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Associazioni italiane e lacune statali

Willy Spiller

I movimenti associativi italiani hanno contribuito in modo sostanziale all'integrazione degli immigrati della Penisola, colmando la lacuna statale in questo ambito.

Grazie alla loro promozione della conoscenza delle realtà elvetica e italiana, hanno permesso agli immigrati di mantenere rapporti fra loro e servono da esempio a ogni nuova comunità di stranieri.

Come ogni nuova comunità straniera, anche quella italiana si è scontrata, all’inizio del suo esodo massiccio verso la Confederazione negli anni ’50-’70, con numerosi ostacoli.

Da un lato, le differenze di cultura, di lingua e di educazione, creavano incomprensione reciproca fra gli immigrati e la popolazione indigena. Dall’altro, le istituzioni elvetiche non erano preparate ad accogliere in modo efficiente i nuovi residenti.

«In quegli anni non esisteva una politica d’integrazione vera e propria», spiega Claudio Micheloni, segretario generale del Forum d’integrazione dei migranti e delle migranti elvetico (FIMM).

Le lacune nel sistema d’inserimento sociale e scolastico degli immigrati hanno avuto in parecchi casi effetti sconcertanti: «Per oltre vent’anni, molti bimbi italiani – come anche i loro coetanei spagnoli e portoghesi – hanno dovuto seguire scuole speciali per ragazzi che incontrano difficoltà. Non perché meno intelligenti degli svizzeri, ma semplicemente perché il sistema scolastico non facilitava la loro integrazione», spiega José Galàn, membro del FIMM.

Difesa di interessi comuni

Per meglio tutelare gli interessi dei propri cittadini, la comunità italiana ha creato numerose associazioni, di stampo soprattutto sociale e assistenziale. I primi esempi risalgono all’inizio del Novecento e attualmente se ne contano all’incirca 1450, ripartite in modo omogeneo su tutto il territorio della Confederazione.

«Il loro ruolo è stato fondamentale per facilitare l’integrazione degli italiani nella società elvetica quando lo Stato non aveva le strutture adatte per farlo», afferma Micheloni.

Si deve a loro, ad esempio, l’organizzazione di corsi di francese e tedesco che hanno permesso un migliore inserimento dei nuovi arrivati. L’importante sostegno sindacale da essi fornito ha inoltre permesso di fare meglio valere i diritti degli immigrati sul lavoro.

Anche le associazioni a finalità culturale, religiosa e/o ricreativa sono numerose e svolgono un ruolo importante per la diffusione della cultura e dello stile di vita italiani in Svizzera. Fra questi si annoverano gruppi di scoperta della musica popolare, società che organizzano corsi di lingua e letteratura italiana, ma anche svariate associazioni sportive.

Invecchiamento

I giovani delle nuove generazioni, nati e cresciuti in Svizzera e meno legati al loro Paese d’origine, sono sempre meno coinvolti attivamente nelle associazioni italiane.

Oggi, molte di loro hanno come principale obbiettivo di assistere gli emigrati più anziani.

Soprattutto coloro che, dopo avere vissuto per anni con l’idea di tornare un giorno nella propria patria, rinunciano a questo progetto e decidono di rimanere per sempre in Svizzera.

«Ci si rende conto che gli immigrati della prima generazione non sono bene integrati come invece si pensava. Al raggiungimento dell’età del pensionamento, se decidono di non tornare nel loro Paese d’origine, necessitano di un aiuto e di informazioni per potersi inserire a pieno titolo nella comunità elvetica» spiega Micheloni.

swissinfo, Anna Passera

ca. 1450 associazioni italiane in Svizzera
di cui il 28% sportive o ricreative
27% locali o regionali
14% culturali
13% assistenziali
6% religiose
3% politiche
2% sindacali

Negli ultimi anni, le associazioni che nascono richiamandosi ad una appartenenza regionale, provinciale o comunale italiana sono in grande crescita.

Gli immigrati provenienti dalla Sicilia, dalla Puglia, dalla Calabria e dalla Campania sono particolarmente attivi in questo ambito.

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