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Vertice mondiale per prevenire le catastrofi

18 gennaio 1995: i superstiti del terremoto di Kobe di fronte alle loro case rase al suolo dal terremoto Keystone Archive

Da sabato, gli specialisti di 70 paesi si incontrano in Giappone per discutere dell'impatto sulla popolazione e delle misure preventive in caso di catastrofi naturali.

Lo tsunami che ha devastato le zone costiere dell’Oceano indiano è al primo posto nell’ordine del giorno dei dibattiti a cui partecipa anche la Svizzera.

La Conferenza mondiale sulla prevenzione delle catastrofi naturali si tiene simbolicamente a Kobe, la città giapponese colpita nel 1995 da un terribile terremoto. «Quello che vogliamo conoscere meglio è il cambiamento nel rapporto fra catastrofi e popolazione nei vari paesi», afferma Marco Ferrari, delegato svizzero alla conferenza e sostituto capo dell’Aiuto umanitario della Confederazione.

«Per un’analisi completa è necessario integrare la popolazione, le autorità a tutti i livelli, gli esperti e gli assicuratori in un discorso vincolante sulla riduzione dei rischi – continua il delegato – solo così i paesi possono fare dei passi avanti per creare un sistema di monitoraggio e di allarme».

Allarme anticipato

La conferenza di Kobe intende tracciare una strategia e un piano d’azione per i prossimi dieci anni. Il traguardo è minimizzare i rischi della natura a livello mondiale. Non solo le contingenze attuali, legate al maremoto nell’Oceano indiano, ma anche i terremoti, le inondazioni e le carestie fanno parte dei dibattiti.

Secondo Jan Egeland, coordinatore delle Nazioni unite in caso di catastrofi, questo tipo di emergenze colpisce ancora troppe persone. Spesso più di quante siano coinvolte nei conflitti armati.

Ma, al contrario dei conflitti, spesso le conseguenze delle catastrofi naturali non sono prevedibili: «Noi possiamo però conoscere i rischi di una simile eventualità e possiamo preparare le comunità ad affrontare la situazione», afferma Egeland.

I dibattiti intendono soprattutto sensibilizzare gli Stati alle possibili eventualità. In futuro si vogliono evitare le conseguenze terribili che un cataclisma può avere. Solo lo tsunami del 26 dicembre scorso ha provocato circa 150’000 vittime e ha distrutto l’infrastruttura e le fonti di sostentamento di cinque milioni di persone.

Attenzione riscoperta

L’incontro era stato pianificato già prima dell’onda mortale che ha colpito le coste dell’Asia meridionale. Adesso, Ferrari trova in questa conferenza una maggiore forza e spera in un’azione coordinata per creare dei sistemi di allarme preventivo generalizzati.

«Terremoti e altri fenomeni naturali continueranno a toccare la terra periodicamente – afferma Ferrari – ma speriamo che l’esperienza attuale possa servire da drammatico esempio per quanto si potrebbe fare per prevenire simili conseguenze».

«Il destino dei paesi toccati non è semplice – aggiunge – ma ognuno deve assumere il suo ruolo e la sua responsabilità per ridurre i rischi. È soprattutto la comunità internazionale ad essere sollecitata».

Il pericolo della montagna

La vulnerabilità delle isole e delle zone costiere si è dimostrata in tutta la sua drammaticità, ma non si tratta dell’unico fronte su cui agire; la Svizzera spera che si parli anche della situazione nelle montagne».

La «Piattaforma nazionale Pericoli naturali in Svizzera» (Planat) e la Direzione per lo sviluppo e la cooperazione (DSC) intendono presentare alcuni modelli di pianificazione e di intervento sviluppati in Svizzera. Si tratta di combattere le conseguenze di frane, slavine e inondazioni.

Nelle giornate di lavoro si discuterà dell’esperienza raccolta in Vallese, regione dove le forze della natura si sono ripetutamente scatenate negli ultimi anni. Frane e valanghe sono costate anche la vita di alcuni abitanti; per questo è stata sviluppata una strategia d’intervento.

Il modello svizzero si basa su più livelli: da un parte c’è la prevenzione, il pronto intervento, come il dialogo con la popolazione locale e con gli esperti del settore.

Lo scambio di esperienze

Ferrari ritiene che l’elemento chiave della conferenza è la possibilità di tessere relazioni e scambiare informazioni: «Se si tratta di valanghe, frane, inondazioni, ma anche del disgelo dei ghiacciai, la Svizzera ha molto da offrire», afferma il delegato federale per niente geloso dell’esperienza elvetica.

«Questo tipo di incontri serve soprattutto ad imparare dalle esperienze di altri paesi e riportare a casa nuove conoscenze», conclude Marco Ferrari.

swissinfo, Anna Nelson
(traduzione: Daniele Papacella)

La prima conferenza mondiale sulla prevenzione dei disastri si è svolta a Yokohama (Giappone) nel 1994.

Oltre alle discussioni su come affrontare le catastrofi future, l’incontro è stato un’occasione per fissare i punti principali della prevenzione e della riduzione del rischio di un disastro naturale.

Il meeting di questa settimana a Kobe farà il punto sui progressi effettuati negli ultimi 10 anni e definirà il piano d’azione per il periodo 2005-2015.

Il terremoto di Kobe nel gennaio 1995 ha causato oltre 6’400 morti e più di 40’000 feriti.
L’onda di maremoto generata dal sisma sottomarino al largo dell’isola di Sumatra (dicembre 2004) ha ucciso oltre 150’000 persone nel Sud-Est asiatico.
Le Nazioni Unite auspicano un sistema globale di allarme per prevenire i disastri naturali ed un possibile innalzamento del livello del mare dovuto al riscaldamento generale del pianeta.

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