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Una svolta necessaria, ma tardiva

Tidjane Thiam è diventato CEO di Credit Suisse nel giugno 2015. Keystone

Il piano di ristrutturazione del Credit Suisse annunciato dal nuovo CEO Tidjane Thiam è giudicato indispensabile dalla stampa elvetica. Secondo alcuni osservatori, giunge però troppo tardi.

L’istituto «entra finalmente nella nuova era bancaria», scrive il quotidiano romando Le Temps, per il quale il Credit Suisse «intraprende finalmente la svolta del dopo crisi». La nuova strategia presentata dal CEO franco-ivoriano Tidjane Thiam era assolutamente «necessaria», concorda la Basler Zeitung.

La seconda banca della Svizzera ha deciso «di andare per la sua strada», commenta la Neue Zürcher Zeitung (NZZ). Anche per il foglio di Zurigo, si tratta di uno slancio «urgentemente necessario», visti i risultati deludenti del terzo trimestre del 2015 (utile netto su base annua in calo del 34%).

Più competitività, meno rischi

Meno di quattro mesi dopo l’entrata in funzione alla testa del Credit Suisse, «Thiam appone il sigillo sull’inizio del suo regno», scrive la Tribune de Genève. «La cura Thiam», per usare il titolo della Regione Ticino, prevede un rafforzamento del bilancio della banca, la soppressione di 1’600 impieghi in Svizzera, la rinuncia della gestione patrimoniale negli Stati Uniti e una decentralizzazione della direzione.

Per ciò che concerne la gestione patrimoniale, il gruppo comprenderà tre strutture: la Swiss Universal Bank per la Svizzera, una banca per l’Asia e una per tutte le altre regioni. Una «delocalizzazione dei servizi finanziari che segue a distanza di anni quanto avvenuto nell’industria manifatturiera», osserva il quotidiano ticinese.

«È la logica intrinseca del capitalismo che cerca da sempre e in tutti i modi di massimizzare i profitti contenendo i costi», ritiene l’editorialista della Regione. Il succo della vicenda, prosegue, «è che bisogna fare di più con meno mezzi. In poche parole diventare più competitivi e produttivi».

Grandi banche: capitale da rafforzare

Entro la fine del 2019, le banche attive in Svizzera di rilevanza sistemica (“too big to fail”) dovranno aver rafforzato ulteriormente le esigenze in materia di fondi propri. Lo ha deciso mercoledì il governo svizzeroCollegamento esterno, che intende così evitare che i contribuenti debbano passare alla cassa.

Per le grandi banche che operano a livello internazionale (UBS e Credit Suisse) dovrà valere un “leverage ratio” complessivo – rapporto tra i fondi propri regolamentari e la somma di bilancio non ponderata – del 5%. Attualmente la quota è del 3,6% per UBS e del 3,7% per Credit Suisse.

Grazie a tutti questi provvedimenti, le banche di rilevanza sistemica dovrebbero disporre di sufficiente capitale per continuare a offrire i loro servizi e, in situazioni di stress, non dovrebbero necessitare di sostegno da parte dello Stato, né essere risanate o liquidate, ha spiegato la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf.

L’aumento di capitale deciso dal consiglio di amministrazione è una mossa per riportarsi al livello della diretta concorrenza, commenta la Basler Zeitung. Con la regionalizzazione e la decentralizzazione dell’organizzazione, sottolinea, Thiam pone un chiaro accento su dove bisogna forzare la crescita.

Anche per i quotidiani Der Bund e Tages-Anzeiger, il Credit Suisse non fa altro che «consolidarei suoi punti di forza». Ciò non vale solo per la Svizzera e l’Asia, dove la banca intravvede la sua fonte di crescita, ma riguarda anche la banca d’investimento, affermano nel loro editoriale comune.

La riorganizzazione del Credit Suisse è comunque «più radicale del previsto», ritiene il settimanale economico Handelszeitung, secondo cui «Thiam vuole in generale più controllo e meno rischi».

La riorganizzazione presso il Credit Suisse è radicale e «rappresenta una netta rottura con il passato», gli fa eco l’Aargauer Zeitung. Con il cambiamento a livello di personale, di organizzazione e di struttura, il Credit Suisse «mostra finalmente la volontà e il coraggio di affrontare i problemi», scrive la NZZ.

Reazione tardiva

Seppur salutata da più parti, la riorganizzazione del Credit Suisse «giunge per molti osservatori troppo tardi e non si spinge abbastanza in là», osserva l’Aargauer Zeitung. Tidjane Thiam sta realizzando ciò che Brady Dougan [l’ex CEO della banca, ndr] avrebbe dovuto fare anni fa per aumentare il valore dell’azione, concorda un analista finanziario citato dal 24 Heures.

Sulla stessa lunghezza d’onda, Le Temps scrive che «se Thiam sembra spingere il Credit Suisse a prendere una svolta netta, è anche perché il suo predecessore non si è adattato al cambiamento».

Sebbene il Credit Suisse sia uscito dalla crisi con la testa più alta dell’UBS, si è fatto in seguito superare dal suo rivale, rileva il giornale romando. «In questi ultimi 5 anni, la seconda banca svizzera ha fatto parte delle peggiori prestazioni borsistiche del settore, secondo Bloomberg. Non è riuscita ad adattarsi alle nuove regolamentazioni o ad approfittare delle nuove opportunità», scrive Le Temps.

La banca non ha sfruttato la sua buona posizione dopo la crisi, ritiene pure la Neue Luzerner Zeitung. «Non è riuscita a rafforzare la sua posizione sul mercato e a lasciare dietro di sé la concorrenza sostenuta dai soldi dello Stato», commenta.

Per troppo tempo, rincara la dose l’Aargauer Zeitung, il Credit Suisse si è sentito al sicuro: uscito indenne dalla crisi finanziaria, si considerava «irreprensibile». Ora, constata il giornale argoviese, questa falsa valutazione degli sviluppi si sta ora vendicando.

Molta pazienza

Se il nuovo orientamento porterà agli ambiti obiettivi e saprà mantenere le grandi promesse, soltanto i risultati economici lo diranno, osserva la NZZ. «Gli azionisti del Credit Suisse dovranno avere molta pazienza», avvertono anche Der Bund e Tages-Anzeiger.

Se tutto andrà bene, l’utile del Credit Suisse nel 2018 sarà simile a quello registrato oltre dieci anni fa, prevede la Basler Zeitung. Parlare di una «strategia di crescita», osserva, è quindi fuori luogo.

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