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Sfida all’ultima carta

Ambra Craighero

Negli ultimi anni la passione del poker ha coinvolto milioni di persone, in particolare grazie alla popolarità della variante 'Texas Hold'em'. A margine del Festival del poker di Venezia, swissinfo.ch ha incontrato il campione svizzero Claudio 'swissy' Rinaldi.

Come cambiano i tempi. Una volta c’era la bisca con le fiches sul tavolo verde, l’immancabile nuvola di fumo, il bicchiere di whisky sempre mezzo pieno in bella vista, un cliché visto tante volte nei film, nei bar o nei locali notturni un po’ dimenticati. Per anni questa leggenda ha alimentato il fascino indiscreto dei giocatori d’azzardo.

Non che la bisca sia andata in soffitta, ma deve fare i conti con il fenomeno del poker ‘on line’ e tutte le sue varianti. Da qualche anno la specialità di gioco che la fa da padrone è il Texas Hold’em, per i più tradizionalisti il gioco ‘alla texana’. È in questo contesto che si deve inquadrare l’industria del tavolo verde che fattura qualcosa come 1,6 miliardi di euro annui a livello mondiale. Basti pensare che il boom del poker on line solo nel 2008 ha garantito alle casse dello Stato italiano una liquidità pari a 7,3 milioni di euro e nella prima metà del 2009 secondo l’ Agicos (Agenzia giornalistica concorsi e scommesse) ha fruttato un tesoretto da oltre un miliardo di euro.

Questi sono i numeri da capogiro che stanno sbancando anche Venezia, la città madrina del primo Festival del poker. Così nel giro di pochi giorni la Serenissima si è rifatta il trucco ed è passata dal tappeto rosso alla ‘poker room’, e dal gossip della celluloide all’adrenalina dell’ultima carta vincente.

Di buon ora siamo andati in piazza San Marco al Caffè Americano ad incontrare Claudio Swissy Rinaldi, il campione svizzero che a soli 23 anni ha sbancato tutti i casinò e i tavoli verdi nelle principali case da gioco internazionali portandosi a casa solo nel 2008 un bottino da 850 mila euro (1,3 milioni di franchi). Per arrivare al caffè abbiamo sfidato l’imprevisto: 90 cm di acqua alta della Laguna, circondati dalla gioia dei turisti e dagli ultimi bagliori dell’estate.

swissinfo.ch: Claudio ci racconti come ti sei appassionato al poker?

Claudio Rinaldi: Gioco a poker da quando ho 19 anni. Ho iniziato per puro caso. Nessuno in famiglia ha mai giocato a poker e nemmeno ad altre specialità. Quando avevo 8 – 9 anni giocavo a “magic” – un gioco di carte collezionabili nato negli Usa e molto in auge all’inizio degli anni 80′ – e nel 1999 ho disputato delle finali svizzere arrivando quarto.

Diciamo che ho sempre avuto un feeling con i numeri e la matematica, ma non ho mai raggiunto livelli eccelsi da pensare di continuare con l’Università. Avevo una vaga idea di andare a Ginevra, ma non sapevo bene cosa fare. Un giorno, per caso, sono entrato per la prima volta al Casinò di Mendrisio a 19 anni e sono rimasto folgorato dalle luci. Così, quando ho finito la scuola di commercio a Bellinzona mi sono iscritto ad un corso di croupier che durava un mese. Era il 2005 e me lo ricordo bene quel giorno.

swissinfo.ch: Hai iniziato subito a giocare mentre facevi il croupier? I giocatori professionisti di poker sono accomunati da un inizio della loro carriera come croupier: è un caso o una garanzia di successo?

C. R.: Gioco a poker da più di quattro anni, per due anni ho alimentato la mia passione mentre lavoravo come croupier. Negli ultimi due anni, ho capito che potevo lasciare il lavoro e giocare da professionista. Tuttavia, ogni giocatore ha una storia diversa.

Prima di arrivare ad un tavolo verde, siamo tutti uomini con una realtà alle spalle. Certo, la professione del croupier può essere l’anticamera di questa professione perché si impara ad osservare tutto: il gioco, i movimenti, i pensieri, l’equilibrio del giocatore che emerge sugli altri per tempra e capacità di lettura di una partita.

swissinfo.ch: Che idea ti sei fatto del giocatore di poker mentre facevi il croupier? Che effetto ti fa essere passato dall’altra parte?

C.R.: All’inizio non ho avuto una bella impressione. L’ambiente del poker è “border line”. L’identikit del giocatore è sempre lo stesso: è un accanito fumatore, spesso nella vita è un vincente – imprenditore, uomo d’affari -, ma quando si siede inizia ad andare in trance da gioco. Bisogna capire subito che chi gioca è sempre perdente al tavolo verde, lì non c’è mai scampo se non per pochi.

swissinfo.ch: Chi è il tuo idolo nel poker e chi è il tuo modello sportivo di riferimento?

C.R.: Cerco sempre di apprendere da giocatori che ritengo molto forti. Sono molto legato a Dario Alioto, ho avuto la fortuna di giocare con Dario Minieri, un genio. E poi Max Pescatori, noto come ” the Italian Pirate” per il quale ho una grande ammirazione.

