Più di una semplice medicazione
All'ospedale di Losanna esiste dal 2006 un servizio ancora nuovo in Svizzera: l'Unità di medicina delle violenze. Se lo desiderano, dopo le cure le vittime sono esaminate, ascoltate e indirizzate verso chi può aiutarle.
«Alla base di tutto c’era un dato di fatto: l’ospedale – più precisamente il pronto soccorso – è la porta d’entrata per chi ha subito delle violenze fisiche. Dal punto di vista delle cure l’accoglienza è adeguata, ma a nostro parere mancava qualcosa, ovvero una presa a carico più globale del paziente», spiega la dottoressa Nathalie Romain-Glassey, responsabile per le consultazioni in seno all’Unità di medicina delle violenze (UMV) presso l’ospedale universitario di Losanna (CHUV).
Infatti, sottolinea, «ci siamo resi conto che la documentazione medico-legale esisteva unicamente per quelle vittime che si rivolgevano alla polizia, e per le quali i magistrati ordinavano una perizia medico-legale. Negli altri casi mancava una constatazione di questo tipo». Risultato? Se la violenza si ripete in seguito, e la persona decide di rivolgersi alla giustizia, non dispone delle prove per documentare i precedenti.
«La creazione dell’UMV è quindi il risultato di un incontro tra la medicina sociale e preventiva con quella legale: entrambe sono infatti discipline che si occupano di medicina comunitaria», aggiunge.
Un altro elemento che ha permesso la nascita dell’UMV è la disponibilità da parte del cantone ad Vaud di assumersi i costi risultanti dagli esami di medicina legale: le assicurazioni malattia non le rimborsano, e «ovviamente non possiamo chiedere ai pazienti stessi di pagarle».
Direttamente al paziente
La caratteristica dell’UMV è il fatto che la consultazione e tutte le prestazioni di medicina legale avvengono su richiesta del paziente, ciò che consente a un maggior numero di persone di beneficiare di queste analisi. «I referti medici e le fotografie sono consegnati direttamente alla vittima, che deciderà poi se e quando rivolgersi alla polizia», precisa Nathalie Romain-Glassey.
Esempio pratico: una donna vittima di violenza domestica viene ricoverata al CHUV. Dopo le cure del caso, i medici del pronto soccorso le segnalano la possibilità di usufruire dei servizi dell’UMV. Se lo desidera, potrà quindi fissare un appuntamento ed essere esaminata dagli specialisti.
Presa di coscienza
Durante la visita medico-legale, le ferite e i lividi vengono misurati, descritti, fotografati. «Il momento della constatazione è importate, poiché consente di prendere in considerazione anche episodi di violenza anteriori, ad esempio grazie alla presenza di cicatrici», evidenzia la dottoressa.
In generale, «durante questa fase avviene una presa di coscienza. La vittima si rende conto della gravità di quanto ha subito e l’esistenza della violenza viene certificata da una persona esterna qualificata».
Durante la consultazione è pure considerata la situazione personale della vittima e le circostanze che hanno condotto alla violenza. In seguito, l’UMV suggerisce come proseguire: «Spesso questo colloquio costituisce per la persona un momento di riflessione, in cui valuta la possibilità di sporgere una denuncia. La nostra unità non segue comunque direttamente i pazienti, ma consiglia loro – a seconda delle caratteristiche del caso e delle possibilità della persona – a quali servizi competenti rivolgersi».
La vittima può per esempio essere indirizzata al centro d’accoglienza per le donne maltrattate MalleyPrairie oppure a un centro LAVI (sovvenzionato sulla base della legge federale sull’aiuto alle vittime d’infrazioni), dove le sarà spiegato cosa implica la procedura per una denuncia, i termini da rispettare, quanto può durare, cosa deve attendersi.
Personale specializzato
All’UMV lavorano infermiere che si sono specializzate nel settore della medicina legale: si tratta di un profilo professionale esistente già da tempo all’estero, in particolare negli Stati Uniti, ma costituisce una novità per gli ospedali della Confederazione. L’UMV offre anche la possibilità di seguire una formazione specifica in questo settore.
A tal proposito, annota la dottoressa, «si deve tenere presente che la medicina legale non si limita alla tanatologia. Infatti, oltre che a occuparsi dei morti, questo settore della medicina si interessa sempre di più ai vivi!».
In particolare, aggiunge Nathalie Romain-Glassey, «riteniamo che questi professionisti possono fornire un contributo molto importante alla vittima per quanto concerne la valutazione bio- e psicosociale, e quindi nell’indicazione del trattamento più appropriato».
Cifre eloquenti
Al di là del fatto che «la violenza ha sempre un costo enorme, a livello di sofferenza ma pure finanziario», l’importanza di un servizio come l’UMV è testimoniata anche dalle cifre: il numero di casi trattati dalla sua apertura nel 2006 è cresciuto del 20%, arrivando ai 485 del 2010.
Tra le tipologie di pazienti più frequenti figurano le vittime delle violenze coniugali (nel 90% dei casi l’autore è di sesso maschile) e chi chiede aiuto per episodi legati a risse oppure violenze subite sul posto di lavoro.
Tra le professioni più esposte figurano in particolare gli impiegati dei trasporti pubblici o chi è attivo nel settore nella sicurezza. Non mancano comunque le vittime di aggressioni a scopo di rapina.
Un dato non è però (ancora) disponibile: «Purtroppo non conosciamo la differenza tra il numero di persone che si recano al Pronto soccorso a causa di violenze e quelle che si rivolgono poi all’UMV», conclude Nathalie Romain-Glassey.
Sulla problematica della violenza domestica la Svizzera non dispone né di una statistica su scala nazionale né di un sistema di rendicontazione istituzionalizzato.
Ci si deve quindi basare unicamente su statistiche che forniscono informazioni in forme molto diverse.
Per esempio, secondo uno studio del Triemlispital di Zurigo (2004) su 1772 pazienti di età compresa tra i 18 e il 63 anni, tre donne su quattro (76.8%) hanno subito almeno una volta in età adulta violenze psicologiche e comportamenti di controllo a opera di una persona a loro vicina.
Il 43.6% ha già vissuto almeno una volta atti di violenza fisica e minacce. Una donna su otto (12.9%) ha subito atti di violenza sessuale da un partner o da un parente.
Le violenze fisiche e le minacce sono state esercitate nel 15.7% dei casi dal partner attuale e nel 29.9% da un partner precedente. Gli atti di violenza sessuale sono stati commessi nel 2.4% dei casi dal partner attuale e nel 14.4% da un partner precedente.
Stando alle cifre della polizia di Basilea Campagna del 2005, gli interventi per violenza domestica sono stati 1’067 (3 al giorno). Nella metà dei casi circa sono stati constatati atti punibili.
L’83% degli autori erano uomini – 17% donne, le quali non hanno usato violenza esclusivamente nei confronti del proprio partner ma anche contro minori o contro la nuova compagna del loro ex-partner.
Il 23% delle vittime erano uomini e il 77% donne. Gli uomini non sono stati aggrediti unicamente dalla partner ma spesso anche da un rivale.
Fonte: Dipartimento federale dell’interno
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