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Si chiudono i mondiali di sci di St. Anton

Alcuni dei protagonisti dei mondiali swissinfo.ch

Con l'ultima competizione in programma sabato, lo slalom speciale maschile vinto dall'austriaco Mario Matt, terminano i mondiali di sci di St. Anton. Un'edizione che ha regalato due grandi ori (trionfi di Michael von Grünigen e di Sonja Nef) alla squadra svizzera, senza dimenticare il bronzo conquistato da Paul Accola. Il bilancio di Mauro Rossi.

Spiace sinceramente dirlo ma l’ammissione è doverosa: i campionati del mondo di sci alpino di St. Anton, in Austria sono stati i meno interessanti ed appassionanti dell’ultimo ventennio. E questo nonostante dal nostro osservatorio elvetico, si siano rivelati pieni di soddisfazioni grazie alle due medaglie d’oro conquistate nello slalom gigante da Michael Von Grünigen e Sonja Nef, oltre che al sorprendente bronzo ottenuto nella combinata del redivivo Paul Accola; medaglie che hanno consentito al nostro paese di mantenersi in un’ottima seconda posizione all’interno del medagliere.

Ma perché allora questa affermazione? Perché lo sci, negli ultimi anni è diventato una disciplina noiosa da seguire. Colpa delle sciagurate operazioni compiute negli scorsi anni dai dirigenti della federazione internazionale nel tentativo di trasformarlo in un prodotto televisivo (e, di conseguenza, in una colossale macchina da soldi), col risultato di snaturarlo della sua essenza. Ma anche di condizioni meteorologiche bizzarre che non permettono mai un regolare rispetto del calendario e, soprattutto, della mancanza di vere superstar, di personaggi in grado di far presa sul pubblico sia per le loro prodezze sportive che per la loro personalità.

L’ultimo è stato l’italiano Alberto Tomba, straordinario tra i paletti e ancora di più fuori dalle piste. Dopo di lui, il buio più assoluto: tanti buoni atleti, ma nessuno in grado di infiammare le platee. A completare le fosche tinte del quadro, il crollo di molte “scuole nazionali” che hanno lasciato campo libero all’Austria, unica nazione che ha continuato a credere e ad investire fino in fondo nella disciplina e che ha trasformato la Coppa del Mondo in una sorta di… campionato nazionale “open” facendo crollare ascolti, gradimenti, interesse e, di conseguenza, pubblicità ed entrate da investire nella formazione delle giovani leve.

Lo sci, insomma, è entrato in una spirale negativa dalla quale allo stato attuale, sembra difficile uscire. I mondiali di St. Anton ne sono stati lo specchio più evidente, anche se, da un punto di vista prettamente sportivo, molte cose in grado di stuzzicare l’interesse le hanno offerte. A cominciare dalla clamorosa sconfitta dello squadrone austriaco. Qualcuno obietterà che, in fondo, il maggior numero di medaglie in palio le hanno pur sempre conquistate loro, ma è altrettanto vero che si tratta di una magra consolazione di fronte a quanto avevano preventivato alla vigilia, sulla scorta dei risultati di Coppa del Mondo.

Grande sconfitto è stato, soprattutto Hermann Meier, il “cannibale delle nevi” che sognava un’abbuffata di ori ma che invece ha dovuto lasciare la scena con le pive nel sacco, accontentandosi solo di qualche riconoscimento minore. Ma anche altri suoi illustri colleghi hanno deluso, traditi, probabilmente, dall’eccessiva sicurezza o dal peso della responsabilità di non poter assolutamente fallire. Ad esempio la regina dei paletti stretti, la croata Janica Kostelic, imbattuta durante tutta la stagione ma miseramente crollata nella gara più importante o l’italiana Isolde Kostner che ha avuto un analogo percorso in discesa…

Insomma, gli unici “number one” della vigilia ad aver rispettato le attese sono stati proprio gli svizzeri Sonja Nef e Michael von Grünigen: una bella soddisfazione, venata però dal rammarico che lo sci di oggi, purtroppo, non è più quello di una volta…

Mauro Rossi

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