Devo dire che la storia di Max mi ha sempre colpito: ” the Italian Pirate” lavorava in un supermercato a Milano come addetto alle vendite e quando ha conosciuto il Texas Hold’em insieme a tutte le varianti del poker ha venduto la sua Peugeot 106, ha lasciato il lavoro ed è partito con i soldi della liquidazione per Las Vegas, dove ha frequentato nel Nevada una scuola per croupier. Ora ha 38 anni e per noi è un assoluto punto di riferimento. È vero che 15 anni fa era un’altra epoca, ma resta il fatto che Pescatori è stato il primo che in questa competizione ha seguito il suo istinto. Ammiro chi segue l’impulso naturale e con la costanza raggiunge i risultati, ma anche chi come Roger Federer ha una filosofia, una disciplina, una freddezza emotiva encomiabile. Diciamo che per carattere mi sento molto vicino a Roger che spero un giorno di poter conoscere.

swissinfo.ch: Perché ti fai chiamare “Swissy”?

C.R.: Mentre ero a Milano in casa di amici, segnavamo il punteggio con gli score e siccome al tavolo c’erano due Claudio, Mattia Pozzi il mio mentore ha iniziato a chiamarmi swissy. Da allora porto questo soprannome con orgoglio in tutti i casinò del mondo. Ormai tutti associano swissy alla Svizzera. È un po’ il mio simbolo.

swissinfo.ch: Claudio, hai mai avuto paura di perdere la testa per i soldi?

C.R.: Quando lavoravo come croupier guadagnavo circa 4’000 franchi al mese. Quando ho iniziato ad alternare l’attività di croupier nel fine settimana e giocavo gli altri 4 giorni, in un mese riuscivo a vincere 20 mila franchi. Ciò nonostante sono rimasto con i piedi per terra perché volevo essere sicuro di poter competere come giocatore professionista. I numeri e le mie prestazioni parlavano per me, e in quel momento ho capito che potevo fare il salto di qualità senza perdere la testa.

Nel 2008 a Cannes ho vinto 510 mila euro e mi sono ricordato di quando facevo il croupier. Dopo due giorni sono partito per Barcellona, mi aspettava un altro torneo. Questa vita è come l’andamento di una borsa, ci sono alti e bassi. Bisogna saper tirare le somme alla fine dell’anno come in tutti i lavori. Con una differenza: io gioco per vivere e non vivo per giocare.

swissinfo.ch: Hai dei portafortuna quando giochi?

C.R.: Non sono superstizioso. Mi piace guardare i film sul poker e rivedo con passione un cult per i giocatori del tavolo verde di tutto il mondo che si chiama “Rounders”, uscito in Italia con il titolo “Il giocatore”. Questa pellicola del 1998 ha un incredibile cast con Matt Damon, Edward Norton, John Malkovich, Marin Landau, John Turturro e racconta la vita dei giocatori professionisti di texas hold’em.

swissinfo.ch: Non vi è dubbio che si tratta di un fenomeno in continua espansione. Secondo te qual è la differenza tra la pokermania in Italia e in Svizzera?

C.R.: Direi che si tratta della macchina organizzativa. In Italia l’industria del poker è cresciuta nell’ultimo biennio in modo esponenziale. Mentre la Svizzera da un anno è contagiata dalla mania e sta riscrivendo la propria storia in materia, dopo che ha dovuto fare i conti con il grande boom del poker in internet.

swissinfo.ch: Swissy, qual è il tuo sogno?

C.R.: Vorrei vivere a Rancate, vicino a dove abito ora con la mia ragazza Jennifer. Mi piacerebbe avere dei figli e continuare a vivere vicino a mio papà che mi ha sempre sostenuto. Spero anche di poter frequentare più spesso i miei amici di infanzia che mi aspettano sempre per giocare con loro a poker e al fantacalcio. Il mio segreto? Quando arrivo a casa e miei amici mi danno una pacca sulle spalle. In quel momento mi sento davvero felice.

Ambra Craighero, swissinfo.ch, Venezia

Le origini del poker non sono ben chiare. Molti concordano che assomiglia ad un gioco di carte persiano del XVI secolo, conosciuto con il nome di As-Nas.

Il poker avrebbe cominciato a diffondersi ad inizio Ottocento, a New Orleans: si presume che i colonizzatori francesi siano stati affascinati dal gioco insegnato loro da marinai persiani.

Altri individuano invece l’antenato del poker in un gioco francese chiamato «Poque» (nome che deriva da «pocher», in italiano «ingannare, bluffare»).

Una terza teoria colloca poi le origini del poker in Italia, dove si sarebbe evoluto dallo Zarro, un gioco di carte in voga nell’epoca rinascimentale.

In Svizzera i giochi d’azzardo sono autorizzati solo nei casinò che hanno ricevuto una concessione.

Non rientrano in questa categoria però i tornei di poker Texas Hold’em. Con decisione del 13 agosto 2008, il Tribunale federale – la massima istanza giudiziaria svizzera – ha infatti stabilito che in un torneo di poker la possibilità di vincita può essere dovuta in modo preponderante alla destrezza del giocatore.

Il gioco del poker ha conosciuto negli ultimi anni una progressione stupefacente, in particolare grazie alla popolarità della variante ‘Texas Hold’em‘ e allo sviluppo di numerosi siti internet.

Calcolare il numero di giocatori nel mondo è praticamente impossibile. Un recente studio della società di consulenza Poker Players Research è giunto alla conclusione che solo in Francia vi sono 1,3 milioni di giocatori che partecipano a tornei online, la metà dei quali non ha ancora 30 anni.

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