La politica d’integrazione scommette sulla lingua
L'integrazione degli stranieri passa attraverso l'apprendimento di una lingua nazionale. Ne è convinto il governo svizzero che concentra la sua politica d'integrazione su lingua, formazione e lavoro.
Chi non potrà o non vorrà integrarsi sarà penalizzato, per esempio al momento del rinnovo del permesso di soggiorno.
Il Consiglio federale è tornato ufficialmente al lavoro dopo la pausa estiva e si è occupato subito di uno dei temi caldi della politica svizzera: l’integrazione degli stranieri.
Per migliorarne l’integrazione, il governo vuole insistere sulla necessità dell’apprendimento di una lingua nazionale, sulla formazione professionale e sull’accesso al mercato del lavoro. Intende inoltre mirare soprattutto ai giovani.
Il programma prevede 45 misure. Solo tre rappresentano una novità. Il Consiglio federale ha scelto infatti di rafforzare le misure già esistenti e ha rinunciato, per esempio, alla creazione di strutture speciali o all’istituzione di una carica di preposto federale all’integrazione.
Finora, il programma d’integrazione è costato alla Confederazione 14 milioni di franchi l’anno. Non è ancora chiaro quale impatto finanziario avrà il nuovo catalogo di misure. Si sa solo che per finanziare le tre misure supplementari ci vorranno 2,6 milioni di franchi l’anno.
Imparare la lingua per integrarsi
Il ministro di giustizia e polizia Christoph Blocher – che ha presentato alla stampa le decisioni del Consiglio federale – ha sottolineato che «la lingua è la chiave dell’integrazione». Uno straniero su quindici non parla mai tedesco, francese o italiano. Impossibile quindi integrarsi o trovare lavoro.
«Bisognerà fare in modo che in futuro gli stranieri apprendano veramente una delle lingue nazionali. È ora di dire basta ai corsi frequentati senza imparare nulla», ha affermato Blocher. Per il consigliere federale, il grado di competenza linguistica è una prova degli sforzi d’integrazione. Chi non la fornisce pagherà delle conseguenze, per esempio al momento della concessione di un’autorizzazione di soggiorno o della naturalizzazione.
Gli stranieri – ha aggiunto il ministro di giustizia e polizia – hanno una responsabilità nel successo della loro integrazione. «Devono familiarizzarsi con gli usi e costumi svizzeri e non aspettare di essere integrati dagli altri».
Per quanto concerne la promozione linguistica, il governo è dell’avviso che sia un compito trasversale che deve riguardare tutti i campi d’azione. L’Ufficio federale della migrazione (UFM) sarà incaricato di coordinare le varie iniziative e di fissare criteri di valutazione comuni.
In totale 9 milioni di franchi vanno a progetti promossi dai cantoni per l’insegnamento delle lingue nazionali o destinati a giovani stranieri. La Confederazione – direttamente competente solo per i richiedenti l’asilo – verserà inoltre 6000 franchi per ogni persona accolta provvisoriamente o con lo statuto di rifugiato.
Obiettivo giovani
Le altre misure proposte riguardano soprattutto la formazione e l’accesso al mercato del lavoro.
La Segreteria di Stato dell’economia dovrà maggiormente coinvolgere i datori di lavoro mentre l’Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia dovrà fare in modo che i giovani a rischio ricevano un adeguato sostegno a partire dal settimo anno scolastico.
Per migliorare l’integrazione nelle zone abitative ed evitare la formazione di «ghetti», Berna sussidierà progetti pilota in alcuni comuni. Spesso, infatti, i comuni degli agglomerati cittadini o le piccole città non sono preparati ad affrontare l’afflusso massiccio di stranieri.
swissinfo e agenzie
Nel 2006, il tasso di disoccupazione degli stranieri (8,9%) era quasi tre volte superiore a quello degli svizzeri (3,3%).
In Svizzera più di 200mila stranieri sono poveri o rischiano fortemente di diventarlo. Nella popolazione straniera la proporzione di persone toccate dalla povertà è pari al 21,4%, ossia due volte di più rispetto agli svizzeri.
Circa il 15% dei giovani stranieri non porta a termine una formazione professionale regolare. Sono pertanto maggiormente esposti alla disoccupazione e rischiano di dipendere dall’assistenza sociale.
Circa il 40% dei beneficiari dell’assistenza sociale è di origine straniera.
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