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Roma: dopo la carota, il bastone per fare rientrare i capitali

Occhio alle targhe! Keystone

Per recuperare i capitali esportati, Roma sistema due speciali furgoni che filmano le targhe dei veicoli in transito fra Italia e Svizzera.

La Guardia di finanza italiana ha presentato alla stampa due furgoni iper-tecnologici che entreranno immediatamente in servizio sulle strade di confine con la Confederazione elvetica. Lo scopo dichiarato è quello di fotografare – anche di notte – le targhe delle automobili dirette oltre frontiera per verificare, in un secondo momento, se tali movimenti siano da porre in relazione con l’import-export illegale di denaro per evadere il fisco.

Il governo Berlusconi ha varato un decreto-legge che consente il rientro in Italia dei capitali fuggiti all’estero. Basta pagare il 2,5 per cento, tramite uno degli intermediari finanziari autorizzati, e tutto è a posto.

L’idea non ha prodotto i risultati sperati

Nei giorni scorsi, infatti, il ministro dell’economia, Giulio Tremonti, ha fatto approvare dal consiglio dei ministri una proroga dei tempi del provvedimento: dal 28 febbraio al 15 maggio. Ora vi si aggiunge il controllo dei movimenti “sospetti” alle frontiere. Ed esponenti del governo italiano parlano apertamente dell’attuazione della strategia della “carota” (lo “scudo fiscale” per lasciare anonimi i capitali che tornano in Italia) e del “bastone” (la guardia di finanza che scheda e “pedina” chi passa la frontiera).

E’ evidente che il governo italiano punta molto sulle cifre che ha scommesso di ricavare da un uso intensivo dello “scudo fiscale”, anche perché molte delle misure economiche approvate di recente hanno una copertura finanziaria incerta oppure provocano una riduzione delle entrate dello stato.

E per ottenere le cifre attese si è disposti anche a non andare troppo per il sottile quanto ai metodi. Il generale Suppa, della Guardia di finanza, ha dichiarato alla stampa che le telecamere dei furgoni inquadreranno soltanto le targhe delle automobili in transito, affidando ai riscontri incrociati successivi – su tempi di permanenza oltre frontiera e i percorsi – il compito di individuare eventuali “sospetti”. Dopo 15 giorni i dati raccolti ma non utilizzati dovrebbero essere distrutti. Non ci sarebbe dunque, a suo avviso, nessuna violazione della “privacy”.

Pedinamento e controlli

Alcuni giuristi, non solo italiani, hanno però immediatamente fatto notare che un simile attività si configura come “O.C.P.”, ossia “osservazione, pedinamento e controllo”. Una cosa prevista dall’ordinamento penale, ma che va autorizzata dalla magistratura quando ricorrano “sospetti” su persone precise. Serve insomma un “elemento di reato”, raccolto dalle forze dell’ordine, per predisporre un provvedimento a carico del “signor XY”.

Ma non sarebbe assolutamente legittimo una schedatura di massa di chiunque attraversi la frontiera con la Svizzera per raccogliere gli elementi di una verifica a campione da condurre in un secondo momento.

In dubbio l’efficacia della sorveglianza

Ma anche a voler prescindere dalle preoccupazioni di ordine legale, c’è chi solleva interrogativi sulla stessa efficacia di una simile strategia. La finanza afferma infatti di aver escluso dai rilevamenti i lavoratori frontalieri, che ogni giorno vengono a lavorare in Ticino. Se si voleva far vedere agli evasori fiscali che si stava “stendendo una rete”, bisognava forse prevedere un controllo a tappeto.

Da parte elvetica, per il momento, nessun commento. Tutto ciò accede in Italia. Tuttavia la nuova misura rischia di rendere ancora più difficili i rapporti fra Roma e Berna già tesi dopo che il Parlamento italiano, l’autunno scorso, avevo votato la nuova legge sulle rogatorie. Recentemente, il governo svizzero, ha congelato la ratifica dell’accordo di collaborazione giudiziaria con Roma stipulato nel 1998.

Francesco Dirovio, Roma

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