpina: a rischio la ratifica dei protocolli”).

La montagna internazionale

La gestazione della Convenzione è per Götz un esempio lampante dei tempi lunghi della politica. “D’altra parte, l’esistenza della Convenzione è utile, serve a creare una coscienza comune”.

Il direttore della Cipra osserva che se un tempo le questioni legate agli spazi montani erano affrontati in un quadro nazionale, oggi, la discussione avviene su un piano internazionale. E questo grazie agli sforzi della Cipra, alla Convenzione delle Alpi, e a altre reti di cooperazione fra regioni di montagna.

La cooperazione fra aree protette

L’importanza di queste reti e la necessità di rinsaldarle, di intensificare gli scambi di esperienze non solo nelle Alpi, ma fra tutte le regioni montane d’Europa, è stata al centro di un convegno tenutosi a Chambéry, nella Savoia francese, in occasione dell’anno internazionale della montagna.

Organizzato dalla “Rete delle aree protette alpine” – una struttura nata su iniziativa francese nel 1994, primo strumento di matrice governativa per l’applicazione della Convenzione delle Alpi – il convegno ha focalizzato la sua attenzione sulle aree naturali protette nelle montagne europee.

Dagli interventi dei relatori, provenienti da tutta Europa, sono emerse le varie questioni comuni che i responsabili delle aree montane protette – parchi nazionali e regionali, riserve naturali, riserve di biosfera, ecc. – sono chiamati ad affrontare.

Fra queste, vi è in particolare il problema dei rapporti con la popolazione locale, la necessità di coinvolgerla in un progetto di sviluppo sostenibile.

Progetti svizzeri

Esemplare in questo contesto il caso della regione svizzera dell’Entlebuch, riconosciuta dall’Unesco come “riserva di biosfera” (cfr. Altri sviluppi: “La montagna e l’uomo: una convivenza possibile”).

Nel caso dell’Entlebuch, le “necessità degli abitanti della regione sono tenute in particolare considerazione; tutti sono chiamati a partecipare al suo sviluppo”, osserva Engelbert Ruoss, responsabile del progetto.

Che aggiunge: “Una prospettiva economica sicura è la precondizione per la conservazione di un paesaggio naturale e culturale e delle sue strutture sociali.”

Banca dati scientifica

Svizzero è anche il progetto “European Mountain Pool”, una banca dati online che raggruppa informazioni sugli studi scientifici dedicati alle aree montane protette.

Per Thomas Scheurer, dell’Accademia svizzera delle scienze, l’attuale fase di transizione, in cui alla concezione di riserva naturale in senso classico si sta sostituendo quella di “area di sviluppo sostenibile”, dovrebbe fare delle regioni protette degli “spazi di apprendimento”, con un maggiore coinvolgimento della comunità scientifica.

Lo “European Mountain Pool”, secondo Scheurer, rappresenta appunto uno strumento per “facilitare e promuovere lo scambio di informazioni sulla ricerca scientifica nelle aree protette.”

Non solo Alpi

Se nell’arco alpino la collaborazione transfrontaliera nell’ambito della protezione del patrimonio naturale e culturale può vantare una ormai lunga esperienza, altrove la cooperazione internazionale è appena agli inizi.

È il caso dei Carpazi, dove si sta pensando a una convenzione fra i sette stati attraversati dalla catena montuosa (Austria, Repubblica ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Romania e Ucraina), sul modello della Convenzione delle Alpi.

“Le Alpi sono un modello che può essere applicato anche in altre regioni” afferma lo svizzero Harald Egerer, responsabile per i Carpazi del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep).

“D’altro canto, se gli stati carpatici dovessero approvare la convenzione l’anno prossimo a Kiev (conferenza dei ministri europei dell’ambiente), questo avrebbe ripercussioni positive anche sull’applicazione della Convenzione delle Alpi.

Andrea Tognina, Chambéry

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