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La tentazione del copia-incolla

Wikipedia, una delle tanti fonti… d'ispirazione per gli studenti. Keystone

Nell'era di Internet, parecchi studenti – in tutti gli ordini di scuola – scelgono una scorciatoia: reperire in rete le informazioni e spacciarle poi per farina del proprio sacco. L'Università di Ginevra ha adottato nuove contromisure.

Perché sprecare tempo per svolgere un lavoro che sicuramente qualcuno, da qualche parte, ha già fatto? Una riflessione – apparentemente – piuttosto diffusa.

Secondo uno studio dell’Università di Lione, realizzato nel 2007, quattro studenti su cinque avevano per esempio già copiato da Internet dei testi, presentandoli poi a proprio nome. Stando alla medesima fonte, nove insegnanti su dieci hanno affermato di essere già stati confrontati a questo tipo di pratica.

Un fenomeno di proporzioni sempre più ampie, anche perché le risorse disponibili in rete crescono giorno dopo giorno: libri digitalizzati, seminari, tesi e tesine. Difficile quindi, se non impossibile, evitare completamente gli abusi.

Gli studenti sono diventati più pigri? «È possibile fare un paragone con quanto avviene in ambito musicale. Dal momento che vi sono le possibilità tecniche di scaricare le canzoni invece di acquistarle, molti ne approfittano. Lo stesso avviene nel nostro settore: la maggiore comodità aumenta la tentazione», afferma Michelle Bergadaà, professoressa di marketing all’Università di Ginevra, coautrice di un rapporto sul plagio in ambito accademico e studiosa della questione da anni.

Un aiuto dalla tecnica

Per tentare di individuare i disonesti e dissuadere gli altri studenti, l’Università di Ginevra si è dunque recentemente dotata di due appositi programmi informatici: Compilatio.net e Turnitin.

Questi due strumenti, acquistati su richiesta di numerosi insegnanti, funzionano in base al medesimo principio: il testo viene scomposto e confrontato alle fonti disponibili in rete. Il programma fornisce poi un indice di somiglianza, evidenziando i passaggi critici.

L’idea, ha spiegato l’ateneo ginevrino, è quella di assicurare una maggiore uniformità di valutazione. Il plagio viene infatti già perseguito e punito, ma in base a criteri che possono variare a dipendenza del professore e della facoltà. Il risultato fornito dal computer dovrà comunque essere valutato: l’utilizzo e la citazione delle fonti variano infatti da una materia all’altra.

I programmi in questione non vogliono però essere degli strumenti a scopo puramente investigativo-sanzionatorio, ma anche preventivi. Gli studenti – spiega Michelle Bergadaà – avranno infatti a loro volta la possibilità di sottoporre il loro lavoro al test informatico, per verificare l’entità della parti riprese da materiale già esistente.

Educazione alle fonti

Parallelamente a queste misure, secondo Michelle Bergadaà è opportuno agire anche in un’altra direzione: insegnare agli studenti il più presto possibile – ovvero già a livello di scuola media – l’importanza di utilizzare in modo critico le fonti, mostrando loro l’importanza di citarle correttamente.

A questo proposito, la professoressa afferma: «Il ruolo degli insegnanti non è quello di agire come poliziotti. È necessaria una presa di coscienza da parte degli allievi, i quali sono chiamati a comprendere l’importanza di riconoscere il lavoro di chi li ha preceduti».

Sempre in quest’ottica, aggiunge, è fondamentale l’esistenza di una sorta di auto-controllo morale. Chi copia deve essere sanzionato in modo chiaro e severo. Ciò servirà da monito per gli altri. D’altronde, sottolinea Bergadaà, per chi lavora nell’ambito della ricerca il plagio ha conseguenze gravissime: «Il colpevole perde il rispetto dei suoi colleghi, così come la possibilità di ricevere finanziamenti o incarichi accademici».

Facendo riferimento alla propria esperienza personale in qualità di docente, Michelle Bergadaà denuncia una sorta di vittimismo da parte delle persone smascherate: «Nonostante sappiano benissimo di non essersi comportate correttamente, tendono a presentarsi come vittime di un’ingiustizia».

Attività diverse

La lotta al plagio è una preoccupazione che interessa tutte le università svizzere, anche se ogni istituzione è libera di procedere come ritiene opportuno. Proprio per questo motivo, il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica ha elaborato una serie di direttive.

In particolare, si legge nell’introduzione, poiché «la frode a livello scientifico mette in pericolo la credibilità della scienza e della letteratura scientifica. L’aumento della competitività nella ricerca mondiale e la pressione costante sui ricercatori affinché ottengano risultati e mezzi finanziari rendono necessarie norme relative all’onestà intellettuale e alle procedure in caso di sospetti».

Da ultimo, Michelle Bergadaà indica un’ulteriore possibilità per diminuire gli abusi: modificare il tipo di esercizi richiesti agli studenti. «Nel quadro dei miei corsi domando agli allievi di cimentarsi con lavori che li obbligano a lavorare con fonti proprie, per esempio realizzando interviste e inchieste. Un lavoro spesso più impegnativo, ma che permette di formarsi un solido bagaglio di conoscenze e un metodo di lavoro prezioso per il futuro».

Andrea Clementi, swissinfo.ch

È considerato come plagio qualsiasi passaggio del testo, tratto da una fonte di cui lo studente non è l’autore, sprovvisto delle virgolette e senza l’indicazione precisa dell’origine dell’informazione (referenza bibliografica, sito internet, etc.).

Lo stesso vale per la parafrasi, la traduzione o la riproduzione di un testo nella sua sostanza senza precisare la fonte. Il plagio concerne anche la ripresa di testi da Internet, da fonti non pubblicate o da altre fonti.

Fonte:
Università di Ginevra, regolamento della facoltà di scienze economiche e sociali
(tradotto dal francese)
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