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Samuel Schmid non ha mentito

Il ministro della difesa, Samuel Schmid Keystone

Lo afferma la commissione parlamentare che indaga sui rapporti fra i servizi segreti svizzeri e quelli sudafricani ai tempi dell'apartheid.

Intanto è polemica tra la commissione e un giurista, autore di un’indagine interna al ministero della difesa.

Secondo Alexander Tschäppät, presidente Delegazione delle Commissioni della gestione (DCG), il rapporto confidenziale pubblicato dal «SonntagsBlick», che accusava il Dipartimento della difesa (DDPS) di intralciare le indagini, non era altro che una bozza redatta da un collaboratore scientifico, bocciata in commissione all’unanimità dopo un quarto d’ora di discussione.

il consigliere nazionale socialista bernese ha annunciato l’intenzione della commissione di sporgere denuncia penale per violazione del segreto d’ufficio e per pubblicazione di deliberazioni ufficiali segrete.

Tschäppät ha riconosciuto che tra quanto detto da Schmid riguardo alla seconda visita in Svizzera del procuratore pubblico sudafricano Anton Ackermann – responsabile dell’accusa nel processo contro il «dottor morte» Wouter Basson – e quanto redatto dalla commissione nel suo rapporto ci sono delle differenze. Esse, tuttavia, «non possono essere addebitate a Schmid».

Inchieste incrociate

Il ministro – ha detto Tschäppät – ha infatti riferito quanto gli è stato detto dal professore sangallese Rainer Schweizer, autore di un’inchiesta amministrativa interna al DDPS, e cioè che il magistrato sudafricano era stato invitato dal Ministero pubblico della Confederazione (MPC) e non dal DDPS, come invece è risultato alla DCG. Ad ogni modo Tschäppät ha affermato che la versione della delegazione è confermata da un documento della Procura federale.

D’altro canto, il lavoro dei parlamentari è stato notevolmente perturbato dall’inchiesta amministrativa svolta da Rainer Schweizer, ha detto Tschäppät. Gli ha fatto eco il consigliere agli stati Franz Wicki, secondo cui occorre ora modificare la legge sul parlamento affinché l’amministrazione non prenda il sopravvento sui compiti di alta sorveglianza delle Camere federali. Il tema era stato già oggetto del primo rapporto della DCG, pubblicato il 26 agosto 2003, e sarà ripreso anche nel secondo, che verrà reso noto a giorni.

Pronta replica del professore

Ma Rainer Schweizer non è d’accordo con le critiche mossegli, che lo ledono nella sua personalità: il rapporto della Delegazione delle Commissioni della gestione (DCG) non terrebbe infatti conto delle sue osservazioni, circa le accuse di scarsa collaborazione rivoltegli dal parlamento

Secondo Schweizer, il modo di agire della DGC non è propizio all’instaurazione di un clima di fiducia tra l’amministrazione e il parlamento. A suo parere, dal maggio del 2002 non è stato più possibile avere con la DCG un dialogo ragionevole. Inoltre, Schweizer sostiene che il lasso di tempo lasciatogli per rispondere ai rimproveri della DCG era insufficiente.

Nella sua presa di posizione, Schweizer cita alcuni «abbagli» presi dalla DCG. Uno di questi riguarderebbe la visita in Svizzera di un procuratore sudafricano titolare dell’accusa contro Wouter Basson – poi assolto – di aver sviluppato un programma di armi chimiche destinate ad eliminare gli oppositori al regime dell’apartheid: secondo la DCG, quest’ultima non avrebbe saputo nulla della visita e non avrebbe quindi potuto ascoltarlo.

Secondo Schweizer, invece, sarebbe stato proprio Tschäppät a non volere incontrare il magistrato. Per quale ragione, si è chiesto Schweizer, «questi si sarebbe poi rivolto al capo del DDPS e al Ministero pubblico per avere ragguagli su questa visita?». A parere di Schweizer, il fatto che la DCG insista molto su questi e altri dettagli è semplicemente grottesco.

swissinfo e agenzie

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