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La Svizzera solidale con i terremotati di Giava

Molte le persone ancora sepolte sotto le macerie Keystone

Il bilancio ancora provvisorio del terremoto che sabato mattina ha colpito il centro dell'isola di Giava, in Indonesia, è di circa 5'000 vittime.

Il Governo e le organizzazioni d’aiuto svizzere si mobilitano e la Direzione per lo sviluppo e la cooperazione hanno inviato sul posto due esperti per valutare la situazione.

Un anno e mezzo dopo lo tsunami, una nuova catastrofe naturale di vaste dimensioni si è abbattuta sull’Indonesia.

Sabato mattina poco prima delle 6 ora locale, un sisma di magnitudo 6,2 sulla scala Richter ha devastato la regione di Yogyakarta, una città situata nella parte centro-meridionale dell’isola di Giava, in Indonesia, a 25 km circa dalle coste dell’Oceano Indiano e a 440 km ad est della capitale Giacarta.

Stando ad un bilancio provvisorio, le vittime sono oltre 4’000 e i feriti più di 20’000. Secondo una prima stima della Croce Rossa indonesiana, gli sfollati sono almeno 200’000.

L’epicentro del terremoto è stato localizzato in mare, a una profondità di 30 km e a una cinquantina di km da Yogyakarta. Contrariamente al dicembre del 2004, però, questa volta il sisma non ha causato uno tsunami.

Nella regione si trova anche il vulcano Merapi, tornato in attività qualche settimana fa. Il terremoto ha provocato un ulteriore aumento della sua attività. La maggior parte degli abitanti della regione erano però già stati evacuati nei giorni scorsi.

Le autorità di Giacarta hanno lanciato un appello alla comunità internazionale per ricevere degli aiuti.

Il Governo svizzero offre aiuto

Al momento non risultano esservi cittadini svizzeri tra le vittime, ha indicato il Dipartimento federale degli affari esteri, che è in contatto permanente con l’ambasciata elvetica a Giacarta.

La rappresentanza diplomatica è intanto riuscita a contattare i circa venti cittadini elvetici che vivono nella regione, stando a quanto si è appreso domenica. Tutti sono sani e salvi.

Il presidente della Confederazione Moritz Leuenberger e la ministra degli affari esteri Micheline Calmy-Rey hanno indirizzato a nome del Consiglio federale e del popolo svizzero le condoglianze alle famiglie delle vittime e alle autorità indonesiane e hanno espresso la disponibilità della Svizzera a offrire aiuto in caso di bisogno.

«Stiamo seguendo l’evolversi della situazione», ha dichiarato a swissinfo Thomas Jenatsch, portavoce del Corpo svizzero d’aiuto umanitario (CSA).

«Per ora abbiamo deciso di inviare due dei nostri colleghi che si trovano a Banda Aceh (la città colpita dallo tsunami nel dicembre del 2004, ndr) nella regione affinché possano valutare il da farsi», prosegue Jenatsch. I due esperti dovrebbero raggiungere Yogyakarta lunedì mattina.

I membri del CSA e le unità cinofile sono stati posti in stato d’allerta, ma secondo quanto dichiarato dal capo del CSA Toni Frisch, verosimilmente non verranno inviate squadre di soccorso dalla Svizzera.

Visto la ripresa delle attività del vulcano Merapi – ha indicato Frisch – nella regione nelle scorse settimane sono stati fatti affluire molti militari ed esperti civili e il materiale di prima necessità non manca.

Primi aiuti

Intanto, le organizzazioni di aiuto allo sviluppo svizzere si stanno mobilitando.

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione, l’agenzia federale preposta a tali compiti, ha stanziato circa 120’000 franchi, Caritas 150’000, la Croce Rossa svizzera altrettanti e Aiuto protestante 100’000.

La Catena della solidarietà, la principale associazione svizzera che si occupa di raccogliere fondi in caso di catastrofi, ha per il momento rinunciato a lanciare un appello.

«Secondo quanto comunicato dalle organizzazioni umanitarie – si legge in un comunicato – il fabbisogno di beni di prima necessità e gli aiuti di personale specializzato sono garantiti dalla vicina isola di Sumatra, dove i depositi sono ben forniti, grazie ai lavori di ricostruzione dopo lo tsunami».

swissinfo e agenzie

8 ottobre 2005: un sisma di magnitudo 7,6 causa la morte di almeno 75’000 persone in Pakistan e in India, nella regione del Kashmir.
28 marzo 2005: 905 vittime sull’isola di Nias, al largo di Sumatra, in Indonesia.
26 dicembre 2004: un sisma al largo di Sumatra provoca uno tsunami che si abbatte su una decina di paesi; 220’000 i morti e i dispersi.
26 dicembre 2003: 31’000 persone muoiono a Bam, in Iran.
21 maggio 2003: 2’277 vittime nella regione di Algeri.
26 gennaio 2001: oltre 20’000 morti nello Stato indiano del Gujarat.

Dopo lo tsunami del dicembre 2004, la Direzione per lo sviluppo e la cooperazione (DSC), l’agenzia svizzera preposta all’aiuto allo sviluppo, è intervenuta inviando esperti e materiale di prima necessità e in un secondo tempo avviando e finanziando diversi progetti nella provincia di Banda Aceh, la più colpita dalla catastrofe, in particolare per ripristinare la rete idrica.

La Catena della solidarietà, il principale organismo svizzero di raccolta fondi in caso di catastrofi, ha stanziato oltre 40 milioni di franchi in Indonesia per la ricostruzione.

Le autorità svizzere sono pure impegnate nella risoluzione del conflitto di Aceh e sostengono progetti negli ambiti della promozione dei diritti umani, della democrazia e della pace, nonché nel settore economico.

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