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La nostra cultura negli oggetti degli altri UNSEARCH

Vaso peruviano in terracotta, uno dei 30,000 oggetti del museo. www.men.ch

Dal 1904, il Museo etnografico di Neuchâtel tenta di capire le società umane moderne e passate, vicine e lontane, attraverso collezioni, esposizioni, studi sul terreno e ricerche.

L’ampio ventaglio degli oggetti esposti comprende collezioni africane asiatiche, eschimesi ed oceaniane.

Nel 16esimo secolo, viaggiatori, mercanti, soldati e missionari partirono verso nuovi territori, raccogliendo gli strani oggetti – conchiglie, pietre preziose, piante rare, animali e artefatti – che incontravano.

I primi concetti dell’etnologia si elaborano però solo durante il 19esimo secolo, attraverso le teorie evoluzionistiche. Gli etnografi, ovvero i ricercatori che lavorano sul terreno, cominciano a costituire delle collezioni sistematiche ed i primi musei vedono la luce. Tra questi il museo di Neuchâtel.

Situato sulla collina di Saint-Nicolas, nel mezzo di uno splendido parco di pini e magnolie, il Museo d’etnografia di Neuchâtel (MEN), inaugurato nel 1904, si compone di tre costruzioni appartenenti ad epoche e stili differenti.

La disposizione delle sale del MEN ripercorre parallelamente la storia del museo e dell’etnologia. Dopo una prima sezione che ricostituisce il gabinetto di storia naturale di Charles Daniel de Meuron – un mecenate neocastellano che donò le sue collezioni alla città – si passa in quella che si potrebbe definire la sala scientifica del museo.

Errori di gioventù

Armi, strumenti musicali e utensili – appartenenti soprattutto alla cultura africana – sono esposti in serie, un oggetto accanto all’altro. Una collezione sistematica, quasi a ricordare una modificazione progressiva, dalla forma semplice a quella più complessa.

Si evoca qui l’etnologia classica, per la quale l’oggetto è il testimone del contenuto culturale delle società. Dal vecchio al nuovo, dal misterioso al conosciuto. Come si è evoluto l’oggetto, così si sono evolute le civiltà.

Nasce così il concetto di società moderna e società primitiva. Un discorso molto delicato, dal momento che si pongono le civiltà lungo una linea evolutiva verticale. Le teorie scientifiche dell’evoluzionismo, sulle quali si fonda appunto l’etnografia classica, fanno precipitare il selvaggio nel primitivo. Ciò che è distante dalla nostra società, sia nello spazio che nel tempo, viene così denigrato.

“Questo è stato uno dei nostri “errori di gioventù”, affermare che antico sia sinonimo di primitivo. Le civiltà del passato erano così considerate società primitive, suggerendo quasi l’immagine dell’uomo preistorico delle caverne”, spiega Marc-Olivier Gonseth, vice direttore del MEN.

Un “mea culpa” va fatto anche in merito al periodo del colonialismo, le cui malefatte hanno permesso ai ricercatori dell’epoca di raccogliere una buona parte del materiale ora esposto nei musei.

“Non dobbiamo assolutamente dimenticare questo periodo. Un fenomeno, il neocolonialismo, ancora attuale”, aggiunge M. O. Gonseth.

Il valore estetico



Oltrepassando la tenda scura che immette nella sala successiva, non si accede solo ad un’altra sezione del museo, ma anche ad una nuova tappa dell’evoluzione etnologica.

Il differente modo di illuminare e di esporre gli oggetti – non più tutti assieme, ma ognuno nel suo spazio ben definito – pone l’accento sull’aspetto estetico.

Le maschere e le statue sono qui contemplate in quanto opere d’arte. Al centro del dibattito si trovano la tecnica, la forma e l’audacia estetica. Gli studi sulla funzionalità dell’oggetto e sul contesto al quale appartiene, diventano superflui. Questa decontestualizzazione permette all’osservatore di stabilire un legame particolare tra la sua società e l’oggetto ammirato.

In una delle vetrine si trova anche l’oggetto “faro” del museo, una testa femminile in legno dal Gabon. La sua particolarità è di trasudare in continuazione – da più di cento anni! – le sostanze che sono state incorporate nel legno, come olio di palma o sangue. Come se fosse viva.

A passo con i tempi



I nuovi mezzi di comunicazione e d’informazione dell’era della globalizzazione hanno accresciuto le nostre conoscenze sul mondo. Ma hanno anche probabilmente ridotto la curiosità, che caratterizzava i nostri antenati di cent’anni fa.

“Ci dobbiamo adattare a questo nuova realtà, al fatto che il mondo è globale. Le popolazioni stanno cambiando a grande velocità, ma non per questo dobbiamo abbandonare le nostre ricerche”, spiega M. O. Gonseth.

La corrente ideologica seguita dal MEN è infatti di considerare l’attualità che ci circonda senza rincorrere, facendo il possibile per arrestarne il processo di deriva, le società che stanno scomparendo. “Non vogliamo praticare “un’etnologia di soccorso”, come succede in altri musei”, aggiunge il vice direttore del museo.

Da dove il bisogno di staccarsi dalle vecchie collezioni degli anni ’50 e di interrogarsi piuttosto sulle nuove produzioni di oggetti, compresi quelli turistici. Oggetti che possiedono una forza d’interpretazione del presente.

Il gabinetto delle curiosità del 21esimo secolo, allestito nell’ultima sala, propone appunto uno sguardo sugli oggetti industriali moderni. Giocattoli, prodotti alimentari, gadget, apparecchi elettronici, libri e fotografie invitano il visitatore a riflettere su tematiche attuali: il rapporto tra uomo e sacralità, la sessualità, l’immaginario ed il proibito.

La domanda fondamentale che essi sollevano, che riassume forse la crisi che attraversano oggi i musei di etnologia, è sapere cosa conservare del presente e chi dispone della legittimità di decidere.

swissinfo, Luigi Jorio, Neuchâtel

1904 inaugurazione del Museo d’etnografia
10,000 oggetti esposti nel 1914
30,000 nel 2004
Circa 25,000 visitatori l’anno

Il Museo d’etnografia di Neuchâtel (MEN) è stato inaugurato nel luglio 1904, nella villa offerta da James-Ferdinand de Pury.

Più della metà degli oggetti esposti è rappresentata da collezioni africane: Africa orientale e del Sud, Angola degli anni ’30, Sahara e Sahel, Gabon.

Il MEN conserva inoltre dei fondi di società asiatiche, eschimesi, oceaniane, così come degli strumenti musicali non europei e qualche pezzo dell’antico Egitto.

Le esposizioni temporanee propongono sempre una riflessione originale attorno ad una tematica legata all’attualità.

Gli oggetti diventano l’argomento di una storia che mette in evidenza l’una o l’altra delle loro caratteristiche estetiche, funzionali o simboliche.

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