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Riaperto il Monte Bianco

Ultimi preparativi prima dell'apertura. A sinistra il filo d'Arianna: la striscia verde che indica la fia di fuga più vicina Keystone

Il 24 marzo 1999 un incendio nel tunnel provocò 39 vittime. Dopo tre anni di lavoro, il Monte Bianco è stato riaperto riapre, con gli ultimi standard di sicurezza e un coro di proteste.

Il momento di gloria: l’apertura, nel 1965 del tunnel del Monte Bianco. Il generale de Gaulle in persona – lo spirito di indefessa fiducia nel futuro fatto presidente della Grande Nazione – presenziò alla cerimonia d’inaugurazione della “grandiosa” opera di ingegneria civile. Poco più di undici chilometri attraverso la roccia che permettevano di superare le Alpi senza scavalcarle. Un’opera senza precedenti, superata dal Gottardo solo un ventennio dopo.

E il successo per l’impresa a gestione privata non è mancato. Nel primo anno di apertura del traforo si erano contati già 500’000 veicoli, di cui 27’000 mezzi pesanti. Ma nel frattempo il flusso di automobili e merci su strada si è moltiplicato più volte e sono arrivati i camion di quaranta tonnellate. Prima del drammatico incidente si era superata la soglia di due milioni di passaggi; disseminati nel serpentone di utilitarie e berline, ben 800’000 camion.

Il dramma improvviso

Ma l’incendio ha fermato il flusso. Il camion galeotto che trasportava farina e margarina ha fatto del tunnel un incubo. Anche le materie alimentari, ritenute innocue, hanno dimostrato tutta la loro terribile potenzialità, sviluppando, in pochi secondi, fumi mortali.

La fatale mancanza di un cunicolo d’emergenza e l’inadeguatezza delle infrastrutture di ventilazione e di sicurezza, hanno contribuito all’esito drammatico dell’incidente. Ben 39 persone hanno perso la vita nell’inferno del Monte Bianco. Tecnica, efficacia dei soccorsi e il traffico in generale sono finiti nell’occhio del ciclone.

Eppure già prima di quell’ormai lontano 24 marzo erano stati avanzati dei progetti per migliorare la sicurezza. Ma non c’è stato il tempo di arrivare alla realizzazione. Nel tunnel – quella gallina dalle uova d’oro per le due società gemelle che garantivano la gestione sui due versanti – si è consumato il dramma.

“Il meglio possibile”

Si è lavorato alacremente nel ventre della montagna. “In tre anni e trecento milioni di euro di investimenti, siamo riusciti a dare al tunnel un livello di sicurezza ottimale”, annota Marco Bettelini, ingegnere ticinese in prima fila per l’aggiornamento tecnologico del traforo.

Il know how reperibile è stato applicato: 120 telecamere controllano ogni movimento; un sistema di detezione automatica degli incidenti vigila accanto agli occhi del personale tecnico; il principio di ridondanza è applicato coerentemente, con doppie infrastrutture per un funzionamento continuo di tutte le apparecchiature; il numero dei locali protetti è stato raddoppiato ed è stata costruita una nuova via di fuga attraverso un cunicolo sotto la pavimentazione del tunnel; 126 bocche d’estrazione del fumo e una squadra di pompieri anche al centro del percorso garantiscono un intervento immediato in caso di incendi; dei cavi termosensibili registrano ogni temperatura sospetta. Anche la doppia gestione è stata sostituita da un’unica società.

Il tunnel non è più lo stesso e Marco Bettelini conferma: “Il livello di sicurezza è statisticamente più alto di quello delle strade aperte”. Alla rivoluzione tecnologica del tunnel hanno collaborato attivamente molti ingegneri svizzeri. Oltre a Bettelini della Società di ingegneria Lombardi di Minusio, hanno partecipato lo Studio HBI Haerter AG di Zurigo e la romanda Bonnard & Gardel, specializzata in consulenze per costruzioni.

Nuove norme anche per il transito

Sabato c’è stata la riapertura per il traffico privato. Per venerdì 15 è prevista la riapertura al traffico pesante. Il governo di Parigi ha dunque dato seguito alle pressioni economiche. E i camion torneranno presto a Chamonix, malgrado l’opposizione decisa della popolazione locale e prima dell’appuntamento elettorale francese.

Anche per i bisonti della strada sono già state definite le misure di sicurezza. Sulle rampe d’accesso sono state allestite delle aree di sosta e i camion varcheranno il tunnel in senso alternato, rispettando lo spazio di sicurezza di 150 metri. In un ritmo di 45 minuti, i camion attraverseranno gli 11,6 chilometri in una direzione. Dopo una pausa per evacuare il percorso, si riprende nell’altro senso.

Si tratta di misure analoghe a quelle vigenti sul Gottardo. Le catastrofi cumulatesi negli ultimi anni nei trafori stradali invitano alla prudenza. Per Bettelini non si tratta di una semplice emulazione: “I tecnici che lavorano per i due impianti sono d’accordo sulla validità delle misure di sicurezza adottate”.

Nuovi sbocchi

I primi a respirare per la riapertura saranno gli abitanti sui due versanti del Fréjus. Il traforo più a sud, ha sopportato tutto il peso della chiusura per tre anni. Anche la direzione della galleria privata del Gran San Bernardo, tra la Val d’Aosta e Vallese, si aspetta un miglioramento.

I gestori del Gran San Bernardo prevedono soprattutto una “normalizzazione” del traffico privato, aumentato repentinamente dopo la chiusura del Monte Bianco. Qui il transito di camion assume invece da sempre un ruolo secondario, vista l’inadeguatezza delle rampe d’accesso per i mezzi pesanti.

All’Ufficio federale delle strade (Ustra) non ci si aspetta un cambiamento radicale della situazione viaria. “Il Monte Bianco è troppo lontano dalle nostre arterie per determinare una diminuzione del traffico”, ricorda un portavoce dell’Ustra. Se diminuzione ci sarà, rimarrà appena percettibile.

Ma l’Unione europea ha riconosciuto il problema. Il traffico alternato rappresenta infatti una sorta di contingentamento e la dichiarata libertà economica trova, malgrado la riapertura, un’ulteriore strozzatura al vertice delle Alpi. E per i prossimi anni è previsto un ulteriore aumento dei trasporti, malgrado la fiacca economica. Ci vogliono dunque nuove soluzioni.

Negli ultimi mesi, il Gottardo ha fatto la sua parte nella crisi viaria, ma con la riapertura dal Monte Bianco, ci si aspetta solo un miglioramento parziale della situazione. E le trasversali ferroviarie alpine – oltre a Gottardo e Lötschberg, anche Francia e Italia prevedono un collegamento di base su rotaia – saranno pronte solo nei prossimi decenni.

Daniele Papacella

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