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La politica federale protagonista in Ticino

Lunedì 4 marzo 2001: sesta sessione della 46ma legislatura in Ticino Keystone Archive

Bilancio positivo per la calata a sud del parlamento: la sessione in Ticino ha rafforzato la coesione federale e ha permesso una redditizia operazione di marketing. Alcuni hanno però soltanto visto un "furto ai danni del contribuente."

L’avvenimento politico di primavera aveva indubbiamente una portata storica, ma soffriva di un importante handicap: non era possibile definirne precisamente la redditività. Una particolarità che di solito in Svizzera produce critiche a profusione e di cui aveva patito anche la precedente sessione “extra muros” di Ginevra.

Andare oltre l’immagine della “Sonnenstube”

La critica più virulenta era stata formulata da Hans Fehr, deputato zurighese dell’Unione democratica di centro. Per lui, il contribuente poteva “legittimamente sentirsi derubato.” Oggi, Fehr ammette quasi controvoglia che la sessione ha procurato un capitale di simpatia al Ticino, percepito non più solo come la “Sonnenstube”, ma come una regione confrontata con problemi reali, “come l’immigrazione di lavoratori dal Norditalia.” Il nazionalista Fehr non se la sente comunque di parlare di “rafforzamento della coesione nazionale.”

Hans Fehr, resta però una voce fuori del coro di apprezzamenti molto positivi che il Ticino si è guadagnato invitando a Lugano il mondo della politica. L’idea era venuta al senatore ticinese Dick Marty: “La proposta aveva soprattutto un valore simbolico e doveva anche essere un forte segnale per ricordare che la Svizzera è composta anche della piccola minoranza culturale italofona.”


Secondo Marty un frutto concreto dell’opera di sensibilizzazione condotta a Lugano si è avuto, ad esempio, durante l’ultima sessione d’inverno: “Di fronte a una risposta molto secca del Consiglio federale che bocciava una mia proposta per la viabilità del San Gottardo durante la stagione invernale, la Camera alta ha sconfessato il governo all’unanimità appoggiando la mia proposta a favore del Ticino.” Per quanto riguarda l’affermazione di Fehr, Marty ricorda che ultimamente a Zurigo sono stati concessi miliardi per la vicenda Swissair e non è dunque il caso di menzionare la modesta spesa per la trasferta di Lugano.

Che cosa resta?

Anche per il presidente del governo ticinese Luigi Pedrazzini l’esperienza è stata positiva, ma non si fa illusioni: “A nove mesi di distanza, vedendo talune situazioni di confronto con la Confederazione, non so fino a che punto la sessione in Ticino abbia modificato certi giudizi o il modo dei nostri amici confederati di valutare le richieste che fa il nostro cantone.”

Dick Marty pensa, comunque, che tocchi ora ai ticinesi “alimentare questo capitale acquisito a Lugano e manifestare la propria presenza con iniziative e discorsi costruttivi, anche perché negli ultimi anni i segnali giunti a Berna dal Ticino non sono sempre stati positivi.”

Anche il radicale bernese ed esponente del mondo economico svizzero Pierre Triponez traccia un bilancio ampiamente positivo. In particolare ha apprezzato il contatto con la gente ticinese, che ha dimostrato grande interesse per il lavoro parlamentare. “Penso che questa sessione abbia molto contribuito a cementare la coesione nazionale. ” Triponez mette però in guardia: “È stato utile conoscere il Ticino più da vicino, ma l’operazione ha avuto il suo costo e non dobbiamo ora inaugurare una sorta di turismo politico.”

Per Dick Marty, presidente di “Svizzera Turismo”, la sessione di Lugano ha anche permesso a tanti svizzeri di riscoprire e apprezzare un angolo del proprio paese. In questo periodo di grandi turbolenze, in cui le lunghe trasferte in aereo non sono più in voga, per Marty gli svizzeri dovrebbero andare a riscoprire il proprio paese, che dispone di infinite risorse. Insomma, Marty traccia un bilancio ampiamente positivo di questa esperienza: “avremmo potuto far meglio soltanto prevedendo una sessione di quattro settimane invece che di tre.”

Mariano Masserini

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