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Gli svizzeri contrari ai vantaggi fiscali per le holding

Trova giusto che in alcuni cantoni le holding godano di vantaggi fiscali? swissinfo.ch

La maggior parte degli svizzeri è contraria ai vantaggi fiscali concessi da alcuni cantoni alle holding. Lo afferma un sondaggio pubblicato domenica dal settimanale «SonntagsZeitung».

D’altro canto la pressione esercitata dall’Unione europea in materia di fiscalità è chiaramente disapprovata.

Gli svizzeri non amano i vantaggi fiscali di cui godono le holding: il 63% delle 1002 persone interrogate dall’Istituto Isotopic per conto del settimanale «SonntagsZeitung» ritiene ingiustificate le condizioni fiscali privilegiate che alcuni cantoni concedono a certi tipi di imprese. Solo il 29% è invece a favore, mentre l’8% non ha un’opinione.

Le holding domiciliate in alcuni cantoni svizzeri devono pagare le tasse solo sui capitali e le riserve, ma non sui profitti generati all’estero. Questo tipo di privilegi è da tempo criticato dalla sinistra svizzera. «Alcuni privilegi fiscali vengono sempre più guardati con occhio critico anche all’interno del paese», constata la consigliera agli stati socialista Simonetta Sommaruga, citata dalla «SonntagsZeitung».

Nonostante lo scetticismo della popolazione svizzera verso questi vantaggi fiscali, la pressione esercitata dall’Unione europea per spingere la Svizzera a cambiare il suo regime fiscale suscita lo sdegno di una maggioranza nettissima. Il 75% delle persone interrogate non trova corretto l’intervento della Commissione europea. Solo il 19% lo giustifica.

Ricordiamo che la Commissione europea ha chiesto alla Svizzera di sopprimere o modificare i privilegi fiscali concessi a certi tipi di imprese poiché li considera «aiuti di stato» e quindi incompatibili con il buon funzionamento dell’accordo di libero scambio del 1972. Berna è rimasta ferma sulle sue posizioni e non vuole negoziare.

Le persone interpellate dal sondaggio della «Sonntagszeitung» hanno tuttavia qualche dubbio sulla capacità della Svizzera di resistere all’offensiva di Bruxelles. Il 49% pensa che la Svizzera potrà difendere il proprio regime fiscale, il 40% crede che Berna finirà per piegarsi alle esigenze dell’UE, mentre l’11% non sa dare una risposta.

Gli euroscettici guadagnano terreno

L’offensiva dell’Unione europea sembra avere un effetto significativo anche sull’opinione degli svizzeri rispetto agli accordi bilaterali e ad una possibile adesione all’UE.

Mentre in passato circa la metà degli svizzeri si esprimeva in modo positivo sulla prospettiva di un’adesione all’UE a lungo termine, nel sondaggio pubblicato domenica solo il 43% vede ancora il futuro della Svizzera all’interno dell’Unione europea. Il 50% ne vuole rimanere fuori.

E mentre lo scorso novembre il 54% dei votanti svizzeri aveva votato a favore del pagamento di un miliardo da destinare ai paesi dell’est entrati a far parte dell’Unione europea nel 2004, ora solo il 41% sarebbe disposto ad estendere questo aiuto anche ai nuovi membri dell’UE, Romania e Bulgaria. Il 51% si dice decisamente contrario.

swissinfo e agenzie

La Svizzera è convinta che l’accordo bilaterale di libero scambio concluso nel 1972 con l’Ue non si applichi alle agevolazioni fiscali accordate a certe società da alcuni cantoni. Esso si applica soltanto al commercio di alcuni beni (prodotti industriali e prodotti agricoli trasformati).

Berna sostiene che al momento della firma dell’accordo la Svizzera e la Comunità europea non prevedevano di armonizzare le loro legislazioni. Inoltre, le regole di questo accordo non devono essere interpretate alla stessa stregua della regolamentazione interna dell’Ue in ambito di concorrenza, molto più dettagliata.

La Commissione europea ha dichiarato martedì che alcuni regimi fiscali in vigore in certi cantoni elvetici in favore delle imprese costituiscono una forma di aiuto statale incompatibile con il buon funzionamento dell’accordo del 1972.

I privilegi fiscali in questione sono accordati a società che hanno sede in Svizzera, ma che realizzano i propri profitti all’estero.

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