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Rischia di saltare l’accordo italo-svizzero sulle rogatorie

La riforma fortemente voluta dal presidente del Consiglio Berlusconi preoccupa la giustizia svizzera Keystone Archive

Una delegazione elvetica è a Roma per valutare se è il caso di annullare l'Accordo di assistenza giudiziaria firmato con l'Italia nel 1998.

Il parlamento di Roma, il 3 ottobre scorso, aveva votato una riforma della procedura penale che secondo molti politici e magistrati rischia di rendere la collaborazione internazionale più difficile. Proprio per questo giovedì a Roma una delegazione di esperti elvetici guidata da Heinrich Koller, direttore del dipartimento federale di Giustizia e Polizia incontra una rappresentanza del ministero italiano della Giustizia. Una verifica che dovrebbe chiarire in modo definitivo se lo spirito dell’accordo italo-svizzero è ancora compatibile con la nuova legge italiana.

La ministra di giustizia e polizia Ruth Metzler vuole chiarimenti definitivi. La delegazione svizzera, di cui fa parte anche il procuratore generale del Canton Ticino Luca Marcellini, ha per i colleghi italiani una serie di questioni molto dettagliate per capire se lo spirito dell’ accordo firmato fra i due paesi nel 1998 e già ratificato da Berna è rispettato dalla riforma della procedura penale italiana in materia di assistenza giudiziaria.

Una riforma molto contestata

La riforma della procedura penale, votata dal Parlamento Italiano in ottobre, fa parte di una serie di misure varate dal governo Berlusconi, che comprendono anche l’attenuazione del reato di falso in bilancio, ridotto in pratica a semplice contravvenzione e la facilitazione del rimpatrio dei capitali illegalmente esportati all’estero.

Ma è la nuova legge sulle rogatorie che nelle ultime settimane ha fatto scorrere fiumi di inchiostro e non solo in Italia. Per il Governo Italiano le procedure vigenti rischiavano di falsare lo svolgimento dei processi. “Il materiale rogatoriale”, ha affermato lo stesso presidente del Consiglio, spesso arriva senza le dovute garanzie di autenticità.”
Insomma, secondo il nuovo ordinamento, che si rifà alla Convenzione Europea di Strasburgo del 1959, ogni documento che giunge dall’estero deve essere originale e certificato. Escluse quindi le fotocopie o i fax.

I critici, e fra questi molti magistrati svizzeri, da anni in prima linea nella lotta al crimine organizzato, sostengono che, ad esempio, gli estratti bancari non esistono in forma originale, proprio perché si tratta di documenti virtuali computerizzati. Per la magistratura, in sostanza, la nuova legge è un passo indietro.

Anche lo stesso dipartimento federale di Giustizia e Polizia ha molte perplessità sulla nuova procedura penale italiana. La ministra Ruth Metzler vuole dall’incontro risposte chiare anche perché la firma dell’accordo ha richiesto grandi sforzi, soprattutto presso le banche, poco favorevoli a rendere trasparente le loro attività anche in presenza di inchieste internazionali.

Oltretutto, la collaborazione giudiziaria fra Italia e Svizzera è cresciuta negli ultimi anni in modo esponenziale. La preoccupazione a Berna è forte, tanto che il portavoce del dipartimento di giustizia e polizia Folco Galli ha affermato che la Svizzera, se non otterrà sufficienti garanzie, potrebbe addirittura annullare l’accordo.

Paolo Bertossa, Roma

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